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 2009  novembre 20 Venerdì calendario

MILANO – C’è

una nicchia in cui si parla rigorosamente ita­liano, nella classifica delle «50 migliori invenzioni dell’anno» stilata dal settimanale statuni­tense Time . Ed è un angolino di tutto rispetto: perché fatta la ta­ra delle scoperte più folcloristi­che – come la nuova forma di nuvola battezzata undulatus asperatus , prima nata nella sua specie da quando nel 1951 vide la luce il cirrus intortus ; o il «re dei cieli», vale a dire l’aeroplani­no di carta «piegato» da Takuo Toda, in grado di volare per 27,9 secondi – ecco, tolte queste pre­senze più oniriche che concrete, quel che resta è la fascia alta del­la produzione scientifica uscita, negli scorsi 10 mesi, dai labora­tori di tutto il mondo.

E se è vero che la medaglia d’oro per la «cosa migliore e più intelligente e più cool » va a un oggettino che si chiama Ares I (l’ultima creatura di mamma Nasa, «una macchina in grado di lanciare gli esseri umani ver­so mete cosmiche mai contem­plate »), e che una citazione di merito se la porta a casa l’ita­lianissima Arena per il suo costume da ga­ra Powerskin X-Gli­de, una «pelle» poli­merica che intrappola bolle d’aria per aumen­tare la galleggiabilità, la parte del leone la gio­cano le biotecnologie.

Dove la natura si infiltra negli schemi da laborato­rio e i ricercatori prendo­no ispirazione dal mondo che li circonda per elabora­re soluzioni sempre più so­fisticate ai problemi del no­stro tempo, grandi o piccoli che siano.

E dunque, ecco il microbo in grado di generare elettricità dal fango e dalle acque di scarico (è il Geobacter, creato all’universi­tà del Massachusetts di Amherst); la gomma ricavata dai semi del tarassaco (Fraunhofer Institut, Monaco di Baviera); i funghi che modifi­cano le tavole di abete, renden­dole identiche a quelle usate dal cremonese Stradivari per i suoi violini (nei test «alla cie­ca », gli strumenti creati dagli svizzeri dell’Empa hanno tratto in inganno gli esperti, che li hanno di gran lunga preferiti agli Stradivari veri); soprattut­to, l’«osso di legno» in via di sperimentazione nei laboratori dell’Istec-Cnr, l’Istituto di scien­za e tecnologia dei materiali ce­ramici di Faenza.

« strano pensare che mette­re pezzi di legno dentro la gen­te sia una rivoluzionaria proce­dura medica – scrive il Time – ma è esattamente quello a cui lavora un gruppo di scien­ziati italiani». La sintesi c’è, il dettaglio lo spiega Anna Tam­pieri, ricercatrice all’Istec e co­ordinatrice del progetto (che ha finanziamenti della Comuni­tà Europea e coinvolge altri 8 istituti, da Norimberga a Sivi­glia; a Faenza ci lavorano in 10, tra cui 5 donne): «Il tessuto os­seo è molto complicato da ri­produrre; solo la natura, in real­tà, sa realizzare queste struttu­re fascicolari». E allora, che si sono inventati i faentini? «Ab­biamo individuato due alberi specifici: la quercia rossa e il rat­tan – prosegue la Tampieri ”. Quello che segue è un processo multistep , con una pirrolisi sot­tovuoto che trasforma il legno in scheletro carbonioso, poi c’è un trattamento chimico in flus­so di vapore...». Alt, per favore, traduciamo. «Beh, è come se il legno subisse una fossilizzazio­ne, ha presente le foreste pietri­ficate? Solo che invece di impie­garci milioni di anni, basta una settimana».

Quel che resta è «un impian­to con una struttura gerarchica­mente organizzata», da usare come «ponte» nei casi in cui l’osso deve ricostruirsi: esem­pio tipico, il «buco» lasciato dall’asportazione di un tumo­re. «Il materiale viene ricono­sciuto, abitato, ’digerito’ e rico­struito dalle cellule». Nessun pezzo di ferro da rimuovere in un secondo momento. la na­tura (o quasi) che fa il suo cor­so. Per ora siamo ai test prelini­ci sulle pecore, «all’Istituto or­topedico Rizzoli, con l’équipe di Maurilio Marcacci». Ci vor­rà, dunque, del tempo. E i sol­di?

«Per ora il processo costa 7-800 euro, il trattamento è lungo ma le sostanze non sono care...». Come per tante delle invenzioni scelte da Time , qua­le più quale meno – nel calde­rone finiscono il vaccino del­l’Aids, i tonni d’allevamento, la seta ricavata da tele di ragno... – il futuro sembra essere (qua­si) dietro l’angolo. Appunta­mento, dunque, al 2010. Risul­tati alla mano.

Gabriela Jacomella