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 2009  gennaio 14 Mercoledì calendario

IL GAS DELL’EUROPA SI FERMA A KIEV


Ormai sembra una crisi senza fine. «Non sappiamo più cosa fare», ripete Aleksandr Medevedev, vicepresidente di Gazprom. Dell’accordo raggiunto faticosamente con l’Ucraina lunedì, che avrebbe dovuto consentire la ripresa dei flussi verso l’Europa, non è rimasto che qualche sbuffo di gas che ieri non ha nemmeno raggiunto la fine del tubo. Oggi Gazprom vuole riprovarci, promette di immettere nel sistema di transito 100 milioni di metri cubi, lo stesso volume che avrebbe voluto esportare ieri. Ma nello stesso tempo, il monopolio mette le mani avanti con i clienti europei: «Abbiamo notificato alla Commissione Ue la possibilità di dover dichiarare force majeure», spiega Medvedev ai giornalisti. la clausola contrattuale che libera il fornitore da ogni obbligo in caso di circostanze fuori dal suo controllo.
Ma a che punto del viaggio, ieri mattina, si sono fermate le speranze? Gli osservatori europei non sono ancora in grado di dare una risposta. Alle 10 in punto (le 8 per l’Europa centrale), come da accordi, dalla sala di comando di Gazprom è partito l’ordine diretto alla centrale di Sudzha, confine russo-ucraino. Le tv russe trasmettono la scena, ma i giornali sono scettici: «Mosca e Kiev hanno accesso la pipa della pace - titola Kommersant, giocando sul fatto che il russo usa la stessa parola per dire "pipa" e "tubo" - ma entrambe si preparano alla guerra». Il gas è diretto ai Balcani, la regione più colpita dal blocco delle forniture. Lo aspettano dopo circa 36 ore, ma non arriverà mai.
«Da non credere - si stupisce Medvedev - non hanno neanche aperto il sistema». La versione di Mosca è che Kiev avrebbe manovrato per far defluire il gas russo nelle linee locali; gli ucraini sostengono che per boicottare l’accordo, Gazprom ha immesso una quantità di gas insufficiente a produrre la pressione necessaria a proseguire lungo i 1.500 chilometri del percorso. «L’apertura dei rubinetti - protesta Valentyn Zemlyanskyi, portavoce della compagnia energetica ucraina Naftogaz - è stato un gesto provocatorio e tecnicamente scorretto».
Anche José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, ha sollevato con il premier russo Vladimir Putin il problema di quei 76 milioni di metri cubi che, testimoniano gli osservatori europei, muovevano appena i rilevatori. La Russia sostiene che era opportuno riprendere gradualmente, ma che tutto è stato inutile: «Non abbiamo avuto fin dall’inizio la possibilità fisica di mandare il gas», non si stanca di ripetere Medvedev.
Come era prevedibile, lo scontro riguarda il gas che deve alimentare il sistema di pompaggio, un gas senza padrone che nessuno vuole pagare. Ma è solo una delle questioni irrisolte che non permettono a questa crisi di guarire. L’Unione europea, preoccupata per i Paesi dell’Est, dove la mancanza di gas sta diventando emergenza nazionale, vuole partecipare ai negoziati sui prezzi che l’Ucraina dovrà accettare per il 2009, il vero nodo che impedisce alla crisi di sbrogliarsi e che la crisi stessa, prolungandosi e incattivendosi, rende più difficile sciogliere.
Medvedev ha introdotto un altro elemento di polemica, sostenendo che quando gli ucraini hanno abbandonato le trattative, a fine anno, «danzavano a una musica orchestrata altrove». Negli Stati Uniti, chiarisce. Medvedev si limita ad accennare a un accordo bilaterale stretto tra Washington e Kiev il 19 dicembre per modernizzare l’industria energetica ucraina e ridurne la dipendenza dall’energia nucleare importata dall’estero. Certamente un’intesa che irrita moltissimo il Cremlino: ma ieri sera il dipartimento di Stato americano ha definito «bizzarre» e «senza fondamento» le illazioni di Medvedev.
A Kiev, del resto, la crisi sta facendo il gioco dei politici più vicini a Mosca. Primo tra tutti Viktor Yanukovich, leader del Partito delle Regioni: secondo un sondaggio vincerebbe le elezioni con il 30,3% dei voti, seguito dal primo ministro, Yulia Tymoshenko, con il 16,7 per cento. Ultimo, staccatissimo al 2,9%, il presidente Viktor Yushchenko, anni luce dalla popolarità dei tempi della Rivoluzione arancione. Contro di lui, Yanukovich vorrebbe avviare una procedura di impeachment, costringendolo alle dimissioni per la gestione della crisi del gas: «Le sfortune e i problemi dell’Ucraina si fanno più grandi ogni giorno - ha attaccato ieri il leader dell’opposizione - mentre le autorità incompetenti, litigiose e irresponsabili restano le stesse. Spero che questo sia l’ultimo inverno arancione per noi - si è augurato Yanukovich - ma dobbiamo ancora superarlo».