
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Emanuela Orlandi è morta ed esiste un «Mario» che sa molto della sua scomparsa. Gli inquirenti lo hanno identificato, non ci hanno fatto sapere il vero nome, ma si dicono sicuri di essere sulla strada buona. Forse uno dei più grandi misteri del dopoguerra non è lontano da una soluzione.
• Emanuela Orlandi sarebbe quella ragazza sorridente, con una fascia bianca intorno alla fronte e i capelli mori? Era scomparsa, no? C’entrava il Vaticano...
Sì, era scomparsa la sera del 22 giugno 1983, verso le sette di sera, a Roma. Era appena uscita da una lezione di musica nella chiesa di Sant’Apollinare, fu avvicinata da uno sconosciuto e fatta salire su una Bmw scura. Nessuno la rivide più. Una pista lungamente propagandata è stata quella dei Lupi grigi, movimento nazionalista turco. I Lupi avrebbero rapito Emanuela per ottenere il rilascio di Alì Agca, l’uomo che aveva sparato a papa Wojtyla nel 1981. Una pista totalmente smentita dai magistrati nel 1997 (sentenza del giudice Adele Rando). Il caso venne praticamente dimenticato fino all’estate dell’anno scorso, quando saltò fuori questa Sabrina Minardi, un’ex cocainomane, a dire che Emanuela era stata rapita dalla banda della Magliana. Perché solo allora? Perché la figlia della Minardi era rimasta coinvolta in un incidente stradale in cui erano morti due ragazzi. Una brutta storia. Sabrina pregava che con lei si usasse la mano morbida. Si offrì, senza che nessuno gliel’avesse chiesto, di collaborare sulla faccenda di Emanuela. Disse che l’avevano sequestrata quelli della banda della Magliana. L’avevano portata nei sotterranei di piazza San Giovanni di Dio e imprigionata in un appartamento di cui lei conosceva l’ubicazione. Poi l’avevano ammazzata. Il cadavere era stato portato a Torvajanica, chiuso in un sacco, e gettato in una betoniera, che aveva provveduto a ridurlo in poltiglia. Protagonista di tutto l’affare era stato l’allora fidanzato della Minardi, uno dei boss della banda, Enrico De Pedis, detto Renatino. Gli inquirenti trovarono riscontri importanti relativi alla presunta prigione di Emanuela e anche il coinvolgimento della banda e di Renatino stava logicamente in piedi, tant’è vero che i magistrati ci avevano già pensato, però senza trovare conferme. C’era solo un punto: Sabrina aveva raccontato che a Torvajanica, De Pedis aveva portato due sacchi e due cadaveri. L’altro corpo sarebbe stato quello del bambino Domenico Nicitra, ucciso in realtà dieci anni più tardi.
• Che c’è di nuovo rispetto a questa versione dell’anno scorso?
Gli inquirenti fanno sapere che incertezze e buchi della versione 2008 sono stati eliminati. C’è un nuovo racconto, articolato e coerente, di cui non ci sono stati forniti i dettagli. stato identificato questo «Mario», che sei giorni dopo il sequestro telefonò alla famiglia per dire che Emanuela andava in giro a vendere cosmetici e bigiotteria, si faceva chiamare Barbara o Barbarella e diceva di essere veneziana. Sabrina ha sentito la registrazione della telefonata e ha riconosciuto la voce. Forse è la svolta, perché questo Mario dovrebbe sapere molte cose.
• Si comincia a capire il senso del sequestro?
Gli inquirenti procedono per il reato di omicidio plurimo (dunque, come si evince dal racconto di Torvajanica, in questa storia ci sono più morti) aggravato dalle sevizie e dalla minore età della vittima. C’è anche il sequestro a scopo di estorsione: quelli della Magliana avrebbero rapito Emanuela per far pressioni su Marcinkus affinché restituisse i molti soldi che la Banda aveva investito nello Ior. Calvi era stato ammazzato, la Banca Vaticana era in guai seri. Un’altra versione suggerisce però che dietro alla storia vi siano moventi sessuali. Leggendo le imputazioni, non pare che per ora gli inquirenti ci credano.
• Tratta delle bianche?
L’anno scorso Sabrina suggerì l’idea che a ordinare il sequestro fosse stato lo stesso cardinale Marcinkus. A costui sarebbero piaciute le ragazzine e Renatino, con l’aiuto di Sergio (l’uomo della Bmw), gliele procurava. La stessa Minardi, più di una volta, ebbe occasione di portargli qualche giovane preda. Tutte illazioni, s’intende, che il Vaticano a suo tempo respinse con sdegno. C’è però il punto della tomba di De Pedis: benché pluriomicida e trafficante di droga, è inumato a Sant’Apollinare, la basilica vicina a piazza Navona dove Emanuela andava a studiare musica. Un luogo non troppo adatto a un bandito pluriomicida.
• Che ci fa lì?
Non si sa. Finora il sepolcro non s’è potuto aprire. E una volta qualcuno ha pure telefonato a Chi l’ha visto? per dire: «Se volete trovare Emanuela Orlandi, andate a cercare nella tomba di Renatino». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/11/2009]
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