Stefania Piras, Il Messaggero 27/9/2015, 27 settembre 2015
USA, INVESTÌ ITALIANA: 42 ANNI DI CARCERE
IL VERDETTO
BOLOGNA «Doveva fermarsi e ha scelto di non farlo». Per il giudice della Superior Court di Los Angeles Kathryn Solorzano, Nathan Campbell non solo era consapevole di stare per travolgere la folla e uccidere Alice Gruppioni, l’imprenditrice bolognese di 32 anni in viaggio di nozze in California. Ma non si è neppure pentito abbastanza. Questo si traduce in una condanna all’ergastolo, con i primi 42 anni di carcere blindati, senza possibilità di chiedere alcun alleggerimento della pena. Era il 3 agosto di due anni fa. Alice stava per assumere il comando dell’azienda di famiglia al posto di papà Valerio, già vicepresidente del Bologna calcio. Si era appena sposata con Christian Casadei a Pianoro, sui colli bolognesi. La luna di miele è durata solo venti giorni. La coppia stava camminando sul lungomare di Venice Beach, quando la Dodge guidata da Campbell, piombò sulla folla ferendo 17 persone e trascinando per diversi metri Alice sul cofano. La ragazza era stata scaraventata a terra, aveva battuto la testa ed era morta sul colpo, tra le braccia del marito disperato.
IL DOLORE DEL MARITO
«Abbiamo sempre saputo che la giustizia, anche se fatta, non lenisce il dolore. Ci sentiamo vuoti: senza quei sogni e quelle speranze che facevano da pilastro alla nostra vita», commenta con tristezza Christian Casadei. Lui è stato uno dei testimoni chiave. A maggio era volato di nuovo a Los Angeles per ricostruire gli ultimi istanti di vita della moglie. E l’altro ieri, è arrivata la sentenza. In aula è stato ammesso e proiettato un video girato dalla famiglia Gruppioni in cui si vede Alice sorridente che canta “I migliori anni della nostra vita”. «Sono stati davvero i giorni più belli della nostra vita, quelli con lei» ha detto alla Corte Katia Gruppioni, la zia di Alice, che ha chiesto che Campbell venisse condannato al massimo della pena. All’inizio l’accusa aveva puntato alla pena di morte, ma la giuria non era d’accordo. Campbell, spacciatore quarantenne originario del Colorado, è stato accusato di omicidio di secondo grado, aggressione con armi mortali e omissione di soccorso. Pena massima prevista: carcere a vita. L’imputato ha guardato nervoso il video e poi ha letto una lettera in cui si diceva addolorato: «Quello che è successo è un incubo di cui sono responsabile». Però ha aggiunto di non aver agito intenzionalmente.
DUE INVALIDI
Eppure l’omicidio poteva essere evitato fermando l’auto, secondo il giudice. Campbell quel giorno era arrabbiato perché aveva pagato 35 dollari per una dose di metanfetamine che non gli era stata consegnata. Lo spacciatore era scappato ma lui lo aveva riconosciuto in mezzo alla folla e ha cercato di investirlo con l’auto. Anche un barbone lo aveva visto passare alterato blaterando in direzione dei turisti: «Diglielo, ci passo sopra a quelli lì». «La sentenza? Non la trovo così dura, è un assassino, gli hanno dato l’ergastolo e credo sia giusto. Ci sono anche due persone sulla sedia a rotelle» commenta Katia Gruppioni, la zia. «Ora c’è la causa civile contro la municipalità di Los Angeles - dice - Quella di Venice Beach è una passerella pedonale, la sicurezza non era adeguata».