Francesca Barbieri, Il Sole-24 Ore 5/10/2009;, 5 ottobre 2009
IN UFFICIO LA TENTAZIONE DI FACEBOOK
«Internet che passione! ». Anche in ufficio. Sono oltre sei milioni e mezzo i lavoratori che non riescono a fare a meno della Rete, persino dopo aver timbrato il cartellino all’inizio della giornata. Più di un quarto di tutti gli occupati, il 98% di chi ha un pc sulla scrivania.
Tutti i mesi - secondo le rilevazioni della società di ricerca Nielsen Online - ogni internauta dedica alla navigazione trentasette ore, quarantasei minuti e trentacinque secondi. Che equivalgono più o meno a una settimana di lavoro e addirittura a quasi due ore al giorno. Ogni persona si collega 46 volte al mese, linkandosi a oltre cento siti e "sfogliando" ben 2.673 pagine.
Un balzo in avanti deciso (+40 per cento) rispetto allo scorso anno quando ogni lavoratore- internauta restava collegato "appena" 26 ore e 42 minuti al mese.
Il posto d’onore nella top ten dei siti più cliccati - nella classifica stilata da Nielsen alla luce delle pagine web effettivamente visitate - va al motore di ricerca Google, seguito a breve distanza dalla new entry Facebook che, invece, non ha rivali come tempo medio della connessione. I quasi quattro milioni di utenti restano collegati ogni mese circa cinque ore e mezza (quelli di Google appena un’ora e 45 minuti). Circa 20 minuti al giorno che sono dedicati all’aggiornamento del proprio profilo direttamente dal posto di lavoro.
Insomma, siti di relazioni sociali e motori di ricerca, portali d’informazione e di svago. Ma tutto il tempo passato online quanto incide sull’efficienza dei lavoratori? «Le scuole di pensiero sono due - spiega Giuseppe Riva, docente di psicologia e nuove tecnologie della comunicazione all’Università Cattolica di Milano - : da un lato c’è chi sostiene che sicuramente l’attenzione dei dipendenti è attratta dai social network, e che la possibilità di utilizzarli anche in ufficio interrompe e distrae il lavoro ». La cura in questo caso deve essere drastica: l’accesso a siti del genere deve essere bloccato.
«Dall’altro lato - aggiunge Riva - c’è chi sostiene che nessuno potrebbe starsene otto oro davanti al pc, senza staccare, non sarebbe nemmeno salutare». Per cui chi usa internet «moltiplica le relazioni sociali - aggiunge Riva - , riduce lo stress e migliora così la qualità del lavoro». Se in Italia sembra prevalere la prima teoria - basti pensare alla direttiva Brunetta che pone restrizioni all’uso di internet negli uffici pubblici - negli Stati Uniti di recente molte aziende hanno cambiato rotta: niente più blocchi e filtri a internet ma libero accesso.
«Del resto - commenta Riva - le società americane potrebbero essersi stancate di spendere milioni di euro di software per impedire ai loro dipendenti di guardare video, o di utilizzare i siti di social network per evitare cali di produttività». Una spesa inutile secondo i sorprendenti risultati di una ricerca australiana: l’università di Melbourne - dopo aver intervistato un campione di trecento persone - è giunta alle conclusioni che un moderato uso di internet in ufficio aumenta la produttività del 9 per cento.
Saranno contenti impiegati e lavoratori autonomi, tra le categorie professionali più attive sulla rete in orario di lavoro: secondo lo studio di Nielsen, infatti, i colletti bianchi sono il 34,1% dei navigatori totali, seguiti a breve distanza dai liberi professionisti (31,1 per cento).
E comunque non è per nulla scontato che tutto il tempo online sia dedicato a questioni personali. «L’alta quota di autonomi - conclude Maria Luisa Bianco, professore ordinario di Sociologia all’Università del Piemonte orientale - può essere un segnale del fatto che internet viene comunque spesso utilizzato come strumento di lavoro: difficile infatti credere che questa categoria invece di lavorare si trastulli navigando » .