
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’età in cui le impiegate dello Stato vanno in pensione sarà innalzata a partire probabilmente già da quest’anno. una notizia ufficiale. Il Dipartimento per le Politiche comunitarie ha scritto a Bruxelles comunicando che l’Italia si inchinerà alla sentenza della Corte di Giustizia del Lussemburgo che ci condannava per la disparità di trattamento riservata, tra gli statali, agli uomini e alle donne.
• Ne abbiamo già parlato un mese fa.
Sì. Allora Brunetta se ne uscì con l’annuncio che voleva fare questa cosa e fummo costretti a sopportare la solita pioggia di dichiarazioni sindacali e di indignazioni pseudofemministe che non tenevano assolutamente conto del fatto che dovevamo sottostare a una sentenza europea. E che, se l’avessimo ignorata, ci sarebbe stata comminata una multa di una decina di milioni di euro per il passato e una sanzione compresa tra i 12 mila e i 700 mila euro per ogni giorno di mancato adeguamento. Si trattava di briscole non da poco: un solo mese di ritardo ci sarebbe potuto costare poco più di 20 milioni.
• Basterà dire che ci metteremo a posto per fermare tutto?
Sì, la Grecia e l’Austria, che avevano problemi simili al nostro, allineeranno uomini e donne entro il 2020. Si accosteranno a quel risultato a piccoli passi, anno per anno. Noi dovremmo senz’altro aver portato tutti a 62 anni entro il 2012. Quando dico “tutti” intendo i dipendenti pubblici.
• E i privati niente?
Si dovranno adeguare per forza anche i privati, altrimenti i nostri tribunali dovranno sopportare parecchie migliaia di cause. Ieri nessuno ha parlato, tranne la Lanzillotta, ministro ombra del Pd per la pubblica amministrazione. Ha ribadito la sua posizione: favorevole all’innalzamento dell’eta pensionabile delle donne purché si utilizzino i soldi risparmiati in favore delle stesse donne (asili nido eccetera). Brunetta ha messo in piedi una commissione per studiare quale sia la via migliore da seguire. Ne fanno parte: Fiorella Kostoris, Filippo Patroni Griffi, Mariella Cozzolino e Giuliano Cazzola. Ieri la Kostoris ha spiegato al Sole 24 Ore che uomini e donne tendono naturalmente ad andare in pensione insieme: nel 2007 l’età media dei nuovi pensionati è stata di 61 anni e delle pensionate 59,8. Nel 2006 i due gruppi erano ancora più vicini: 60,5 e 60. Bisogna considerare che il sistema italiano è complicato dalla presenza delle pensioni cosiddette di anzianità, rendite cioè che si riscuotono prima dell’età canonica purché si sia raggiunto un certo tetto di contributi. Tutto chiaro?
• Qualche esempio?
E’ quel comparto micidiale su cui si esercitò prima Maroni, con il famoso “scalone”, e poi il duo Prodi-Damiano, che abolì lo scalone e introdusse gli scalini. Insomma, uno con 35 anni di contributi poteva andare in pensione anche a 58 anni. Per porre fine a questo privilegio (il 58enne del caso infatti pigliava la pensione ma continuava spesso a lavorare in nero), si stabilì di innalzare l’età in cui si poteva godere della pensione d’anzianità. La riforma Maroni lo faceva bruscamente, la riforma Prodi-Damiano – in vigore adesso – lo fa gradualmente. Questa gradualità però è costosa: almeno 10 miliardi di euro, da spendere tutti nei primi anni e da recuperare molto dopo. Beh, Giuliano Cazzola, che fa parte della commissione di Brunetta, sostiene che basterà innalzare l’età pensionabile delle donne per recuperare 7,5 miliardi.
• I sindacati staranno zitti?
Ieri non hanno detto niente. La discussione adesso è su che via seguire per arrivare a un risultato talmente noto che lo avevamo preannunciato noi stessi un mese fa: rendere l’andata in pensione per tutti – uomini, donne, pubblico, privato – una scelta flessibile del periodo 62-67 anni (si può andare o non andare, a scelta). Mandare invece tutti a riposare, obbligatoriamente, al 67esimo anno. Questo tenendo ferma la situazione attuale. Perché poi, fortunatamente, la vita continua ad allungarsi e ogni paio d’anni questi calcoli – sull’età e sul resto – vanno rifati da capo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/1/2009]
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