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 2015  settembre 28 Lunedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

In Catalogna i partiti indipendentisti stanno vincendo, le due formazioni che vogliono la separazione dalla Spagna e la nascita di un nuovo Stato sono intorno al 48% dei voti, avranno in ogni caso la maggioranza dei seggi e tutta la faccenda si presenta come un guaio per la Spagna e, in definitiva, anche per l’Europa.

Di che elezioni stiamo parlando?
Si tratterebbe di semplici elezioni regionali, quindi risulta strano seguirle con questa apprensione da praticamente tutto il mondo. Però il presidente della Regione, Arturo Mas, le ha caricate di un forte significato politico, sostenendo che, in caso di vittoria dei partiti indipendentisti (questi partiti indipendentisti si chiamano “Junts per Sì” e “Cup”), si sarebbe avviata la procedura per trasformare la Catalogna in uno stato indipendente. La procedura dovrebbe concludersi, secondo lui, nel 2018 o forse addirittura nel 2017. Di che “procedura” si tratti non è chiaro, perché la costituzione spagnola, come quella italiana, proclama che lo Stato è indivisibile, quindi la parola “procedura” non può che nascondere l’idea di una sommossa o, Dio non voglia, di una guerra civile.  

Tentazioni simili in Scozia si sono risolte in modo pacifico, sedendosi intorno a un tavolo, facendo accordi eccetera.
Qui è tutto diverso. Arturo Mas, il cui partito sta a destra, l’anno scorso aveva tentato di organizzare un referendum separatista, tipo quello scozzese. Però in Scozia il referendum era stato indetto da Londra, dunque aveva tutti i crismi. In Catalogna invece si sarebbe fatto per volontà propria e contro il parere di Madrid, che infatti lo proibì dichiarandolo illegale. Mas organizzò lo stesso una consultazione, chiamandola in un altro modo, e vinsero i separatisti, naturalmente. Però, contando che s’erano presentati alle urne due milioni e qualcosa di catalani su una popolazione che supera i sette milioni, in definitiva i separatisti avevano perso, perché s’erano espressi per il divorzio intorno al 35%. Il parlamentino catalano varò allora una Costituzione regionale, che rendeva possibili parecchi passi che avrebbero sancito il distacco dal centro. Senonché il premier spagnolo Mariano Rajoy, di destra pure lui, aveva intanto varato una legge che dava alla Corte costituzionale iberica il potere di bocciare, e quindi cancellare, le norme regionali, e lo Statuto indipendentista catalano venne così cassato quasi per intero. Anche sulle elezioni di ieri, o meglio sulle decisioni che gli eletti di ieri dovessero prendere, la Corte costituzionale potrà intervenire, e pesantemente. Tutto questo dimostra che tra Madrid e Barcellona non si vede al momento alcuna possibilità di dialogo sul tema dell’indipendenza o dell’autonomia. Persino il varo di una riforma federalista sembra tardivo, risulterebbe troppo per i centralisti e troppo poco per i separatisti.  

Madrid e Barcellona... Madrid e Barcellona... Real Madrid e
Barça...
Eh già, eh già, la cosa ha anche risvolti sportivi non da poco. La Liga spagnola ha subito fatto sapere che, in caso di indipendenza, il Barça non giocherebbe più nel campionato iberico. Piqué, che quando non gioca si fa vedere volentieri con i colori giallo e rosso di Catalogna, a quanto pare se ne impipa. Guardiola s’è addirittura candidato e quando gli capita rilascia interviste in catalano. L’aspetto più serio del contrasto tra la periferia e il centro è forse quello linguistico: nonostante varie persecuzioni nel corso dei secoli, il catalano è rimasto ben vivo e anzi nella regione si assiste casomai a un fenomeno inverso, il castigliano è boicottato e represso a favore del catalano. Il catalano, le ricordo, è diffuso fino ad Alghero, non a caso la Sardegna è una regione con pulsioni separatiste piuttosto serie, insieme con il Veneto.  

E l’Europa? Potrebbe la Catalogna restare nella Ue e continuare a far circolare l’euro se diventasse uno Stato a sé?
Le autorità europee hanno già fatto sapere che no, dovrebbe ripresentare domanda e sottoporsi alla solita trafila che spetta a tutti gli Stati desiderosi di entrare (a proposito, si stanno per riaprire i discorsi con la Turchia). Però per la Catalogna sarebbe difficile, perché la Spagna - ha detto Rajoy - metterebbe il veto. Mas risponde che queste sono tutte chiacchiere elettorali e che quando si fosse al dunque gli spalancherebbero le porte.  

La separazione è conveniente?
Per la Spagna si direbbe un guaio: la Catalogna è la regione più forte del Paese, ha un Pil di 200 miliardi (un quinto del Pil spagnolo), una popolazione di 7,5 milioni di abitanti (il 16% della popolazione spagnola), un quarto delle esportazioni, centinaia di chilometri di coste. Ma sembrerebbe un guaio anche per i catalani, dato che la Catalogna, ha un buco di bilancio di 9 miliardi, debiti per 57,6 miliardi e, se uscisse, dovrebbe farsi carico, a occhio, di un duecento miliardi del debito spagnolo (che adesso è superiore ai mille miliardi). Un mezzo disastro. Ma l’indipendenza ha a che fare col cuore e con la passione, e non sarebbe la prima volta che il cuore e la passione hanno la meglio sui miseri conti dei poveri ragionieri. (leggi)

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