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 2009  novembre 20 Venerdì calendario

Ogni mattina decine di camion si arrampicano dal Turkmenistan sull’Hindu Kush e poi scendono verso la capitale afghana, Kabul

Ogni mattina decine di camion si arrampicano dal Turkmenistan sull’Hindu Kush e poi scendono verso la capitale afghana, Kabul. Due giorni di viaggio. Molti viaggiano per conto di due società - Ghazanfar e Zahid Walid - che hanno finanziato la campagna elettorale del presidente Hamid Karzai così come gli affari di famiglia del suo compagno di corsa, il nuovo vicepresidente, il signore della guerra Mohammed Qasim Fahim. Alcuni dei camion vanno alle due centrali elettriche nella zona Nord della capitale: un impianto rimesso a nuovo di recente, ma inefficiente, che serve Kabul da un quarto di secolo e una centrale nuova che dovrebbe essere completata il prossimo anno, costruita con i fondi dell’Usaid, l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti. Analisti politici afghani osservano che Ghazanfar e Zahid Walid sono esempi lampanti dei conglomerati di business multimilionari, finanziati sia dagli americani sia dalle tasse afghane e collegati a potenti figure politiche che, dalla caduta del taleban nel 2001, sono emerse come parte di una pervasiva cultura della corruzione. Dice Nasrullah Stanikzai, professore di legge all’Università di Kabul: «Tutti sanno chi è Ghazanfar. Tutti sanno chi è Zahid Walid. L’élite al governo possiede, direttamente o indirettamente, società e licenze e firma contratti. Ma la corruzione non è solo degli afghani. Anche la comunità internazionale ha la sua parte di infamia». Il racconto della «ricostruzione» dei rifornimenti elettrici a Kabul è una classica storia di aiuti stranieri finiti nelle tasche degli appaltatori internazionali dei Paesi donatori e dell’élite politica locale. Purtroppo questi progetti di solito non funzionano - come sembra essere il destino anche dell’impianto di Kabul - perché mancano sia la pianificazione sia i denari per farli funzionare. Abdul Hasim e suo fratello, il vicepresidente, offrono un perfetto esempio di questa nuova élite del business. I due uomini sono fratellastri, figli delle due mogli di un imam del villaggio di Marz, nella valle del Panjshir, a Nord di Kabul. Nei primi Anni 80 Fahim, il più anziano, si unì ai mujaheddin di Ahmed Shah Masud che combattevano l’occupazione sovietica. Nel 1992, tre anni dopo la cacciata dell’Armata Rossa, fu messo a capo dei servizi segreti dal nuovo presidente afghano, Burhanuddin Rabbani. Quando i taleban presero il potere, Fahim divenne capo dell’intelligence dell’Alleanza del Nord e poi, ucciso Mahsud, suo leader. Dopo l’11 settembre l’Alleanza fu finanziata con milioni di dollari dagli Stati Uniti per la sua «invasione» dell’Afghanistan. Sconfitti i taleban, Fahim fu invitato a fare il vicepresidente del governo di transizione di Amid Karzai. Fu a quel punto che i suoi fratelli, in particolare Abdul Hasin, misero le basi dell’impero economico e la fortuna cominciò a piovere sulla famiglia sotto forma di lucrosi contratti di «ricostruzione». In questi anni la cifra sfiora i cento milioni di dollari. Il 19 ottobre sono stato nel blindatissimo quartier generale di Zahid Walid, non lontano dall’ambasciata Usa, dove il direttore della società mi ha mostrato l’ultimo contratto firmato con il governo afghano, solo pochi giorni prima: altri 17 milioni di dollari. Ora Zahid Walid fornisce carburante per la centrale da 100 megawatt che la Black&Veatch, un’impresa edilizia del Kansas, sta costruendo con il denaro di Usaid. Politici e funzionari del governo sono restii a chiarire in che modo Zahid Walid abbia vinto tutti questi contratti. In privato però decine di persone mi hanno raccontato che favoritismi e corruzione sono l’essenza del governo Karzai. Mentre Zahid Walid ha ottenuto contratti di carburanti per circa cento milioni di dollari dal governo afghano in questi anni, ci sono prove schiaccianti che il denaro per questo carburante così necessario è stato dilapidato. Un analogo impianto costruito dagli ingegneri indiani in Uzbekistan può fornire energia a costi nettamente più bassi. Una linea a 222 kilovolt porte l’elettricità dal Paese confinante a Kabul, seguendo la stessa strada che percorrono le autocisterne di Zahid Walid. Ma l’elettricità prodotta con il gasolio che arriva dal Turkmenistan costa 22 centesimi di dollaro all’ora per kilowatt, mentre quella che arriva con linee dell’alta tensione soltanto sei centesimi. Fatto ancora più grave, gran parte del gasolio trasportato con i camion serve ad alimentare la centrale elettrica di Tarakhilt, uno dei simboli dello spreco di denaro nei programmi di aiuto finanziati dall’Usaid. L’impianto, costruito da Balck&Veatch, è costato 330 milioni di dollari, tre volte il prezzo di una centrale delle stesse dimensioni realizzata in Pakistan. E può fornire solo un terzo dell’energia che trasporta la linea ad alta tensione dall’Uzbekistan. E un’altra linea, simile, è in progetto da Turkmenistan: costerebbe soltanto 28 milioni di dollari e porterebbe elettricità allo stesso costo di quella dall’Uzbekistan. «A piena capacità bruciamo 600 mila litri di gasolio al giorno - spiega Jack Currie, il manager scozzese della centrale di Tarakhil -. Il costo del carburante è di circa un dollaro al litro». Ciò significa che l’impianto spende in carburante oltre 200 milioni di dollari all’anno. Poi ci sono i costi di manutenzione, altri 60 milioni all’anno. Non erano questi i costi previsti nel progetto iniziale. I funzionari della compagnia, rivela il deputato Mohammad Khan, avevano previsto un costo di costruzione di 120 milioni di dollari, quando nel 2007 avevano promesso al presidente Karzai una centrale per assicurare elettricità tutto il giorno alla capitale entro il 2009, prima delle elezioni di agosto. Il business è troppo ghiotto. L’ex ministro della Difesa Mohammed Qasim Fahim l’ha fiutato. Tra un paio di settimane potrebbe essere il prossimo vicepresidente dell’Afghanistan. E, previo un accordo con l’Usaid, ancora più denaro pubblico è destinato a essere bruciato nella centrale di Tarakhil, e parecchio finirà direttamente nelle tasche del probabile prossimo vicepresidente. Copyright tomdispatch.comLotta alla corruzione, unità nazionale e invito all’avversario Abdullah Abdullah, finire la guerra al terrorismo entro cinque anni, termine entro il quale le truppe straniere dovrebbero essere completamente sostituite dalle forze afghane. Con una cerimonia sobria, il presidente afghano Hamid Karzai ha giurato ieri per un secondo mandato. Di fronte a 300 personalità, fra cui i membri di 42 delegazioni straniere Karzai ha pronunciato un discorso di appena 20 minuti in cui ha ammesso la necessità «di fare tesoro degli errori del passato». Karzai ha presentato un programma di governo per il prossimo quinquennio, fitto di impegni. Sei i temi delineati: pace e riconciliazione, sicurezza, buon governo e lotta alla corruzione, sviluppo economico, cooperazione regionale e politica estera. Dialogo con i taleban, che Karzai ha chiamato «compatrioti insoddisfatti che non sono direttamente legati al terrorismo» e sviluppo di una cooperazione regionale - che Karzai vede con il Pakistan soprattutto, ma anche con India, Iran e con vari paesi arabi e islamici - sono gli altri punti del programma. Stampa Articolo