Il Messaggero, 28 settembre 2015
Il ghiaccio bollente della Groenlandia. Allarme della Nasa: negli ultimi dieci anni l’isola più grande della Terra ha subito lo scioglimento di 303 miliardidi tonnellate di banchisa per il surriscaldamento globale: si teme per l’innalzamento dei mari. E una zona più fredda dell’Artico crea sconcerto tra gli scienziati: potrebbe significare che la Corrente del Golfo sta rallentando
Nei nomi spesso si nasconde una storia. La Groenlandia, l’isola più grande della Terra, oggi è coperta per tre quarti dal ghiaccio. Ma il suo nome ("Greenland” in inglese, “Grænland” in norvegese medievale e in islandese moderno) significa invece “terra verde”. Gli storici dicono che era una esagerazione anche allora, e che qualche condottiero vichingo lo usava per invogliare i possibili coloni a partire. Una operazione di marketing, insomma. Nel Medioevo, però, il clima era certamente più caldo di oggi. Sugli alti valichi delle Alpi, muli, cavalli, pellegrini e mercanti passavano senza pestare neve. La Groenlandia, almeno un po’, era verde.
Oggi l’isola più grande della Terra è al centro dell’attenzione degli scienziati. A suonare il campanello d’allarme è la NASA, che non si occupa solamente dello spazio. Da anni, con i suoi satelliti e con le sue missioni sul campo, l’ente di ricerca americano segue il ritiro dei ghiacciai della Groenlandia. Con risultati allarmanti.
I DATI
Secondo i dati della NASA, negli ultimi dieci anni l’isola ha perso una media di 303 gigaton di ghiaccio ogni anno (un gigaton è un miliardo di tonnellate), facendo alzare di circa un centimetro il livello di tutti i mari del pianeta. «Quello che ci preoccupa è che la crescita del livello del mare diventa sempre più veloce» spiega Steve Nerem, responsabile del Sea Level Change Team della NASA.
Al contrario dell’Antartide, circondata da oceani gelidi, la Groenlandia è bagnata da acque relativamente temperate, e la cui temperatura sta ulteriormente aumentando. Per questo motivo, i ghiacciai che finiscono in mare si stanno riducendo più rapidamente di quelli lontani dagli oceani. Nell’estate che si è appena conclusa dal ghiacciaio Jakobshavn, il più esteso dell’isola, si sono staccate delle “zolle” lunghe decine di chilometri.
Lo scioglimento dei ghiacci, e quindi l’innalzamento del livello dei mari, non riguardano solo la Groenlandia. I due summit delle Nazioni Unite che si tengono in questi giorni (25-27 settembre) a New York e tra due mesi (30 novembre-2 dicembre) a Parigi hanno al centro proprio questi problemi.
Certo, ammettono ambientalisti e scienziati, il clima della Terra ha sempre oscillato, e le glaciazioni si sono alternate a periodi più caldi. Da due secoli però, la crescita della popolazione, e l’inquinamento causato dall’uomo, influiscono sui fenomeni naturali. La nostra specie ha delle responsabilità importanti. E rischia di essere vittima del riscaldamento globale.
La scoperta di una zona di freddo mediamente più intenso del solito in Artico, all’altezza del Canada, potrebbe significare, secondo alcuni climatologi, che la Corrente del Golfo sta rallentando. Un evento che avrebbe grandissime conseguenze in tutto il Nord Europa. Pensate solo alle Isole Britanniche: l’attuale clima temperato cederebbe il posto a un regime di freddo intenso, come quello norvegese. E ci sarebbero conseguenze anche nel resto del Continente.
IL PASSATO
«Sulla Terra all’inizio dell’Ottocento viveva meno di un miliardo di persone. Oggi siamo 7 miliardi, tra trent’anni si arriverà a 9,7 miliardi. Uno stress che il pianeta potrebbe non sopportare» spiegano i paleoecologi Anthony Barnosky e Elizabeth Hadly in un saggio che si intitola “End Game”, cioè “La fine del gioco”.
«Oggi più di metà della popolazione della Terra vive nelle zone costiere. L’innalzamento del livello dei mari potrebbe avere conseguenze catastrofiche per 50 milioni di cinesi, 23 milioni di vietnamiti e 12 milioni di indiani, ma anche per 2,5 milioni di inglesi, 1,2 milioni di francesi e 850.000 italiani» spiegano Gianfranco Bologna e Isabella Pratesi in “Ghiaccio bollente”, un rapporto del WWF che viene diffuso in questi giorni.
La riduzione della Criosfera, l’insieme della neve e del ghiaccio della Terra, si manifesta in modo diverso in varie zone. I ghiacciai delle Alpi si riducono rapidamente, quelli del Karakorum molto meno. L’Antartide perde ghiaccio ma resiste, mentre tra qualche decennio l’Oceano Artico potrebbe essere del tutto privo di ghiacci. I primi a farne le spese sono gli animali.
«Oltre all’orso bianco, simbolo di questo ambiente difficile, l’Artico ospita foche, trichechi, 270 specie di uccelli, cetacei come orche, balenottere minori e megattere» prosegue il rapporto del WWF. «La riduzione dello spessore, dell’estensione e della durata del ghiaccio sta già costringendo queste specie a spostarsi».
IL FUTURO
Secondo gli scienziati di tutto il mondo, tra qualche decennio, l’ambiente glaciale dell’Artico resterà solo in una piccola zona a cavallo tra la Groenlandia e il Canada. Solo qui sopravviveranno l’orso bianco, e molte altre specie di mammiferi e di uccelli.
Il WWF, insieme ad altre associazioni, chiede con urgenza alle comunità locali e ai governi la tutela di questa zona cruciale. Nei documenti, il territorio al confine tra il Canada e la Groenlandia è stato battezzato “The Last Ice”, “l’ultimo ghiaccio”. Sembra il titolo di un film catastrofista. Invece è il nome di una grande speranza. Per l’orso bianco, come per tutti noi.