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 2009  ottobre 05 Lunedì calendario

Sentiremo spesso parlare nei prossimi giorni, di «lodo».• A che cosa si riferisce?Al lodo Mondadori

Sentiremo spesso parlare nei prossimi giorni, di «lodo».

A che cosa si riferisce?
Al lodo Mondadori. E al lodo Al­fano.

Che roba è?
Sono «accordi» intervenuti a un certo momento per sanare contrasti che parevano irrisolvi­bili. Veramente, nel caso del lo­do Alfano, la parola lodo non è proprio correttissima. sicura­mente giusta invece nel caso del lodo Mondadori: un media­tore, cioè Giuseppe Ciarrapico, editore con una quantità di guai giudiziari, oggi senatore del Pdl, mise d’accordo Carlo De Benedetti e Silvio Berlusco­ni che da due anni stavano liti­gando di brutto intorno al pos­sesso del Gruppo Mondado­ri- L’Espresso. questo il caso ti­pico del lodo : due non riescono a prevalere in tribunale oppure stanno perdendo troppo tempo e troppi soldi nelle cause e allo­ra si rivolgono a un terzo, legit­timato da entrambi, perché ri­solva la controversia. un lavo­ro tipico da magistrati – che con i lodi o arbitrati guadagna­no una montagna di soldi ”, ma quella volta Andreotti, che era capo del governo e in buoni rap­porti con tutti e due i conten­denti, incaricò Ciarrapico di tro­vare una soluzione. Era il 1991. E Ciarrapico, gran praticone, ri­solse in effetti la questione.

E il lodo Alfano?
E’ quella legge, fatta varare in tutta fretta l’anno scorso da Ber­lusconi, che salva da qualun­que iniziativa giudiziaria le pri­me quattro cariche dello Stato: presidente della Repubblica, presidenti di Senato e Camera, capo del governo.

In che modo il lodo Mondadori è adesso un guaio per Berlusco­ni?
Quella gran litigata di vent’an­ni fa verteva sul controllo del gruppo Mondadori-l’Espresso, a quell’epoca unito. Il pacchet­to di azioni che decideva sul ve­ro padrone del gruppo era nelle mani di Luca Formenton, figlio di Mario Formenton, che era stato genero del grande Arnol­do. Il giovane Formenton ave­va stipulato un accordo con Car­lo De Benedetti, in base al qua­le, a un certo punto, De Bene­detti sarebbe entrato in posses­so delle sue azioni. Però, un giorno, stanco delle scortesie di De Benedetti, siglò un altro ac­cordo con Berlusconi, che lo corteggiava invece con tutte le squisitezze di cui è capace. Qua­le dei due accordi era valido? Una sentenza di Milano sosten­ne che era valido l’accordo con De Benedetti. Ma subito dopo una sentenza di Roma sostenne che invece l’accordo valido era quello con Berlusconi. Una se­rie di processi hanno poi messo in chiaro che il giudice di Ro­ma, per pronunciarsi a favore di Berlusconi, aveva preso 400 milioni di lire. E perciò l’altro giorno un altro giudice ha stabi­lito che la Fininvest (la società del Cavaliere) rimborsi alla Cir (la società dell’Ingegnere) la somma di 749 milioni e 955 mi­la euro, come risarcimento dan­ni. una sentenza di primo gra­do, però immediatamente ese­cutiva. La Fininvest ricorrerà, ci saranno altri gradi di giudi­zio, ma intanto per il premier è uno smacco. Smacco che forse preannuncia ben altre tempe­ste.

Quelle provocate dal lodo Alfa­no?
Sì, perché a causa del lodo Alfa­no sono stati sospesi, per la par­te che riguarda Berlusconi, tre processi: 1. la corruzione del te­stimone Mills, 2. il business dei diritti tv, 3. la compravendita di senatori per far cadere Prodi nella scorsa legislatura. Dai tre processi è però salita una do­manda alla Corte costituziona­le: il lodo Alfano è costituziona­le o no? Cioè, come si dice in gergo: è stata sollevata eccezio­ne di incostituzionalità. La Cor­te si riunisce domani e senten­zierà subito, o al massimo mer­coledì. Alla fine è una pronun­cia semplice: il lodo Alfano con­siste di un solo articolo. Che co­sa accadrà però se la Corte deci­derà che è una legge incostitu­zionale? I casi sono due: la Cor­te potrebbe bocciare il lodo per qualche dettaglio facilmente ri­mediabile. Allora Berlusconi potrebbe ottenere dalla sua maggioranza un nuovo lodo corretto e ricreare la situazione di prima. Il rilievo della Corte potrebbe però essere, in un cer­to senso, irrimediabile. Per esempio la Corte potrebbe sta­bilire che una materia di questo genere può essere regolata solo da una legge costituzionale, per la quale in Parlamento ci vo­gliono maggioranze assai am­pie. Per rimediare a un rilievo simile, ci vorrebbe più di un an­no di sedute parlamentari (le leggi costituzionali hanno biso­gno di quattro passaggi distan­ziati di tre mesi) e nel frattem­po i magistrati potrebbero rifar­si sotto al Cavaliere. Il quale probabilmente non potrebbe che dimettersi, chiedendo natu­ralmente le elezioni anticipate. Ma Napolitano gliele concede­rebbe? E se in Parlamento esi­stesse una maggioranza pronta a sostenere – per esempio – un governo Fini? Sono tutte do­mande a cui, forse, dovremo ri­spondere nei prossimi giorni. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/10/2009]