da numero zero di Voce Arancio, 14/01/2009, 14 gennaio 2009
QUANTO HA PAGATO LA JUVE
Due scudetti persi, un anno in serie B, Ibrahimovic all’Inter. Il conto economico dello scandalo Calciopoli
«Dovrebbe chiedere una cifra enorme, perché neppure 100 milioni di euro a cui si può far ammontare il danno materiale potrebbero bastare a risarcire una società che, famosa in tutto il mondo, è stata esposta al pubblico ludibrio a livello globale. L’aver intaccato l’onorabilità e l’immagine della Juventus, quello è un danno incalcolabile. E poi le conseguenze prettamente sportive… Forse ora non ce ne rendiamo completamente conto perché la dirigenza è stata abilissima nel riportare in tempi brevi la Juventus ad alti livelli. Ma per capire il concetto potrebbe valere una sola immagine: Ibrahimovic con la maglia dell’Inter. Non so se mi spiego…».
Sono parole dell’avvocato Maurizio Paniz, deputato del Pdl e presidente dello Juventus club di Montecitorio, pronunciate dopo che l’assoluzione dell’ex direttore generale bianconero Luciano Moggi dall’accusa di associazione a delinquere nel primo grado del processo Gea (dove è stata condannato a un anno e mezzo per violenza privata) ha ridato fiato ai tifosi che vorrebbero una completa riabilitazione da completare con la restituzione degli scudetti 2005 e 2006.
La Juventus è la società di calcio italiana che ha vinto più scudetti: 27.
I tifosi delle squadre avversarie insinuano da sempre che questo primato è dovuto allo strapotere della famiglia Agnelli (l’espressione ”sudditanza psicologica”, spesso tirata in ballo per spiegare certe decisioni arbitrali, fu però coniata negli anni 60 per l’Inter di Moratti padre).
Senza andare troppo in là con gli anni, i tifosi della Roma pensano che nel 1981 furono derubati del titolo: nel decisivo scontro diretto di Torino (0-0), il gol del giallorosso Turone fu annullato per un inesistente fuorigioco. Nel 1982 la Juventus precedette di un solo punto la Fiorentina, decisivo un rigore assegnato ai bianconeri all’ultima giornata (1-0 a Catanzaro mentre i viola erano bloccati sullo 0 a 0 dal Cagliari). I sospetti di quanti consideravano poco limpidi i successi sul campo della società torinese furono incrementati dal fatto che per ottenere il primo successo in Coppa dei Campioni (praticamente il titolo europeo) i bianconeri dovettero attendere il 1985, con la tragica notte dell’Heysel ed un altro rigore inesistente forse concesso per rendere un qualche tipo di giustizia ai tifosi uccisi dalla furia degli hooligans inglesi (la finale di Bruxelles vedeva come avversario il Liverpool).
Secondo i tifosi delle altre squadre, una tale discrepanza fra i risultati in Italia e all’estero poteva essere spiegata solo dal fattore arbitrale.
Dopo anni di sconfitte in campionato (ultimo titolo nel 1986), nel 1994 la Juventus si affidò a quella che sarebbe passata alla storia come ”la Triade”: il manager Antonio Giraudo si occupò del risanamento del bilancio, l’ex calciatore Roberto Bettega e il direttore sportivo Luciano Moggi furono incaricati di ricostruire la squadra.
Il primo scudetto arrivò subito, nel 1995, senza clamorose polemiche; il titolo del 1997 fu accompagnato dai malumori del Parma; quello del 1998 fu travolto dall’ira degli interisti, che si sentirono derubati per un rigore negato al brasiliano Ronaldo nello scontro diretto di Torino (1-0 per la Juve), dopo che già molte decisioni avevano fatto gridare allo scandalo (soprattutto un paio di gol negati a Udinese e Empoli con la palla abbondantemente oltre la linea di porta). Nel 2000 le polemiche dei laziali, infuriati per l’inspiegabile annullamento di un gol del parmigiano Cannavaro contro la Juve alla penultima giornata, furono placate solo dall’inaspettato epilogo, con i bianconeri battuti nell’acquitrinio di Perugia (arbitro Collina) e sorpassati in extremis dalla squadra della capitale.
Le polemiche e i sospetti, indirizzati soprattutto verso Moggi, raggiunsero il culmine nel 2006, con la Juventus avviata alla conquista del quarto scudetto in cinque anni (e i favori arbitrali che continuavano a ripetersi).
Nella primavera 2006 la pubblicazione sui giornali delle intercettazioni di telefonate disposte nell’ambito di alcune indagini penali, sembrarono dare corpo ai sospetti covati da anni rivelando l’esistenza di una ”Calciopoli” (’Moggiopoli”) dominata dal direttore generale bianconero che con minacce e favori avrebbe controllato sia i calciatori (attraverso l’agenzia Gea, presieduta dal figlio Alessandro) che gli arbitri.
Dopo un processo durato appena 12 giorni (14-25 luglio), la Juventus fu spedita in B e privata degli scudetti 2005 (revocato) e 2006 (assegnato all’Inter).
La sentenza penale dello scorso 8 gennaio, con l’assoluzione di Luciano Moggi dall’accusa di associazione a delinquere (per illecita concorrenza) nel processo Gea, apre adesso nuovi scenari: se il processo in programma dal 20 gennaio a Napoli dovesse concludersi tra qualche anno (3? 5?) con un’altra assoluzione dall’accusa di associazione a delinquere (per frode sportiva, sul banco degli imputati anche gli ex designatori arbitrali e alcuni direttori di gara) i tifosi juventini potrebbero spingere la società a chiedere la restituzione di quanto tolto tre anni fa.
Il collegamento tra la giustizia sportiva e quella penale non è secondo la maggioranza degli esperti automatico.
Piero Sandulli, giudice di secondo grado del processo che condannò la Juve alla B, ha spiegato che «andare in giro senza cravatta per il centro di Roma non è reato; andare in giro senza cravatta in un circolo del golf in cui l’obbligo della cravatta è prescritto dal regolamento può portare all’espulsione dal circolo». Mario Sconcerti, tra i più importanti opinionisti d’Italia quando si parla di calcio, ha spiegato che regalare agli arbitri tessere telefoniche per poter parlare senza essere intercettati ha rilevanza penale zero ma rilevanza sportiva massima.
Resta il fatto che la condanna della Juve si basò sui materiali provenienti dalle indagini penali e che se questi si mostrassero insufficienti per una condanna in quella sede, la società torinese avrebbe molte difficoltà a respingere le richieste dei tifosi.
Pur di farsi restituire se non proprio l’onore quantomeno gli scudetti, la Juventus potrebbe minacciare il ricorso ad un’azione di risarcimento danni.
La stessa tecnica fu usata nel 2006, quando la società torinese minacciò il ricorso al Tar dicendosi pronta a chiedere 130 milioni (il 60% del volume d’affari) di danni in caso di retrocessione in B. Il calcolo partiva dai mancati introiti per la partecipazione alla Champions League (stima di 44 milioni per due anni) e dai tagli dei contratti di sponsorizzazione: la libica Tamoil cancellò un contratto decennale da 230 milioni; Nike, che aveva firmato per 155 milioni in 12 anni, ottenne uno sconto a 5 milioni per la stagione trascorsa in B.
I danni derivavano anche dalla perdite causate dalla frettolosa cessione sul mercato di campioni come Cannavaro ed Emerson (al Real Madrid), Zambrotta e Thuram (al Barcellona), Ibrahimovic e Vieira (all’Inter), Mutu (alla Fiorentina): senza la minaccia della condanna sportiva, la Juventus avrebbe potuto (eventualmente) cederli a prezzi migliori.
Nel 2006 la Juventus ritirò il ricorso al Tar, probabilmente dopo essersi assicurata che le successive sentenze della giustizia sportiva avrebbero ridotto i punti di penalizzazione con cui affrontare il campionato di B (evento puntualmente verificatosi).
Non è escluso che in futuro possa ripetersi la stessa operazione: per assurdo dovrebbe essere più facile ottenere la restituzione del titolo 2005 (quello direttamente interessato dalle intercettazioni), la cui riga nell’albo d’oro è rimasta vuota, che di quello 2006, immune da macchie (almeno per quanto riguarda le intercettazioni) ma finito nel frattempo nella bacheca interista.