Corriere della Sera, 28 settembre 2015
Riforma costituzionale: raggiunto l’accordo tra minoranza e maggioranza del Pd, lo scoglio principale rimangono i 75 milioni di emendamenti presentati da Calderoli (che fino a qualche qualche giorno fa erano addirittura 85 milioni), che rischiano di bloccare completamente il Senato. Per ora si punta sull’azione politica nei confronti dell’esponente leghista, che per parte sua nicchia, cercando di trattare sui temi che più gli stanno a cuore. Se anche la persuasione morale non fosse efficace, però, il presidente del Senato Grasso è pronto a usare le maniere forti, rifiutando in blocco gli emendamenti: e la sua sarebbe una decisione inappellabile
Il numero fa ancora paura: 75 milioni. Ma la battaglia degli emendamenti deve essere ancora tutta giocata e, dopo l’accordo politico dentro il Pd, il nodo delle riforme si sta sciogliendo e la data del 13 ottobre non sembra così implausibile. Resta centrale il ruolo del presidente del Senato Pietro Grasso. Che aveva già ventilato di poter ricorrere a misure «eccezionali». La stessa parola usata ieri dal ministro per le riforme Maria Elena Boschi, dalla festa di Scelta Civica a Salerno: «Di fronte a una situazione inedita si può pensare a soluzioni eccezionali, un senatore da solo non può paralizzare il Parlamento». Anche perché, aggiunge, «le riforme valgono 6-8 miliardi per la nostra economia».
Mercoledì comincia il voto degli emendamenti a Palazzo Madama. La prima mina, quella dell’ammissibilità degli emendamenti all’articolo 2, è stata disinnescata dall’accordo con la minoranza del Pd. La decisione del presidente, sulla possibilità di ammettere correzioni su un testo già passato in modo conforme da Camera e Senato (tranne per una preposizione), non avrà conseguenze politiche rilevanti.
Più impegnativa sarà però la questione dell’ostruzionismo. Al presidente Grasso spetterà il compito di risolvere l’ impasse. Ma non è detto che non si possa intervenire politicamente, con un accordo che faccia desistere Roberto Calderoli dal portare avanti a colpi di algoritmo il suo ostruzionismo. Il senatore leghista ha già ritirato dieci milioni di emendamenti sui primi articoli, lasciandone solo 19 e 6 sull’articolo 1 e sull’articolo 2. La massa più rilevante riguarda gli articoli 10, sulla funzione legislativa, e 38, sulle norme transitorie.
Che succederà? Calderoli nicchia: «Non è mica detto che li mantenga tutti. Vediamo che succede, sto aspettando risposte. Mica per me, io parlo per un gran numero di senatori».
Il presidente Grasso preme per la soluzione politica. Negli ambienti di Palazzo Madama si sottolinea come l’azione diplomatica e di moral suasion abbia condotto al ritiro di una prima tranche di oltre 10 milioni di emendamenti leghisti e di 60 mila emendamenti di Sel. Calderoli ora sta trattando su alcuni temi: sulle funzioni del Senato e delle Regioni e sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali. Se rientrasse l’ostruzionismo, la massa degli emendamenti di merito si ridurrebbe a tremila.
E se non rientrasse? Eccoci alle misure «eccezionali». Non il super «canguro»: solo per leggere gli emendamenti passerebbero mesi. Piuttosto la «ghigliottina totale»: il presidente Grasso potrebbe decidere, per non paralizzare il Senato, di non ammettere in blocco gli emendamenti. La sua decisione, si spiega, è inappellabile. Nessuno potrebbe opporre alcunché a una soluzione di questo genere, che potrebbe anche non essere motivata da riferimenti normativi specifici, ma giustificata semplicemente dall’esigenza di non bloccare il funzionamento del Senato.
Ostruzionismo a parte, restano da sciogliere altri nodi. La minoranza del Pd chiede di intervenire sulle norme transitorie. Affiancando alle urne politiche, un voto sui consiglieri regionali-senatori: essendo già eletti, si tratterebbe solo di scegliere, tra quelli in carica, quei consiglieri che diventerebbero senatori. Altro nodo, quello del capo dello Stato: si chiederà di allargare la platea di chi lo elegge ai delegati regionali, ai sindaci e magari anche agli eurodeputati.