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 2009  novembre 20 Venerdì calendario

Solo in tv succede che quando un Cold Case viene risolto il colpevole è ammanettato e portato via, verso un processo sicuro e una presumibile condanna

Solo in tv succede che quando un Cold Case viene risolto il colpevole è ammanettato e portato via, verso un processo sicuro e una presumibile condanna. Nel mondo reale, bastano 30 giorni di scarto e una famiglia che da 22 anni aspetta verità e giustizia si ritrova con niente in mano: sarà così per i genitori e le sorelle di Annalaura Pedron, uccisa nel 1988 quando aveva 21 anni e faceva la baby sitter in un appartamento di Pordenone. La lunga inchiesta, archiviata una prima volta nel 1995 dopo aver girato a vuoto intorno a 15 sospettati, ripartita nel 2007 poco dopo che l’intero fascicolo era stato salvato per un soffio dall’alluvione che aveva investito la città, sembra destinata a finire nel nulla. C’è un presunto assassino, ci sono prove. Ma all’epoca era minorenne, dopo vent’anni scatta la prescrizione e quando è stato iscritto nel registro degli indagati erano passati, dal delitto, vent’anni e un mese. Troppo tardi. La richiesta di «non luogo a procedere per maturata prescrizione» sarà avanzata oggi a Trieste dal procuratore del Tribunale per i minori, Dario Grohmann: anche se oggi è un signore di 36 anni, all’epoca dei fatti l’indagato non ne aveva nemmeno 15, li avrebbe compiuti cinque giorni dopo. Può restare senza soluzione la morte di Annalaura? Su David Rosset gravano prove pesantissime. Oggi fa il rappresentante di informatica, ha una fidanzata, conduce da vent’anni una vita irreprensibile. Allora aveva 14 anni, studiava in un istituto tecnico e con la madre Rosalinda Bizzo frequentava una setta pordenonese, la Telsen Sao, guidata dal profeta (oggi animatore di televendite d’arte) Renato Minozzi. Annalaura ci era stata dentro, dai 15 ai 20 anni, contro il volere della famiglia; ne era uscita da pochi mesi, stanca di promesse di voli sugli Ufo ed esperienze extrasensoriali varie. Aveva quel lavoro di baby sitter. La mamma del piccolo che accudiva tornando dal lavoro l’aveva trovata nuda, stesa su un tavolo di cristallo. Sul collo i segni dello strangolamento, sul viso le tracce del cuscino premuto per soffocarla. Sangue ovunque, perché difendendosi lei aveva mandato in frantumi una lampada e i cocci avevano ferito sia lei sia l’assassino. Che poi aveva usato il telefono: aveva chiesto aiuto a qualcuno che era corso fin lì, per confondere le prove. Sotto accusa, per questo, è la madre di Rosset. L’uomo era stato individuato tra i 15 sospettati dell’epoca perché nuovi esami di Dna, fatti con le apparecchiature in dotazione nel 2007, avevano isolato il codice del sangue trovato in casa. I 15 erano stati pedinati, il loro Dna preso in vari modi: dal pettine del barbiere, dalla tazzina di caffè, a lui dalla saliva lasciata sull’etilometro. Corrispondenza totale, il sangue mischiato a quello di Annalaura era il suo. Rosset davanti ai magistrati non ha mai parlato, si è rifiutato di ripetere il test. Annalaura non ebbe un funerale: due vescovi lo negarono, era stata in una setta. Rosset non avrà un processo, non c’è più tempo per dichiararlo colpevole, o dimostrarlo innocente. Paola Zamuner Pedron ha la voce che trema: non è pianto, è la furia di una leonessa ferita. Che cosa prova oggi? «Per tutti gli anni in cui mia figlia mi è mancata, ho visto quella persona: viviamo nella stessa città. Dovrò continuare a vederlo sapendo di quella prova schiacciante e senza che ci sia stato un processo. Sarebbe stato meglio non sapere chi era stato». Lei non ha mai creduto alla ricostruzione ufficiale, vero? «Non fu un raptus sessuale, non ci crederò mai: Annalaura è stata uccisa in modo barbaro, con insistenza e con determinazione. Poi si è inscenato il raptus, mi dicano perché». Che cosa pensa di David Rosset? «Il cittadino perfetto, mai nemmeno una multa. Si è sempre comportato benissimo in vita sua, a parte che l’accusano di aver ucciso mia figlia: niente di grave, no? Bell’esempio che la legge dà ai ragazzi: se dovete uccidere fatelo da minorenni e poi comportatevi bene, non farete un giorno di galera. Tutta la mia famiglia ha pagato, e continua a pagare, un prezzo altissimo ogni giorno, per questa tragedia. Ci siamo illusi per anni di avere la verità, adesso invece ci negano la giustizia. Oggi sarò a Trieste: devono avere il coraggio di dirmelo in faccia». /