da Gianluca Ferraris, Economy 14/01/2009, 14 gennaio 2009
L’INDUSTRIA DEL GIOCO IN ITALIA
Nel 2008 oltre 35 milioni di italiani, cioè quattro adulti su cinque, hanno partecipato almeno una volta a giochi, scommesse e lotterie (studio Eurispes). Sono stati spesi in questo modo 46,61 miliardi di euro. Il gioco è diventato così la quarta industria nazionale, la prima per ritmi di crescita: rispetto al 2007, quando il fatturato era stato di 42 miliardi, c’è stato un aumento dell’11%.
La maggiore attrazione per i giocatori sono state le slot machine, con un giro d’affari di 20,7 miliardi (il 45% della raccolta totale), seguite dal Gratta & Vinci, con un fatturato di 9 miliardi (20% del totale). In crisi Totocalcio, Totip e lotterie classiche. Anche il Lotto ha raccolto 200 milioni di puntate in meno quest’anno. L’aumento più clamoroso è stato quello delle scommesse sportive con un incremento del 53% e 4 miliardi di fatturato. Il 90% di queste puntate (ippica esclusa) sono state sul calcio. Molto bene l’ultimo arrivato, il pocker on-line, con 230 milioni raccolti in quattro mesi.
Questo trend positivo è stato reso possibile dalle aperture di mercato che Aams (Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato) e il ministero dell’Economia hanno portato avanti negli anni Novanta, permettendo l’ingresso dei privati e riducendo il gioco nero. Il resto lo ha fatto il decreto Bersani (gennaio 2007), con cui furono messe a gara 16.800 nuove licenze per punti scommessa di sport e ippica.
L’erario nel 2008 ha incassato così quasi 8 miliardi, più del doppio di quanto è stato perso con l’abolizione dell’Ici e il quadruplo di quanto spenderà il Tesoro nel 2009 per social card e assegni di indigenza.
Adesso però gli operatori invocano la liberalizzazione dei palinsesti, la possibilità cioè di scommettere su qualsiasi argomento, non solo su avvenimenti sportivi, come succede in Inghilterra.