Il Sole 24 Ore, 20/11/2009, 20 novembre 2009
SCARPE CINESI SENZA DAZI
«Sono dispiaciuto perché penso che una famiglia prima debba preoccuparsi dei propri figli. E l’Europa invece di pensare ai suoi produttori di scarpe sembra preoccuparsi delle multinazionali e del profitto che deriva da condizioni di lavoro disumane e dal mancato rispetto dell’ambiente». Renzo d’Arcano del calzaturificio Frau di San Giovanni Ilarione, al confine tra Vicenza e Verona, si aspettava una risposta diversa alla proposta di proroga di 15 mesi dei dazi antidumping per Cina e Vietnam che ieri è stata votata dal Comitato della Ue a 27. Quindici paesi hanno votato contro, 10 a favore, 2 si sono astenuti.
contrariato ma anche tenace, Renzo d’Arcano. «Faccio fatica – spiega ”, ma non delocalizzo perché voglio che le mie scarpe abbiano l’identità e la qualità che solo l’Italia sa dare. Una volta lavoravamo sull’economico, adesso ci siamo riposizionati su una fascia di mercato media e medio-alta perché sull’economico non possiamo più competere. Io voglio andare avanti e mi preoccupo dei miei posti di lavoro. Parlo di 220 dipendenti diretti e 160 collaboratori tra le attività di giunteria e taglio. Sono nato nel 1933 e dopo una vita spesa a sviluppare la mia azienda rispettando le regole non posso sopportare di vedermi irriso da certe offerte che banalizzano il nostro lavoro».
Il voto del Comitato antidumping contro i dazi è un segnale chiaro ma per il direttore dell’Anci Fabio Aromatici «va considerato come un passaggio e non un risultato finale. Il voto ha espresso un parere che non è vincolante. Quando un anno fa doveva essere decisa l’apertura del dossier europeo per verificare se sussistevano ancora da parte di Cina e Vietnam politiche di dumping, le posizioni sono state praticamente le stesse. Poi però la Commissione ha deciso di avviare la review. Siamo preoccupati per questo risultato ma non disperiamo». Certo però l’esecutivo Ue dovrà tenerne conto nel formulare la sua proposta formale, che il Consiglio dei ministri Ue dovrà poi votare entro l’anno.
Nel frattempo per i calzaturieri italiani dell’Anci si apre una fase di pressing sui paesi che potrebbero contribuire a cambiare la situazione. A favore dei dazi hanno votato Italia, Francia, Spagna, Grecia, Bulgaria, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia. Si sono astenuti Slovacchia e Lituania. Hanno votato contro Austria, Belgio Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Svezia e Regno Unito, il paese che più fieramente difende questa posizione. Secondo un calcolo dell’European footwear alliance, i dazi dal 2006 sarebbero costati ai grandi importatori circa 800 milioni di euro. « ovvio che paesi come la Germania o il Regno Unito, che hanno grandi catene di importazione, abbiano votato contro i dazi – spiega Aromatici – ma ce ne sono altri come Malta, il Lussemburgo e Cipro che non hanno gli stessi interessi e su cui faremo molto pressing, così come su Slovacchia e Lituania che si sono astenute».
Quella dei calzaturieri italiani dell’Anci non è un attacco a Cina e Vietnam all’insegna del protezionismo, ma è la difesa delle condizioni che permetteranno alle imprese italiane di competere a pari grado con quelle cinesi e vietnamite. Per questo alla battaglia sui dazi se ne collegano altre due. La prima è l’indicazione dell’origine obbligatoria, considerato che nell’area europea, diversamente da quanto accade negli Stati Uniti, non è obbligatorio indicare la provenienza dei prodotti. La seconda è la difesa dell’ambiente, che ha forti ripercussioni sul prezzo dei prodotti: una pelle conciata in Europa ne ha uno molto più alto per via dei costi dei depuratori che in Cina e Vietnam non esistono. Il voto di ieri delude ma non scoraggia i calzaturieri italiani che sono pronti a continuare una battaglia a 360 gradi per la fine della competizione asimmetrica e il mantenimento dell’identità italiana dei propri prodotti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA