Giuseppe Salvaggiulo, La stampa 14/1/2009, 14 gennaio 2009
GLI ATEI IN MARCIA SU ROMA
Se telefoni all’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti che ha importato in Italia l’idea dei bus con le scritte «Dio non esiste», risponde Giorgio Villella dalla sua casa di Padova. L’associazione non ha nemmeno una sede, le riunioni si fanno con Skype. «Sono davanti al computer e continuano ad arrivare nuove iscrizioni: dieci, quindici ogni ora. E centinaia di sottoscrizioni: in mezza giornata oltre 4 mila euro. Soldi che ci serviranno per estendere la campagna dei bus atei in tutta Italia. D’altronde volevamo cominciare da Roma e Milano, ma costava troppo, 40 mila euro, così abbiamo ripiegato su Genova, 6 mila. Ma ora passeremo ad altre città. E se raccoglieremo soldi a sufficienza, toccherà anche alla capitale».
Villella era un editore di testi universitari, poi ha venduto «per dedicarmi a tempo pieno all’associazione», di cui è stato segretario fino a un anno fa. «Una specie di deus ex machina, sempre che la definizione non lo offenda», scherza Piergiorgio Odifreddi, presidente onorario dell’Uaar con Margherita Hack, Danilo Mainardi e Sergio Staino. Proprio da quel computer, un mese fa Villella lanciò con una e-mail la proposta di far circolare anche in Italia i bus atei. All’inizio l’idea suscitò reazioni tiepide negli altri dirigenti. «Poi ci siamo decisi, abbiamo discusso a lungo sullo slogan e siamo partiti». Ora il manipolo di atei si gode il successo della campagna lanciata sul sito www.uaar.it e prepara la fase due.
Il cuore di questa associazione è a Padova. Lì nacque nel dicembre 1986. A fondarla tre amici: due docenti universitari, un’insegnante di scuola media. Racconta il genetista Rodolfo Costa: «Ci vedevamo dopo il lavoro, mangiavamo un boccone». E proprio davanti a una pizza, dopo l’ennesima conversazione su Stato, Chiesa, concordato, otto per mille e ora di religione, spuntò l’idea di un’associazione. «All’inizio eravamo in pochi, per lo più docenti universitari, l’Associazione partigiani ci ospitava per le riunioni».
I primi anni una quarantina di iscritti, nel 1999 erano 250, adesso 3 mila in gran parte del Centro-Nord e socialmente trasversali. «Ecco gli ultimi arrivati: ristoratore di Ascoli Piceno, 31 anni; strategic planner di Milano, 32; giornalista di Roma, 42; commercialista di Genova, 69; ragioniere di Venezia, 52». Nel corso della conversazione, arriveranno anche un biologo emiliano, un tecnico audio lombardo e il portaborse di un politico piemontese. Pagano una tessera annuale di 25 euro, scontata di 8 euro per disoccupati, studenti e pensionati. Chi vuole, dona di più. Il recordman è un bancario in pensione che ogni anno versa 800 euro ma non si è mai fatto vedere. Un volto noto della Rai, contattato per far parte dei comitato di presidenza, ha declinato l’invito a malincuore temendo ritorsioni in azienda.
«Un tempo eravamo tanti anziani e poche donne, ora tanti giovani e un 20% di donne», racconta Villella. Merito di Internet. Il sito supera i 10 mila utenti unici giornalieri, «più di quelli della Chiesa», s’inorgoglisce, che però precisa: «Non siamo anticlericali, non vogliamo convincere nessuno a cambiare religione, ci battiamo solo per uno Stato laico».
L’anima dell’Uaar è stato a lungo il biochimico Martino Rizzotti (c’era anche lui quella sera in pizzeria), morto qualche anno fa. Villella è stato il suo successore alla segreteria. «Niente sedi, uffici, segretari, andavo io all’ufficio postale a spedire le raccomandate». Ora l’associazione è a una svolta: presto avrà anche una sede a Roma, tre stanze nel quartiere Ostiense con un impiegato part-time. In tutta Italia ci sono 39 circoli locali, che si costituiscono «dove c’è un gruppo di soci che vuol darsi da fare».
Nata in ambienti di sinistra, l’Uaar si è sempre tenuta distante dai partiti. «Mai un dirigente candidato alle elezioni, solo qualche socio nelle liste radicali in elezioni locali», spiegano. Ogni tre anni si celebra un congresso nazionale e si lanciano le campagne. «Scrocifiggiamo l’Italia», per togliere il simbolo cristiano da scuole e tribunali, ha prodotto una battaglia giudiziaria arrivata fino alla Corte di giustizia europea. Qualche anno fa è stato importato dall’Inghilterra il Darwin Day, che si celebra ogni anno in tutta Italia come «Il giorno dello sbattezzo», in cui un migliaio di persone rinuncia pubblicamente al sacramento. Raffaele Carcano, attuale segretario dell’associazione, ne ha tratto un libro significativamente intitolato «Uscire dal gregge».
Ora il boom con i bus. E se ve li bloccano? «Meglio, ci rivolgeremo ancora all’Europa. In nome della par condicio. Ma come: il Papa può dire che Dio esiste, e noi non possiamo dire che non esiste?».