Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  novembre 20 Venerdì calendario

Emanuela Orlandi è morta ed esiste un «Mario» che sa molto della sua scomparsa. Gli inqui­renti lo hanno identificato, non ci hanno fatto sapere il vero no­me, ma si dicono sicuri di essere sulla strada buona

Emanuela Orlandi è morta ed esiste un «Mario» che sa molto della sua scomparsa. Gli inqui­renti lo hanno identificato, non ci hanno fatto sapere il vero no­me, ma si dicono sicuri di essere sulla strada buona. Forse uno dei più grandi misteri del dopo­guerra non è lontano da una so­luzione.

Emanuela Orlandi sarebbe quella ragazza sorridente, con una fascia bianca intorno alla fronte e i capelli mori? Era scomparsa, no? C’entrava il Vaticano...
Sì, era scomparsa la sera del 22 giugno 1983, verso le sette di sera, a Roma. Era appena usci­ta da una lezione di musica nel­la chiesa di Sant’Apollinare, fu avvicinata da uno sconosciuto e fatta salire su una Bmw scu­ra. Nessuno la rivide più. Una pista lungamente propaganda­ta è stata quella dei Lupi grigi, movimento nazionalista turco. I Lupi avrebbero rapito Ema­nuela per ottenere il rilascio di Alì Agca, l’uomo che aveva spa­rato a papa Wojtyla nel 1981. Una pista totalmente smentita dai magistrati nel 1997 (senten­za del giudice Adele Rando). Il caso venne praticamente di­menticato fino all’estate del­l’anno scorso, quando saltò fuo­ri questa Sabrina Minardi, un’ex cocainomane, a dire che Emanuela era stata rapita dalla banda della Magliana. Perché solo allora? Perché la figlia del­la Minardi era rimasta coinvol­ta in un incidente stradale in cui erano morti due ragazzi. Una brutta storia. Sabrina pre­gava che con lei si usasse la ma­no morbida. Si offrì, senza che nessuno gliel’avesse chiesto, di collaborare sulla faccenda di Emanuela. Disse che l’avevano sequestrata quelli della banda della Magliana. L’avevano por­tata nei sotterranei di piazza San Giovanni di Dio e imprigio­nata in un appartamento di cui lei conosceva l’ubicazione. Poi l’avevano ammazzata. Il cada­vere era stato portato a Torvaja­nica, chiuso in un sacco, e getta­to in una betoniera, che aveva provveduto a ridurlo in polti­glia. Protagonista di tutto l’affa­re era stato l’allora fidanzato della Minardi, uno dei boss del­la banda, Enrico De Pedis, det­to Renatino. Gli inquirenti tro­varono riscontri importanti re­lativi alla presunta prigione di Emanuela e anche il coinvolgi­mento della banda e di Renati­no stava logicamente in piedi, tant’è vero che i magistrati ci avevano già pensato, però sen­za trovare conferme. C’era solo un punto: Sabrina aveva rac­contato che a Torvajanica, De Pedis aveva portato due sacchi e due cadaveri. L’altro corpo sa­rebbe stato quello del bambino Domenico Nicitra, ucciso in re­altà dieci anni più tardi.

Che c’è di nuovo rispetto a que­sta versione dell’anno scorso?
Gli inquirenti fanno sapere che incertezze e buchi della versio­ne 2008 sono stati eliminati. C’è un nuovo racconto, articola­to e coerente, di cui non ci sono stati forniti i dettagli. stato identificato questo «Mario», che sei giorni dopo il sequestro telefonò alla famiglia per dire che Emanuela andava in giro a vendere cosmetici e bigiotte­ria, si faceva chiamare Barbara o Barbarella e diceva di essere veneziana. Sabrina ha sentito la registrazione della telefona­ta e ha riconosciuto la voce. Forse è la svolta, perché questo Mario dovrebbe sapere molte cose.

Si comincia a capire il senso del sequestro?
Gli inquirenti procedono per il reato di omicidio plurimo (dun­que, come si evince dal raccon­to di Torvajanica, in questa sto­ria ci sono più morti) aggrava­to dalle sevizie e dalla minore età della vittima. C’è anche il sequestro a scopo di estorsio­ne: quelli della Magliana avreb­bero rapito Emanuela per far pressioni su Marcinkus affin­ché restituisse i molti soldi che la Banda aveva investito nello Ior. Calvi era stato ammazzato, la Banca Vaticana era in guai seri. Un’altra versione suggeri­sce però che dietro alla storia vi siano moventi sessuali. Leggen­do le imputazioni, non pare che per ora gli inquirenti ci cre­dano.

Tratta delle bianche?
L’anno scorso Sabrina suggerì l’idea che a ordinare il seque­stro fosse stato lo stesso cardi­nale Marcinkus. A costui sareb­bero piaciute le ragazzine e Re­natino, con l’aiuto di Sergio (l’uomo della Bmw), gliele pro­curava. La stessa Minardi, più di una volta, ebbe occasione di portargli qualche giovane pre­da. Tutte illazioni, s’intende, che il Vaticano a suo tempo re­spinse con sdegno. C’è però il punto della tomba di De Pedis: benché pluriomicida e traffi­cante di droga, è inumato a Sant’Apollinare, la basilica vici­na a piazza Navona dove Ema­nuela andava a studiare musi­ca. Un luogo non troppo adatto a un bandito pluriomicida.

Che ci fa lì?
Non si sa. Finora il sepolcro non s’è potuto aprire. E una vol­ta qualcuno ha pure telefonato a Chi l’ha visto? per dire: «Se volete trovare Emanuela Orlan­di, andate a cercare nella tom­ba di Renatino». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/11/2009]