VARIE 27/9/2015, 27 settembre 2015
APPUNTI PER OGGI. ULTIME SUI MIGRANTI
CORRIERE DELLA SERA DEL 27/9 - OGGI
LORENZO CREMONESI
L’ennesima vicenda di violenza e intrighi in Libia torna a mettere in luce il caos che domina nel Paese. I media locali segnalavano ieri che due giorni fa a Tripoli un commando armato composto probabilmente da quattro persone avrebbe ucciso in un agguato Salah al Mashkout, noto come uno dei più potenti scafisti del Paese. L’azione sarebbe stata condotta da uomini armati di pistola ben addestrati ai blitz di questo tipo. Al Mashkout era accompagnato da otto guardie del corpo armate di Kalashnikov. Pure, gli aggressori li avrebbero fronteggiati, bloccando le loro tre auto nei pressi della abitazione di una parente del boss, dove lui si era recato per celebrare la festa musulmana dello Id el Adha. Pare che scopo della missione fosse la sua cattura. Ma qualche cosa sarebbe andato sorto e lui sarebbe stato ammazzato con gli 8 uomini della scorta.
Per tutta la giornata di ieri la storia è cresciuta d’importanza. I medici di un ospedale della capitale avrebbero sostenuto che gli aggressori erano in possesso di «armi e proiettili speciali, di quelli non presenti in Libia, ma in dotazione alle teste di cuoio della Nato».
Il presidente del parlamento del governo di Tripoli (legato ai Fratelli Musulmani e in lotta aperta con quello di Tobruk), Nouri Abu Sahmain, intervistato dal Guardian , si era spinto addirittura ad accusare l’Italia. Provocando così la Farnesina a pronunciarsi con una nota di secca smentita. «Non c’è alcun coinvolgimento di soldati italiani», si legge. Poco dopo dal quartier generale della Nato hanno ribadito la totale estraneità della coalizione. Tuttavia altri elementi hanno fatto lievitare il polverone. Dopo tutto l’Europa minaccia a breve azioni contro gli scafisti. E Mashkout è uno dei più potenti. Ex ufficiale ai tempi del regime di Gheddafi, ora dirige una flotta di almeno 35 barconi. Soprattutto, vive a Zuwara, la città al cuore del traffico dei migranti dalla Libia. Sono stati oltre 130.000 quest’anno in partenza per l’Italia e i trafficanti di Zuwara sono i più aggressivi. Tra l’altro proprio nei pressi delle spiagge di Zuwara il 20 luglio sono stati rapiti i 4 tecnici italiani della Bonatti, di cui finora non si hanno notizie.
Eppure, in serata sono apparsi seri dubbi sulla veridicità della storia. Giornalisti di Tripoli rettificano e riportano che si è forse trattato del «consueto scontro tra gruppi di scafisti rivali per il controllo del mercato dei migranti». Difficile fare verifiche. Dall’ufficio di Sahmain negano ora le dichiarazioni sull’Italia attribuite dal Guardian . E i portavoce del governo di Tripoli addirittura sostengono che Mashkout sarebbe vivo e vegeto.
Lorenzo Cremonesi
DAL CORRIERE DI GIOVEDI 24 SETTEMBRE
IVO CAIZZI
DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES L’Europa prova a iniziare una politica comune per affrontare l’emergenza immigrazione nel Mediterraneo superando i contrasti nazionalistici. Nel Consiglio straordinario dei 28 capi di Stato e di governo a Bruxelles, che si è esteso nella notte, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha promosso la «grande sfida» di «occuparsi di più delle cause delle migrazioni» con interventi nei Paesi extracomunitari di origine e di transito dei rifugiati, come la «Turchia», e rafforzando le frontiere esterne. Ma ha dovuto confrontarsi con l’opposizione dei leader di vari Paesi membri dell’Est, che hanno accusato Merkel di aver provocato l’aumento dei flussi verso l’Europa con le sue aperture pubbliche sull’accoglienza dei profughi.
Il premier ungherese Viktor Orbán, pur annunciando disponibilità alla collaborazione con la Germania, ha accusato Berlino di «imperialismo morale» per aver di fatto imposto il trasferimento nei Paesi membri di 160 mila rifugiati arrivati in Italia e Grecia, nonostante l’opposizione di Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania.
«Il nodo è se c’è una politica europea o se non c’è», ha dichiarato il premier Matteo Renzi, che sostiene la necessità per l’Ue di «intervenire in Medio Oriente e in Africa» dato che «siamo in questa situazione perché si sono fatte delle iniziative di politica estera discutibili tanto in Libia quanto in Siria».
Il presidente francese François Hollande ha sollecitato una «nuova conferenza» dell’Onu sulla Siria. Renzi ha definito un «passettino in avanti» la ricollocazione dei rifugiati nei Paesi membri perché «si va verso il superamento del Trattato di Dublino», che attribuisce i profughi al Paese Ue dove sbarcano o vengono salvati. Italia e Grecia in cambio dovranno istituire i cosiddetti hot spot per la registrazione attendibile dei migranti, evitando di trasferire chi non ha diritto a richiedere l’asilo. La Commissione europea ha richiamato 19 Stati membri (tra cui Italia e Grecia) a una corretta applicazione delle regole per la concessione dello status di rifugiato.
Dal summit fonti diplomatiche hanno fatto trapelare che una telefonata tra il presidente Usa Barack Obama e Merkel avrebbe considerato appoggi comuni alla Turchia, dove sono stimati circa due milioni di rifugiati. La Commissione europea ha ipotizzato un miliardo dell’Ue solo per Ankara, più una somma analoga per le agenzie Onu dei rifugiati. Ha poi presentato ai 28 capi di governo un piano per coordinare i ricollocamenti dei profughi, riformare il Trattato di Dublino, istituire le guardie di frontiera, varare una Protezione civile Ue e concedere un visto speciale (blue card) a immigrati qualificati. Un po’ tutti i principali leader hanno esortato all’unità. «Le divisioni non danno credibilità all’Ue», ha ammonito la rappresentante dei 28 governi per la politica estera Federica Mogherini.
Ivo Caizzi
CORRIERE DELLA SERA DI GIOVEDI 24 SETTEMBRE
VIVIANA MAZZA
«I politici decidono sempre quando hanno le spalle al muro», dice al telefono dal Cairo Naguib Sawiris sull’accordo raggiunto dall’Ue per 120.000 profughi. Il miliardario egiziano, proprietario del colosso Orascom, segue con attenzione la crisi nel Mediterraneo: per lui, l’immagine di Aylan, il bimbo siriano morto su una spiaggia turca, è stata una chiamata all’azione. La sua idea: comprare un’isola per accogliere 100.000 rifugiati. Si chiamerà «Isola di Aylan» ed è disposto a spendere 200 milioni di dollari. Forse l’ha trovata. «Ne abbiamo individuate due, non voglio dire quali. Sono greche. Abbiamo posto una precondizione: che il governo ci dia il permesso di ospitarvi i rifugiati. Ho mandato una lettera anche al premier Renzi, ma non penso che l’Italia voglia rifugiati senza un consenso nell’area Schengen e non credo sia facile vendere un’isola italiana. Forse però possono darmela in affitto. Sarei pronto ad affittare qualunque altro spazio».
Non per forza un’isola?
«No, ma l’isola ha il vantaggio di evitare che i rifugiati tolgano lavoro agli italiani, dipendano dalle infrastrutture, occupino posti nelle scuole e negli ospedali. Costruiremmo tutto sull’isola».
È stata la foto di Aylan a ispirarla?
«È stata una sveglia. Ma mi ha anche colpito molto vedere come sono state trattate queste persone in Ungheria».
I politici ungheresi e slovacchi hanno detto di non volere musulmani.
«Se Dio avesse voluto, ci sarebbe una sola religione».
Ha un piano su come sviluppare il suo progetto?
«Sono un imprenditore e sono abituato a costruire. Ma la bellezza di quest’idea è che assumi le persone per costruire la propria città, un Paese nuovo: come l’America».
Lavorerete con l’Alto commissario Onu per i rifugiati?
«Abbiamo un incontro a fine mese».
Lei ha detto di essere disponibile a lavorare con Unhcr, a condizione che la burocrazia non rallenti tutto.
«Temo che queste organizzazioni siano assai burocratiche e lente. E la gente muore».
Quando i rifugiati se ne andranno dall’isola di Aylan, cosa succederà?
«L’isola diventerà un’attrazione turistica. Torneranno a visitare il luogo dove erano stati accolti. Oppure resteranno, se sono felici. C’è chi dice che i rifugiati puntano alla Germania e non a un’isola, ma se gli dai un salario di 2.000 euro al mese e i figli vanno a scuola e ci sono buoni ospedali, perché non dovrebbero restare?».
C’è chi teme che i terroristi si infiltrino tra i profughi.
«Non verrebbero sull’isola».
Significa che il rischio c’è?
«Sì, perciò abbiamo bisogno dell’aiuto delle autorità con gli apparati di intelligence».
Può l’Ue aiutare Turchia, Libano, Giordania a prendersi carico dei profughi?
«È impossibile. In Giordania vivono nelle tende senza far nulla: che vita è? La bellezza della mia idea sta nel fatto che dai loro una vita normale. Sull’isola costruiremo hotel che offriranno impieghi...».
Cosa pensa degli Stati del Golfo: non prendono rifugiati, ma dicono di aver accolto migliaia di lavoratori.
«Temono che l’Isis si infiltrerà... Paesi come il Qatar, che finanziano il terrorismo e gli estremisti, ora di fronte alla crisi non fanno nulla».