vanity, 5 ottobre 2009
Berlusconi contro i magistrati
• La guerra a Berlusconi dei magistrati – e in particolare dei magistrati di Milano – è cominciata sabato scorso alle dieci di mattina, con l’annuncio di una sentenza di condanna per la Fininvest: in base a quanto ha stabilito il giudice Raimondo Mesiano, l’azienda del premier dovrà pagare alla Cir, l’azienda di Carlo De Benedetti, la somma di 749 milioni e 955 mila euro a titolo di risarcimento danni.
E’ una vecchia storia, non ancora al suo epilogo (la sentenza è di primo grado e i gradi di giudizio sono tre). Tra il 1989 e il 1991, De Benedetti e Berlusconi si affrontarono in una formidabile battaglia per il controllo della Mondadori e di conseguenza dell’Espresso. Il pacchetto decisivo era in mano a Luca Formenton, che lo aveva ereditato dal padre Mario, genero del vecchio Arnoldo Mondadori, fondatore della casa. De Benedetti aveva stretto un accordo con Formenton – “un put” – in base al quale, a una certa data, avrebbe avuto il diritto, versando una somma prestabilita, di entrare in possesso delle azioni e del controllo. Nell’attesa, il giovane Formenton veniva trattato da De Benedetti, Scalfari e dagli altri dell’Espresso con la sufficienza e l’arroganza che in quel gruppo si riservano ai parvenu, categoria alla quale Formenton non apparteneva di certo. Berlusconi, che aveva anche lui un pacchetto Mondadori, si mise a corteggiare Formenton e con i suoi modi squisiti, tutto il contrario del suo avversario, lo convinse a vendere a lui quel pacchetto tanto importante. Ne nacque una battaglia legale epica, con continui rovesciamenti di fronte, dato che oltre tutto Berlusconi-Formenton avevano la maggioranza nelle assemblee ordinarie e De Benedetti controllava invece le straordinarie, intreccio che determinava ad ogni convocazione un ribaltamento di cariche e di strategia. Dapprima il tribunale di Milano sentenziò che il put di De Benedetti era valido e che quindi la vendita da parte di Formenton a Berlusconi doveva considerarsi nulla. Poi un altro giudice a Roma stabilì il contrario: De Benedetti aveva torto e Berlusconi ragione. Poiché intanto, a causa del contrasto, la Mondadori stava affondando, il presidente del consiglio dell’epoca – Giulio Andreotti – chiese a Ciarrapico, oggi senatore del Pdl, di trovare una mediazione e Ciarrapico, buon amico sia di Berlusconi che di Carlo Caracciolo, mise d’accordo i due assegnando la Mondadori a Berlusconi e L’Espresso-Repubblica-Finegil (i quotidiani locali) a De Benedetti. Senonché la magistratura milanese, indagando negli anni successivi, scoprì che il giudice della sentenza di Roma s’era fatto corrompere dagli uomini del Cavaliere, intascando 400 milioni di lire per dargli ragione. Dopo le solite volte e giravolte dei tre gradi di giudizio, la condanna per corruzione di quel giudice è poi diventata definitiva e allora De Benedetti ha pensato di chiedere i danni e sabato scorso gli è stata data ragione. La somma è colossale (il più grande risarcimento della storia) e Berlusconi ha già sussurrato che a questo punto gli è venuta voglia di andarsene all’estero (ma non lo farà). Intanto gli avvocati della Fininvest hanno presentato ricorso e chiesto di sospendere il pagamento. In base alla sentenza, infatti, i 750 milioni andrebbero versati subito. [Giorgio Dell’Arti]