Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2015
La fine sbagliata dei rifiuti elettronici. Sei milioni di tonnellate sfuggono a un corretto riciclo. Un report Cwit coordinato dall’Interpol e finanziato da fondi Ue evidenzia le criticità nella raccolta e gestione dei «Raee». Il danno stimato è di 1,7 miliardi
Solo un terzo dei quasi 9,5 milioni di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) prodotti nella Ue a 28 più Norvegia e Svizzera, viene riciclato e smaltito correttamente. Per gli altri, circa 6,15 milioni, si apre il buco nero dell’illegalità, dell’inquinamento, del traffico internazionale di rifiuti e materiali (pericolosi) usati dalle ecomafie. Più o meno 1,5 milioni finiscono al di fuori dell’Unione, nei paesi del terzo mondo, dove ragazzini smantellano a mani nude frigoriferi e lavatrici, computer, componenti elettronici, motori elettrici e schermi tv a caccia di minerali di un qualche valore e di componenti da immettere sui locali mercati dell’usato.
Anche in Europa la situazione non è migliore. Poco più di tre milioni di Raee vengono semplicemente riciclati con metodi fuorilegge. Dei restanti 1,5 milioni di tonnellate la metà, prevalentemente piccoli elettrodomestici, finisce in discarica perché, forse, il cittadino o l’amministrazione non provvedono o fanno male la raccolta differenziata. Infine, 750mila tonnellate entrano nella rete dell’economia informale dove c’è chi si appropria dei prodotti fuori uso per depredarli dei metalli (rame, alluminio, acciaio, oro, argento e palladio) e delle parti rivendibili. Le carcasse vengono poi abbandonate, inquinanti totem che lentamente disperdono i loro veleni nell’ambiente.
L’azione di contrasto è difficile e solo duemila tonnellate di Raee sono state sequestrate dalle forze dell’ordine e dalle agenzie doganali dei vari paesi.
Sono queste le principali evidenze che emergono dal report «Contrastare il commercio illegale dei Raee» realizzato nell’arco di due anni grazie ai fondi del VII Programma quadro della Comunità europea. L’Interpol ha avuto il ruolo di coordinatore di un team di organizzazioni internazionali, forze dell’ordine, accademici, consulenti e specialisti della filiera dei rifiuti elettronici.
Questo pool ha anche analizzato i fattori economici della cattiva gestione di questi rifiuti. Le cifre sono importanti: per esempio lo smaltimento in discarica comporta una perdita di materiali del valore stimato tra i 300 e i 600 milioni di euro. Per i Raee che invece finiscono nel mirino dei predoni dell’economia informale il danno causato è tra i 200 e i 500 milioni mentre è tra gli 300 e i 600 milioni il valore intrinseco di quelli che vengono esportati illegalmente. L’Agenzia per l’ambiente del Regno Unito fissa in circa 11mila euro il profitto per chi invia in Africa un container stipato di Raee.
Una possibile soluzione la propone Alessandro Zanasi, presidente della Zanasi & Partners, società di consulenza specializzata nella sicurezza e nell’intelligence che ha collaborato al report. «Si dovrebbe introdurre la tracciabilità dei pagamenti nel commercio dei rottami metallici – dice – oltre a certificazioni comuni nella Ue, all’obbligo di comunicare i risultati alla Commissione europea e a sistemi d’ispezione mirati». Zanasi non nasconde le difficoltà nel fare emergere l’export illegale: per questo auspica inoltre la creazione di una task force di sicurezza ambientale e la necessità di una formazione specifica per la magistratura.
Tra chi rispetta le regole, invece, spiccano la Svezia, dove oltre 80% dei Raee entra nel circolo dei riciclo, e la Norvegia, dove la quota di rifiuti correttamente trattati supera il 75%. Nella parte bassa della classifica ci sono invece l’Italia e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Ma grazie agli obblighi che l’Unione impone questa situazione d’arretratezza non potrà durare a lungo.
Fabrizio D’ Amico, presidente del Centro di Coordinamento Raee, ricorda che ogni anno in Italia vengono immessi nel mercato circa 800mila tonnellate di apparecchi e dispositivi e la raccolta da parte dei consorzi dei produttori tocca le 240mila tonnellate. «Il prossimo anno gli obblighi comunitari impongono di raccogliere il 45% dell’immesso, quindi ad oggi c’è un gap di almeno 15 punti percentuali» aggiunge. Il problema è intercettare e fare entrare nel circuito legale buona parte di quelle circa 560mila tonnellate che mancano all’appello. «Gli accordi di programma sottoscritti quest’anno con i comuni e i gestori dei centri di raccolta e distribuzione – continua il presidente – contribuiranno a far salire la raccolta ufficiale». Verrà anche intensificata la comunicazione verso i cittadini che, spesso, non sanno ancora come devono smaltire i vecchi prodotti. «Restano da incrementare le azioni di contrasto verso quei soggetti che vivono di questa economia informale, sommersa e magari illegale – aggiunge D’Amico -. Secondo le stime queste persone esportano illegalmente o trattano in modo non a norma almeno un terzo dei Raee che mancano all’appello». Di fatto spogliano delle parti di maggior valore gli oggetti i cui resti vengono poi dispersi nell’ambiente insieme a piombo, cadmio, cromo e nickel. Con danni rilevantissimi per l’ambiente.