Marco Imarisio, Corriere della sera 5/10/2009, 5 ottobre 2009
Duecento abusi rimasti in piedi a Giampilieri. Le ditte hanno paura e non si presentano alle gare- MESSINA – L’ultima casa sulla destra sembra la torta della nonna
Duecento abusi rimasti in piedi a Giampilieri. Le ditte hanno paura e non si presentano alle gare- MESSINA – L’ultima casa sulla destra sembra la torta della nonna. Ogni strato ha un colore diverso. Il pianterreno è grigio, porta i segni del tempo, una costruzione che risale all’immediato dopoguerra. Sopra, un altro piano di colore bianco, appena riverniciato, balconi con ringhiera in ferro battuto, edilizia anni Settanta. E poi c’è l’ultima fetta, l’intonaco è granata tenue, colore alla moda. Questo ennesimo rialzo è stato finito solo due anni fa. E ora, ognuna di queste finestre si affaccia su una voragine di terra e fango dove i Vigili del fuoco che scavano alla ricerca dei corpi sembrano soldatini in miniatura. Via Puntale aiuta a capire molte cose. Era l’ultima strada di Giampilieri superiore, attaccata a quello che ora è diventato il principale fronte della frana. «C’erano solo vecchie case medioevali», è il mantra ripetuto in questi giorni, a cominciare dalle autorità cittadine di Messina. Il lato più a valle della via è fatto di vecchi ruderi, che denunciano una certa età. Ma la linea di costruzioni a monte, quella che delimita i confini della frazione, suggerisce una notevole volontà di innovazione edilizia. E’ rimasta in piedi una impalcatura per lavori che erano già cominciati per sopraelevare una palazzina terminata pochi anni fa, c’è un secondo piano nuovo di zecca che deve ancora essere intonacato. Ognuna delle abitazioni rimaste in piedi è il risultato di una serie di «superfetazioni » termine tecnico che indica quando a un fabbricato viene aggiunto un altro piano, e poi un altro ancora. Sul lato sinistro ce ne dovevano essere altri due, una abitazione privata e un magazzino adibito a garage con serranda, quindi non propriamente medioevale. Ma sono stati spazzati via dalla slavina di fango. Pochi mesi fa, al termine di una lunga procedura, erano stati dichiarati abusivi e sigillati in attesa di demolizione. Qualcuno che fa il suo dovere lo si trova sempre. Dal 2007 ad oggi, la Polizia municipale di Messina ha chiesto la demolizione di 1.191 manufatti. La stragrande maggioranza dei casi riguarda palesi violazioni alle leggi urbanistiche, il rimanente 19 per cento è dovuto ad altre irregolarità che hanno comunque portato ai sigilli. Bene, anzi male: 460 richieste di abbattimento riguardano la periferia sud, ovvero i villaggi devastati dal maltempo, e 200 di questi immobili abusivi sono situati in quel di Giampilieri superiore. Ma il più importante di questa sfilza di numeri è lo zero. Nessuna di queste 1.191 demolizioni ha avuto luogo. E dire che la legge regionale numero 37 dell’agosto 1985, forse per farsi perdonare il fatto di essere una specie di super condono edilizio del pregresso, stabiliva regole draconiane, almeno sulla carta. Bastava seguire quelle. Tempi rapidissimi per la notifica all’interessato, il lancio del bando di gara per la demolizione, l’abbattimento del manufatto irregolare. Eppure: zero su 1.191. Una percentuale da record all’incontrario. Quelle delle aziende che rispondono ai bandi è di poco superiore. La Polizia municipale rileva come le uniche gare che non vadano deserte riguardano le cosidette «aree di risanamento», dove qualche baracca senza padrone deve lasciar spazio alle case popolari del Comune. Ma se l’immobile è di un privato con nome e cognome, scatta il codice non scritto tra i costruttori: queste cose non si fanno. Anche perché, chissà, c’è qualcuno che potrebbe risentirsi. Se la demolizione non è possibile, per qualunque ragione, il Comune, tramite l’assessorato al Territorio e all’Ambiente, può comunque «prendersi» l’immobile mettendolo sotto la sua tutela. Non risulta che provvedimenti di questo genere siano mai stati adottati. A Giampilieri la frana ha scavalcato la collina, usando le abitazioni più recenti come un trampolino per abbattersi sul vecchio villaggio. Davvero difficile sostenere che l’abusivismo e l’ingordigia edilizia siano estranei a questa tragedia. Basta guardare. E’ quello che di mattina presto fa l’ingegnere Sergio Basti, il direttore centrale per le emergenze dei Vigili del fuoco. Arriva in via Puntale per assistere i suoi uomini che scavano in condizioni davvero pericolose, con spuntoni di pareti che penzolano sopra le loro teste. «Due cose sono mancate: il potere moderatore della natura e la via di fuga costituita dagli alvei delle fiumare, ostruiti da troppe costruzioni. Non c’era nulla che potesse davvero fermare la frana». Dal fondo del cratere arriva un urlo. Il pianterreno di una abitazione a due piani si è afflosciato su se stesso. Il soppalco resta miracolosamente attaccato a un muro portante, grottesca appendice senza più un corpo. Quando si dirada la polvere, un pompiere risale la strada per mostrare qualcosa ai suoi colleghi. E’ una comune targa bianca con scritte nere: «Lavori di ammodernamento e ampliamento in corso».