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 2009  ottobre 05 Lunedì calendario

CONTRO L’USO ANOMALO VIETATI I CONTROLLI A DISTANZA

Visitare siti, scaricare file, archiviare dati, mandare mail agli amici. In una parola, rimanere connessi con i propri interessi anche quando si è in ufficio. Le nuove tecnologie permettono di farlo in modo agevole. Talmente comodo e facile che spesso ci si dimentica, almeno quando si è alla scrivania, che internet e la posta elettronica sono dotazioni di lavoro.
L’azienda che li mette a disposizione ha tutto l’interesse a evitare eventuali abusi, ma deve fare i conti con le garanzie contenute nello Statuto dei lavoratori e con la tutela della privacy. Un equilibrio da costruire tenendo conto dei principi di necessità e correttezza nell’uso dei dati personali.
Un dato di partenza è, tuttavia, che non possono essere impiantati audiovisivi o altre apparecchiature che permettano un controllo a distanza dei lavoratori. In tal senso l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/ 1970) è chiaro:se l’azienda vuole, per esempio, monitorare la navigazione su internet dei propri addetti deve prima parlarne con i sindacati e raggiungere con loro un accordo. Altrimenti, niente da fare. Si deve chiamare in causa l’ispettorato del lavoro.
E anche quando si effettuano le verifiche, si deve evitare di allungare l’occhio sul tipo di siti visitati e sui loro contenuti. Perché talvolta è sufficiente registrare i tempi di connessione alla rete per mettere a fuoco l’abuso, salvaguardando, in tal modo, il diritto del lavoratore a non rivelare opinioni politiche, religiose e sindacali o a mettere in piazza i propri segreti. Lo impone l’articolo 8 dello Statuto dei lavoratori e lo pretende il Codice della privacy (Dlgs 196/2003).
Non si può, in altre parole, comportarsi come ha di recente fatto un’azienda, che ha messo sotto controllo per nove mesi il computer di un dipendente installandovi un software che ha spiato gli accessi a tutti i siti visitati, il numero e il tempo delle connessioni, nonché la dimensione della pagine visualizzate.
Per quanto il datore di lavoro avesse fondati sospetti che il dipendente svolgesse una sostenuta attività di download, con conseguenti disservizi sull’intera rete aziendale, e seppure avesse sottoposto e fatto sottoscrivere ai dipendenti un vademecum sull’uso delle dotazioni informatiche ( con annesso divieto di utilizzare internet per scopi extra-professionali), il fatto di aver messo sotto controllo il computer di un unico lavoratore non è stato ritenuto lecito. stato, infatti, realizzato un controllo a distanza, per di più prolungato nel tempo, senza informarne nessuno.
Ecco perché il Garante della privacy non ha avuto alcuna esitazione nel condannare quel comportamento, informandone anche l’autorità giudiziaria perché valuti eventuali profili penali.All’Authority della riservatezza è bastato rifarsi, oltre che ai principi generali del Codice, alle linee guida approntate nel 2007 proprio per regolare l’uso di internet e delle mail sul posto di lavoro.
In quel documento, che ribadisce i divieti sanciti dallo Statuto dei lavoratori, sono indicati i criteri per trovare una via che porti a una convivenza fra l’esigenza del datore di lavoro di veder usate correttamente le dotazioni aziendali e il lavoratore, la cui dignità non può essere calpestata anche quando sia venuto meno ai propri doveri e in orario d’ufficio abbia trascorso parte del tempo incollato al video a navigare sul web.