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 2009  novembre 20 Venerdì calendario

Perché il cibo oggi è diventato ambiguo come Dr. Jekyll e Mr. Hyde? Lo scrive un personaggio che con il cibo e sul cibo ha fatto la rivoluzione: Carlo Petrini, sessant’anni, fondatore vent’anni fa di Slow Food, di cui è tuttora il presidente internazionale, ideatore del Salone del Gusto di Torino e dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, inserito nel 2008 dall’autorevole Guardian fra le cinquanta persone che hanno il potere di salvare il mondo

Perché il cibo oggi è diventato ambiguo come Dr. Jekyll e Mr. Hyde? Lo scrive un personaggio che con il cibo e sul cibo ha fatto la rivoluzione: Carlo Petrini, sessant’anni, fondatore vent’anni fa di Slow Food, di cui è tuttora il presidente internazionale, ideatore del Salone del Gusto di Torino e dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, inserito nel 2008 dall’autorevole Guardian fra le cinquanta persone che hanno il potere di salvare il mondo. Dopo i libri Le ragioni del gusto (Laterza 2001) e Buono, pulito e giusto (Einaudi 2005), oggi pubblica Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo, dedicato alla sua ultima creatura, scritto con la collaborazione di Carlo Bogliotti e corredato di una lettera di Enzo Bianchi (Giunti, pp. 173, e12). proprio qui, in queste pagine, che Petrini lancia il provocatorio parallelo fra il cibo e il romanzo di Stevenson. «Il cibo oggi è prodotto soprattutto per essere venduto, non per essere mangiato» scrive il presidente di Slow Food. «Ridurre il nostro rapporto con ciò che mangiamo quasi esclusivamente a una serie di operazioni di mercato è sia la causa sia l’effetto di un sistema che ha tolto valore al cibo e ha tolto significato alle nostre vite. Un sistema che ha stravolto il significato del verbo mangiare, trasformandolo da attivo in passivo per molti cittadini della Terra. Il cibo è diventato ambiguo come Dottor Jekyll e Mister Hyde, ed essendo un elemento complesso ha molte ”doppie” personalità che riguardano tanto le sue caratteristiche quanto il modo in cui è percepito dai più. Doppiezze che in realtà ci parlano di insostenibilità». Il paradosso del cibo che ci mangia è il fil rouge su cui è costruito questo libro, dove si raccontano per la prima volta la storia e i valori di Terra Madre. I dati sono eccezionali e impressionanti, per una iniziativa nata quasi dal nulla soltanto cinque anni or sono. Alla terza edizione, tenuta nell’ottobre dell’anno scorso al Palaolimpico di Torino, hanno partecipato 7000 delegati (con 3000 giovani) provenienti da 153 paesi del mondo, in rappresentanza di 1600 comunità del cibo. Tutto questo perché un giorno, alla fine del 2003, Petrini disse ai suoi più stretti collaboratori: «Dobbiamo organizzare un grande meeting tra contadini di piccola scala, semplici lavoratori della terra provenienti da ogni angolo del globo». Quindi precisò che voleva veri contadini che si sporcano le mani: «Voglio che tutti siano rappresentati, da quelli europei e nordamericani, fino a quelli che vivono nei più sperduti villaggi africani o sudamericani e non si sono mai allontanati dai loro campi: l’importante è che li accomuni il lavoro per la biodiversità». La difesa della biodiversità è il cuore pulsante di Terra Madre. In apparenza è la sfida di Davide a Golia, se si pensa alla potenza dell’industria alimentare mondiale e delle catene della grande distribuzione. Una lotta impari. Ma, come nella leggenda biblica, anche nel mondo globalizzato hanno vinto il coraggio, la tenacia, l’intraprendenza delle comunità del cibo, i Presidî creati da Petrini per difendere la genuinità di antichi alimenti. Come le donne Himraguen che in Mauritania si battono per salvare la bottarga di muggine. O l’Association Congolaise des Jeunes Cuisiniers che cura piatti tipici per salvaguardare il liboké o il maboké. Ma un caso esemplare è anche una comunità del Baden Württenberg che coltiva varietà molto tradizionali e quasi dimenticate di pere, prugne, mele e ciliegie, ne trae un eccellente spumante tradizionale, e in più difende un incantato paesaggio di alberi da frutta. Che cos’è allora Terra Madre? « un soggetto politico», risponde Petrini. Ma nel senso più ampio del termine. Perché questo soggetto politico «esprime una poetica e un’estetica che sono la celebrazione dell’umanità». E infatti il libro non si stanca di ripetere che Terra Madre è una realtà olistica, cioè è un insieme, non un singolo, non un individuo. Il suo modo d’essere è la comunità, che s’allarga a tutti i gruppi sociali aggregati attorno al mondo contadino: pescatori, artigiani, nomadi, cuochi o musicisti tradizionali. Perciò è fatta non solo di colture e cibi ma anche di socialità e convivialità. Terra Madre, che prende il suo nome dalla Pachamama venerata dagli indios sudamericani, è una rete che opera nei posti più disparati, «fatta di gente reale che lavora con il cibo e per il cibo». Ed è un progetto: di passi lenti, ma ben pensati, paradossalmente in due direzioni opposte, locale e globale. «In barba a chi vuole che i fautori dell’economia locale vadano bollati come ”no global”. Noi di Terra Madre siamo più ”global” di tutti». Il primo appuntamento, in questa marcia, è vicinissimo: il 10 dicembre tutto il mondo celebrerà con eventi grandi e piccoli il Terra Madre Day.