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 2009  gennaio 14 Mercoledì calendario

LA SECONDARIA NON PUO’ PIU’ ASPETTARE


Per i giovani italiani è tempo di scelte. Hanno poco più di un mese e mezzo, sino alla fine di febbraio (grazie al prolungamento di un mese rispetto al termine abituale di fine gennaio), per iscriversi alla scuola secondaria superiore. Il 93% dei giovani, conseguita la licenza media, prosegue gli studi: una percentuale ormai in linea con quelle dei Paesi più avanzati. La decisione va meditata, perché da essa dipende in larga misura il proprio futuro. L’interesse e la vocazione restano il miglior criterio, al di là di generiche considerazioni di prestigio.
Se le preferenze dei giovani non subiranno modificazioni rispetto all’anno scolastico in corso, gli studenti si distribuiranno così: 10,8% al liceo classico, 23,1% al liceo scientifico, 7,8% tra scuole e istituti magistrali, 3,6% nei licei artistici e istituti d’arte, 33,6% negli istituti tecnici e 21% nei professionali. Prevale l’area scientifico-tecnologica (44%), che unita ai professionali sfiora il 78 per cento.
Assai significative sono le differenze regionali. Nelle regioni centro-meridionali è maggiore la percentuale degli iscritti al liceo classico. Il record dei liceali spetta al Lazio: 42,5%, per il 16,1% al classico e per il 26,4% allo scientifico (gli istituti tecnici scendono al 29,3%). Nelle Marche il 14,5% del classico tallona il 20,6% dello scientifico. Anche in Umbria il classico è assai frequentato (13,9%). Gli istituti tecnici continuano a essere preferiti nel triangolo industriale, in Piemonte (35,1%), Lombardia (38,9%) e Veneto (37,3%); ma anche in Emilia Romagna (36,6%) e nel Molise (37,2%).
La mappa degli istituti secondari riflette in modo fedele la struttura produttiva del Paese. Sulle scelte però incidono anche le aspettative dei giovani e delle famiglie e, naturalmente, le informazioni ricevute dalle scuole. In un periodo di progetti di riforma modificati di continuo, senza peraltro essere effettivamente realizzati, c’è il concreto rischio che si diffondano equivoci. Gli stessi insegnanti, per non dire i capi d’istituto, seguono con difficoltà le continue correzioni di rotta e finiscono per dare alle famiglie suggerimenti basati più sulle loro impressioni che su dati oggettivi.
A che punto ci troviamo oggi, dopo due progetti di riforma della scuola secondaria superiore approvati in ogni dettaglio e poi finiti nel nulla? Nel primo, il ministro della Pubblica istruzione del Governo Prodi, Luigi Berlinguer (di cui si veda, qui sotto, l’intervento sul liceo scientifico), si proponeva, con un sistema assai complicato, di far concludere la secondaria un anno prima, a 18 anni. Nel secondo Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione nel Governo Berlusconi, si era proposta di chiamare «licei» tutti gli istituti secondari, ampliando lo spazio delle materie "umanistiche", compresa la filosofia, e togliendone alle materie di laboratorio; ma poi aveva corretto il tiro. L’attuale ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, dopo essere intervenuta con decisione sulla scuola primaria e sull’università, si è data un anno di tempo per varare la riforma della secondaria superiore.
L’Italia l’attende da più di quarant’anni: da quando, nel 1963, entrò in vigore la legge che, sopprimendo l’«avviamento al lavoro» come opzione da scegliere subito dopo la licenza elementare, creava la scuola media unica, portando l’obbligo scolastico a 14 anni. Da allora non c’è stato Governo che non si sia posto l’obiettivo di ridisegnare la secondaria. E, mentre la scuola restava immobile, la società cambiava fino a diventare irriconoscibile vista con gli occhi degli anni 60.
In realtà, struttura e curricoli della nostra secondaria superiore hanno ormai un secolo di vita. Divennero legge nel 1925, quando il filosofo Giovanni Gentile era ministro del Governo Mussolini; ma le idee ispiratrici della riforma si formarono nel grande dibattito sulla scuola dei primi del 900, al quale parteciparono da un lato i giovani filosofi idealisti, Benedetto Croce e Gentile, in dura polemica con la cultura positivistica che aveva dominato i primi decenni dell’Italia unita, dall’altro i migliori pedagogisti del campo democratico e socialista riformista.
La superiorità della cultura umanistica su quella scientifica era a quel tempo una convinzione largamente condivisa. Non è dunque strano che per la formazione della classe dirigente Croce e Gentile pensassero a un liceo duramente selettivo, basato su uno studio rigoroso e approfondito delle lingue classiche. Di quella profondità nei nostri licei non c’è più traccia. Il 39% degli allievi dei licei classici e scientifici si presenta all’esame di Stato con un «debito» in latino. Nel frattempo l’istituzione nata per selezionare la classe dirigente si è trasformata in scuola di massa. Il fine è totalmente cambiato, il mezzo è rimasto identico, o quasi, a se stesso.
Il progetto educativo dell’idealismo non è più adeguato ai tempi ma conserva due importantissime qualità: solidità e coerenza. Il nostro ceto politico si è rivelato incapace di contrapporgli un progetto altrettanto solido e coerente, ma più moderno. Vi sono state solo innovazioni parziali, introdotte con la formula della «sperimentazione». Si è attenuata l’assoluta rigidità dei curricoli, consentendo alle scuole d’introdurre insegnamenti opzionali come l’informatica, o di accrescere le ore di lezione delle lingue moderne o delle materie scientifiche. Ma, nonostante gli sforzi profusi in questa direzione, i risultati eccellenti conseguiti da molte scuole non possono sostituire una riforma organica uguale per tutti. Intanto gli altri Paesi industriali hanno portato a termine non una ma parecchie riforme. La stessa autonomia degli istituti, che avrebbe dovuto in primo luogo favorire l’innovazione, è stata sfruttata solo in minima parte a questo scopo.
Alla sfida del rigore e della modernizzazione non si trovano oggi di fronte solo il ministro Gelmini e il Governo di centro-destra ma tutti noi, perché il Paese ne ha urgente bisogno. La riforma è stata promessa per l’anno scolastico 2010-2011. Dopo 40 anni di attesa uno in più non fa differenza. Mettiamo da parte i nostri preconcetti e usiamolo bene.
Merito, selezione e aspettative
39%
Gli allievi dei licei con debiti in latino
Sono gli studenti del liceo scientifico e classico che si presentano all’esame di Stato (ex Maturità) con un debito in latino. Il 9% degli allievi del liceo classico si presenta alla maturità con un debito in italiano
15-20%
Le ore decise dagli istituti in autonomia
A partire dal 2000 le scuole possono decidere in autonomia rispetto ai programmi ministeriali la destinazione delle lezioni