Paolo Colonnello, La stampa 5/10/2009, 5 ottobre 2009
I PAESE DA CANCELLARE
Guarda, guarda laggiù? Vedi quella casa? Proprio sul fiume l’hanno costruita. Mi gioco l’elicottero se hanno avuto un permesso regolare...». Ma quella di Lorenzo, il pilota della Elipanarea che accettato di farci sorvolare la zona, potrebbe essere una scommessa persa. Perché qui, come ora dicono tutti per fare rabbia ai politici, «abusivismo nun ce n’è». E in un certo senso, hanno ragione.
Perché a ben vedere, i permessi molte volte ci sono. Anche se non sempre sono regolari. «Lo sanno tutti che all’Urbanistica basta pagare e rilasciano qualsiasi concessione. E più è grande l’abuso che devi fare, più facilmente ti arriva il permesso», dice con disincanto Carmen, una signora che abita tra le villette della costa risparmiate dal fango. E chi ha rilasciato questi permessi, e per quale motivo, dovrebbe dare qualche spiegazione. Oppure chi ha fatto finta di niente e se n’è infischiato di eseguire le demolizioni ordinate dalla magistratura: 1.191 chieste solo negli ultimi tre anni. Mai eseguite.
Così il procuratore di Messina, Guido Lo Forte, aprendo l’inchiesta per disastro colposo «contro ignoti», spiega che farà «riesaminare tutte le pratiche, tutte le denunce accumulate in questi anni e che andranno monitorate. L’oggetto dell’inchiesta è verificare ipotesi di attività o inattività che possano aver contribuito al disastro. Azioni o omissioni sotto il profilo ambientale o geologico. Le mancate esecuzioni degli ordini di abbattimento la cui competenza è delle amministrazioni». Annuncia Lo Forte che ci sarà «massima imparzialità» e che verrà subito incaricato un collegio peritale. Ipotesi di infiltrazioni mafiose? «Di questo ne parliamo un altra volta...».
Cemento illegale
E a proposito di demolizioni, basta ripescare i numeri pubblicati dai giornali locali: nel 2007 la polizia municipale di Messina ne ha chieste 457: 390 per violazione alle leggi urbanistiche e 67 a seguito di apposizione di sigilli. Nel 2008 erano 231, mentre dal gennaio 2009 fino all’altro ieri, le richieste di abbattimento riguardavano 503 fabbricati. E di questa massa di cemento abusivo, il 15 per cento (circa 200 abitazioni), è a Giampilieri, il paese forse più colpito dal nubifragio e dalle frane.
Per scoprire il disastro delle costruzioni scriteriate che nei decenni si sono accumulate tra le fiumare messinesi, bisogna salire in alto e poi ogni tanto perdere quota, stando attenti ai cavi dell’alta tensione che incrociano le valli come ragnatele. Lorenzo, il pilota, ormai le conosce come le sue tasche: «Ecco, ora siamo sulla cima della montagna franata e si vede benissimo che qui ormai c’è solo sabbia, a furia di bruciare alberi tra un po’ le chiameranno dune, non montagne».
A un certo punto, la valle di Fiumara Storta fa una curva a gomito, proprio tra le frazioni di Molino e Altolia ed lì che li vedi spuntare, con i tetti che sfiorano il ciglio della strada, miracolosamente intatte: due palazzine condominiali, con quel colore indefinito che hanno le case povere, tra il rosino sporco e il grigio fuliggine. Farebbero la loro figura giusto in una periferia urbana di edilizia popolare. Invece sono qua, enormi, circondate da frane, piantate praticamente tra le acque marroni del fiume ancora gonfio, mentre con incredibile indifferenza una signora stende i panni alla finestra per cogliere il primo sole della giornata. Poco più in là si vede un altro grosso cubo in mattoni grezzi, con le colonne di cemento armato che spuntano dal tetto, pronte ad accogliere il classico «secondo piano per i figli». L’acqua ne ha sfondato le pareti e ora ci scorre sotto. Qualcuno ci abitava e vorrebbe tornarci: quando non si hanno mezzi, anche un appartamento costruito sul bordo di un fiume può essere una fortuna. Finché non si muore.
La legge
Si fa in fretta a dire «abusivo». Come spiega l’assessore ai lavori pubblici e urbanistica di Scaletta Zanclea, Giuseppe Terrizzi, «qui tutti parlano senza sapere». «Non è vero per esempio che quella palazzina di Scaletta piegata a metà, finita su tutte le prime pagine dei giornali, è abusiva. Venne costruita nel 1989 al posto di una vecchia abitazione. E non in mezzo alla fiumara, ma sul bordo. Ora sembra che l’acqua la circondi, ma è illusione ottica dovuta all’esondazione del nubifragio».
La palazzina, spiega l’assessore, rientra in quella fascia di abitazioni della «zona B», ovvero quelle costruite fuori dal centro storico («zona A») e ricalca «per legge» l’abitato consolidato di ogni città. Ma come è possibile che qualcuno abbia rilasciato il permesso di costruire in fondo a una fiumara? «Caro signore, o si cambia la legge nazionale urbanistica e si dice che le case che stanno a meno di 20 metri dai torrenti devono essere abbattute, oppure rimangono lì».
Insomma non se ne esce. «Ma cosa doveva fare il nostro Comune? Abbiamo chiesto i soldi per i lavori di consolidamento alla Protezione Civile: non li ha dati; dovevano fare la messa in sicurezza, iniziando nel marzo scorso: non l’hanno fatto. Abbiamo chiesto al Comune di Messina, alla Provincia, alla Regione che ci costruissero almeno l’uscita per l’autostrada per avere una via di fuga: hanno detto di sì a parole ma nei fatti nessuno ha autorizzato». Riassumendo: la Regione dà la colpa «alla gente che fa abusivismo»; la Protezione Civile siciliana «agli amministratori locali che non controllano»; gli amministratori locali ai politici importanti che non danno i soldi e i permessi; la Procura a chi i permessi li ha rilasciati; i vigili staccano multe che nessuno paga. E nel frattempo ogni tanto qualcuno muore, le case crollano, le montagne franano. E questa è già diventata una tragedia di serie B.