
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Cominciamo da questa dichiarazione del ministro dell’Economia Padoan: «Temo conseguenze del caso Volkswagen che mi auguro limitate, a catena ci potrebbero essere effetti sull’industria italiana che non ha colpa. Siamo in attesa dei dati del ministero dei Trasporti tedesco, che dovrebbero iniziare ad arrivare la prossima settimana, anche sui diversi modelli di auto coinvolti. Il quadro pare si stia allargando anche a modelli di cilindrata più bassa».
• Industria italiana? Di che stiamo parlando?
L’indotto Volkswagen in Italia è pari a un miliardo e mezzo. L’allarme era stato lanciato già venerdì scorso. Aveva risposto il ministro Poletti (Lavoro), sostenendo che non si tratta veramente di un indotto Volkswagen, quanto dell’indotto di tutto il settore delle auto straniere, di cui Volkswagen è una parte importante. «Se dovessimo non lavorar più per Volkswagen, lavoreremo per qualcun altro». Insomma, non la vedeva così nera. Padoan deve avere altre notizie.
• Fiat?
C’è uno studio dell’International Council on Clean Transportation (Icct), una di quelle istituzioni che hanno contribuito a smascherare Volkswagen, da cui risulta che Fiat s’è comportata bene. Per il resto, lo studio mostra che i valori dell’aria su strada, nell’Unione europea, sono del 40% più alti di quelli che risultano ai test di laboratorio. E i valori europei sono molto più accomodanti di quelli americani, dato che in Europa i tedeschi hanno imposto (e sottolineo: imposto) soglie di tolleranza compatibili prima di tutto con il business. E per forza: Volkswagen aveva puntato sul diesel! La cosa è conclamata, e dimostra ancora una volta che non la politica regola l’industria - come si vuol far credere e come sarebbe bello - ma, tutto al contrario, è l’industria, casomai affiancata dall’alta finanza, che regola la politica. E l’automobile, per i tedeschi, vale trecento miliardi di euro di esportazioni, 600 mila dipendenti diretti e parecchi milioni di dipendenti indiretti, considerando l’indotto. Quando dico “dipendenti”, dico pure “elettori“. Quando dico “industria tedesca”, intendo anche “ideologia dell’industria tedesca” con quel che segue, che non è l’austerità, ma il mito della credibilità, dell’affidabilità, della serietà, del rigore e chi più ne ha, di queste belle parole, più ne metta. Ma stia a sentire.
• Sentiamo.
Il Financial Times ieri ha ricostruito perfettamente la storia del «tutti sapevano da un pezzo» di cui abbiamo parlato anche noi. Nel 2013 un rapporto del Joint Research Center informò i vertici comunitari che ai test per le emissioni quelli della Volkswagen si presentavano con le centraline taroccate. Il Joint eccetera consigliava: fate i test su strada, e vedrete! I vertici della Ue, sordi. Ora come potremmo regolarci con i vertici della Ue, i quali adesso tuonano che si devono fare i test su strada, e i valori, e l’inquinamento, e tutto l’armamentario della loro ipocrisia, come potremmo regolarci per fargliela pagare? Beh, caro amico, non abbiamo nessun mezzo per fargliela pagare. A meno che non crediamo in Guariniello, che si è affrettato ad aprire un fascicolo. Lei crede in Guariniello?
• Preferisco non rispondere. E le domando. Ma questo inquinamento prodotto dai diesel è poi così tremendo come si dice? Perché a un certo punto m’è pure venuto il dubbio che la mania ambientalista ci abbia fatto perdere un po’la testa.
Ieri Greenpeace ha organizzato una manifestazione davanti alla sede della Volkswagen di Wolfsburg. Sul video ho contato sette manifestanti, però tutti e sette con la casacca verde. Alzavano dei Pinocchi sovrastati dal cartello Schluss mit Lügen, No more lies, Fini de mentir, eccetera. Quelli che fanno controcampagna nel senso che dice lei sono quelli del Foglio. Renzo Rosati, per esempio, ha scritto l’altro giorno: «Un aereo di linea Milano-New York consuma circa 63 mila litri di cherosene, rilasciando 800 tonnellate di anidride carbonica, considerata la prima causa del (vero o presunto) aumento dei gas serra. I voli commerciali nel mondo sono 65 mila al giorno (15-20 mila gli aerei), pari a 52 milioni di tonnellate di sostanze inquinanti. Le stime sulle centrali convenzionali parlano di 2.500 milioni di tonnellate l’anno di anidride carbonica e zolfo. Ma di cosa stiamo parlando? Altro che diesel». Concetto che Giuliano Ferrara riprende nel suo editoriale di domani, e che abbiamo avuto il privilegio di leggere in anteprima: «Sono stupefatto dell’aria d’importanza che si attribuisce alla scoreggina della marmitta di Wolfsburg [...] il trucchetto del software malandrino non è commendevole, ma il lavoro, i modelli, la Mibestimmung (cioè la cogestione - ndr
), la qualità totale, il valore d’uso di una bella Volkswagen per milioni di uomini e donne, dove mettiamo tutto questo? [...] Per capire che il Diesel va benone, che non è morto nessuno di una sgassata [...] basta ragionare. Sono gli standard fissati ad essere cambiati».
• È vero? Nessuno è morto di una sgassata?
Secondo l’Oms, citata ieri da “Repubblica”, nel 2014 «l’aria malsana ha causato quasi 8 milioni di decessi».
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