Luigi Bignami, la Repubblica 20/11/2009, 20 novembre 2009
TRE PEZZI SUL CERVELLO DEL GATTO RIPRODOTTO DA UN COMPUTER 8TUTTI DEL 20/11/2009)
LUIGI BIGNAMI SU REPUBBLICA
in grado di simulare come il cervello di un gatto interagisce con l´ambiente esterno, come percepisce le sensazioni e come impara. Dunque, può simulare come lavora il 4,5% del cervello umano. E tutto questo utilizzando pochissima energia. il nuovo importante passo verso l´obiettivo finale di un progetto che vede impegnate cinque università americane (Stanford, Wisconsin-Madison, Cornell, Columbia Medical Center e California-Merced) e l´Ibm: costruire un computer in grado di lavorare esattamente come il cervello dell´uomo. Il raggiungimento dell´obiettivo è fissato entro 9-10 anni e quanto ottenuto negli ultimi sei mesi rende la meta sempre più realistica. I ricercatori sono riusciti a far sì che il computer utilizzato per questa ricerca sia oggi in grado di simulare alcune aree corticali del cervello che sono sede di importanti funzioni, quali le emozioni e le capacità di risolvere i problemi, il coordinamento dei movimenti complessi e altre funzioni superiori.
Il risultato raggiunto in questi mesi è stato riuscire a realizzare un algoritmo (un insieme ben ordinato di operazioni non ambigue ed effettivamente calcolabili che, una volta eseguito, produce un risultato e termina in una quantità finita di tempo) in grado di simulare l´attività di un miliardo di neuroni, le cellule cerebrali, e di 10mila miliardi di sinapsi, le connessioni che uniscono i neuroni. L´algoritmo utilizzato è stato chiamato BlueMatter: ha il compito di misurare le connessioni tra le zone corticali e sub-corticali del cervello, permettendo di mapparle e, quindi, di risalire ai collegamenti tra neuroni e sinapsi. Tutto ciò è estremamente importante perché serve per capire realmente come il nostro cervello comunica ed elabora le informazioni che giungono al suo interno. L´algoritmo è stato messo a punto per lavorare sul supercomputer più potente al mondo, il BlueGene, che utilizza 144 terabyte di memoria e 150mila processori. Per capirne le potenzialità, si pensi che nei più potenti computer da tavolo i processori utilizzati sono un paio o poco più. Per questo lavoro sono utilizzate anche risonanze magnetiche approfondite.
Il progetto è finanziato con 16 milioni di dollari dal Darpa (Defence Advanced Research Project Agency) e si propone, passo dopo passo, di dare vita a cervelli di mammiferi sempre più complessi, fino ad arrivare a quello umano. «L´obiettivo di SyNapse (è il nome del progetto) è dare vita a nuovi componenti elettronici che vadano al di là dei semplici calcoli tradizionali dei più potenti computer, ma che includano anche le funzionalità presenti nei cervelli viventi», ha detto Todd Hylton del Darpa e responsabile del progetto. Ma a cosa potrà servire un cervello artificiale in grado di simularne uno umano? Dharmendra Modha, a capo di un progetto di ricerca Ibm, spiega: «Lo sviluppo di un cervello fatto così sta diventando necessario in diversi campi della nostra società. In una realtà sempre più complessa come la nostra, infatti, si genera una quantità di dati talmente grande, stratificata e complessa da richiedere nuove intelligenze artificiali per esserla analizzare, veri e propri sistemi cognitivi informatizzati che lavorino come un cervello umano». Ma gli obiettivi di un computer in grado di lavorare come una mente umana, una volta raggiunto questo livello, potrebbero essere anche quelli di replicare il comportamento di cervelli che soffrono di malattie psichiatriche, tentare di capirle e dar modo ai medici di trovare nuove soluzioni. Senza sperimentare sugli animali.
GIOVANNI CAPRARE SUL CORRIERE DELLA SERA
MILANO – Il gatto non dovrebbe avere più segreti perché in laboratorio hanno ricostruito in modo artificiale il suo cervello simulandone il funzionamento. Lo scopo, però, non è conoscere meglio il domestico felino ma decifrare i meccanismi cerebrali dei mammiferi per arrivare, in futuro, a riprodurre, quelli umani. Meta ambiziosa ma non impossibile, a detta dei ricercatori.
Il passo è stato compiuto dagli scienziati del centro di ricerca dell’Ibm di Almaden (Usa) con i colleghi della Stanford University e del Lawrence Livermore National Laboratory. In pratica, utilizzando il supercomputer «Blue Gene» del Livermore hanno riprodotto e messo in azione la corteccia cerebrale di un gatto con un miliardo di neuroni e diecimila miliardi di connessioni sinaptiche.
Il supercomputer coinvolto è il quarto più potente del mondo ed ha impegnato tutte le 147.456 unità di elaborazione (Cpu) di cui dispone assieme alla prodigiosa memoria di 144 mila miliardi di byte, centomila volte superiore a quella di un nostro computer. La simulazione ha permesso di «vedere » come lavorano i neuroni del gatto senza tuttavia riprodurre la loro velocità d’azione, in tal caso non necessaria. «Mai si era raggiunto un livello di simulazione tanto elevato » ha precisato Dharmendra Modha a capo della ricerca in Ibm presentata alla Supercomputer Conference di Portland, nell’Oregon.
«Raccogliamo montagne di dati studiando il cervello – commenta Jim Olds, neuroscienziato e direttore del Krasnow Institute for Advanced Study alla George Mason University (Usa) – ma lavoriamo come i collezionisti di francobolli perché non riusciamo poi a metterli insieme come vorremmo. Per questo il risultato ottenuto è eccezionale». Il simulatore costruito incorpora innovazioni nell’elaborazione, nella memorizzazione, nella comunicazione includendo, ovviamente, aspetti biologici e neurofisiologici. Finora si era riusciti a simulare il 40 per cento del cervello del topo nel 2006, un cervellino di ratto nel 2007 e solo l’uno per cento del cervello umano nei mesi scorsi. Adesso la Darpa, l’agenzia di ricerca del Pentagono, ha finanziato il progetto Synapse con 16 milioni di dollari attraverso il quale lo stesso gruppo di ricercatori, più altri di varie università americane (Cornell, Columbia, Wisconsin e California) costruiranno un chip in grado di funzionare come il cervello di un gatto con tutte le sue capacità. E il chip, operando non come i computer tradizionali ma in modo più flessibile e tollerante degli errori, aggiungerà intelligenza alle macchine più svariate.
«La barriera da superare per dare ai robot la facoltà della cognizione umana – dice Giulio Sandini dell’Istituto italiano di tecnologia – è quella di riuscire a comprendere come percepire gli stimoli esterni e da questi produrre una decisione conseguente, quindi un’azione in un certo modo consapevole ». Questo è appunto l’obiettivo dichiarato dai protagonisti del simulatore felino. «Entro dieci anni – promettono – realizzeremo anche quello dell’uomo»
Giovanni Caprara
LUIGI BIGNAMI SU REPUBBLICA
«Nel 1985 ricercatori giapponesi interruppero il progetto sui computer che avrebbero dovuto simulare un cervello umano. La fine fu segnata perché l´obiettivo risultava troppo lontano da raggiungere. Da allora ci sono state altre sfide, ma a oggi nessuno ci è riuscito», spiega Alberto Rovetta, responsabile del Progetto Robotica del Politecnico di Milano.
Dunque, anche quanto sta facendo l´Ibm è destinato a fallire? «Non possiamo dirlo a priori. Certo, le difficoltà sono enormi. Avere un computer che possa far parlare tra loro miliardi di neuroni non significa avere un cervello umano. La creatività, la poesia non si ottengono solo con la connessione delle sinapsi».
L´Ibm, comunque, afferma di poter simulare il cervello di un gatto. Questo è più facile da realizzare?
«Certamente perché il cervello di un gatto, pur avendo milioni di neuroni e miliardi di sinapsi, è in grado di comprendere l´ambiente in cui vive, ma non di trasformarlo».
Dunque sono lontani i robot intelligenti?
«Oggi consideriamo intelligente un robot con un cervello che, stimolato da un impulso esterno, lo spinge a comportarsi secondo logiche immesse. Ma da questo all´intelligenza umana il salto è gigantesco».
(l.b.)