Pietro Minto, Corriere della Sera - La Lettura 27/9/2015, 27 settembre 2015
SE PROVI L’INFERNO IN 3D DOPO DECIDERAI MEGLIO
All’inizio del filmato la piccola Sidra ci presenta la sua famiglia e la tenda nel campo profughi di Zaatari, in Giordania, dove vive con altri 84 mila siriani fuggiti dalla guerra nel loro Paese. Le riprese sono però strane, a 360° e sin da subito si capisce che non si sta guardando un filmato tradizionale. Il video è stato infatti pensato per la realtà virtuale, e quindi può essere visualizzato attraverso occhiali speciali (detti visori), ovvero maschere in grado di sostituire al mondo percepito riprese enormi e inclusive. Un’altra realtà dove si può navigare come immersi, muovendo la testa e gli occhi mentre il panorama attorno all’utente cambia, come se fossimo davvero lì.
Clouds Over Sidra è un documentario basato sulla realtà virtuale prodotto dalle Nazioni Unite in collaborazione con il regista Chris Milk, primo passo di una nuova strategia comunicativa dell’ente sovranazionale, che vuole lavorare sull’empatia, usando questa tecnologia per offrire a funzionari, lobbisti e politici la possibilità di sperimentare quasi in prima persona la vita di milioni di persone in luoghi colpiti da guerre o povertà. Realizzato da Vrse.works, azienda di cui il regista Milk fa parte, Clouds Over Sidra segna un nuovo inizio per una tecnologia attesa da tempo al varco, che finalmente in questi anni ha trovato uno sbocco commerciale. Giganti come Google, Samsung e Sony, senza contare l’azienda specializzata Oculus, stanno tutti puntando su visori simili per rivoluzionare il settore dell’intrattenimento, del cinema, dei videogiochi. E, adesso, quello dei diritti umani.
Gabo Arora, consulente per i media delle Nazioni Unite e co-creatore di questi documentari, da tempo cercava nuovi stimoli per convincere il pubblico: stanco di dover inseguire i vip per qualche campagna o qualche pronunciamento pubblico a favore di una causa, ha deciso di puntare su qualcosa di inedito. «Mi sentivo frustrato perché scrivevo report che nessuno leggeva — ha spiegato Arora a “la Lettura” — e mi sembrava molto evidente che i vecchi mezzi non avessero l’impatto che desideravo né che riuscissero a trarre vantaggio dall’incredibile tecnologia oggi a disposizio-
ne di chi racconta storie. Ero quindi alla continua ricerca di intersezioni interessanti tra tecnologia, arte e la difesa dei diritti».
L’incontro con Vrse.works è avvenuto circa un anno fa: Milk, regista di video musicali, aveva già firmato nel 2013 un progetto multimediale in collaborazione con Google nel quale una «normale» clip per una canzone degli Arcade Fire si trasformava in un’esperienza personale, sfruttando la tecnologia di Google Street View: inserendo il proprio indirizzo di casa, chiunque poteva vedere il protagonista del video muoversi tra le strade in cui era cresciuto (http://www.thewildernessdowntown.com/). Ancora una volta, era la ricerca di empatia che muoveva Milk, proprio lo stesso tipo di sentimento che Arora rincorreva nel suo lavoro per l’Onu.
Una volta concluso il primo documentario, quello sulla piccola Sidra, si è passati alla fase due del progetto, quella del soft power tecnologico: lo scorso gennaio, durante l’annuale riunione del World Economic Forum a Davos, in Svizzera, il team ha mostrato Clouds Over Sidra ai partecipanti al vertice. Secondo Arora, il documento, girato per essere usato sul visore Gear VR di Samsung, ha avuto l’effetto sperato: «Molti di loro si sono commossi e sono stati quindi spinti a fare qualcosa al riguardo. A marzo il Segretario generale dell’Onu ha incluso il film nel ciclo annuale d’incontri in Kuwait e continuiamo a portarlo in conferenze importanti per ricordare all’“élite mondiale” le conseguenze delle loro azioni».
Il segreto del progetto è «la stimolazione di un sentimento empatico e la capacità di spingere all’azione senza ricorrere al sensazionalismo o all’orrore. Inoltre i documentari sono rispettosi, attenti alla dignità dei loro protagonisti». In qualche modo, l’effetto del video potrebbe ricordare la pubblicazione della foto di Aylan, il bambino siriano morto mentre cercava di raggiungere la Grecia, la cui straziante immagine ha fatto il giro del mondo. Arora però precisa le differenze tra i due fenomeni: «Non sono contrario alla pubblicazione di quella foto perché rappresenta in modo crudo e reale quello che sta succedendo ma lo shock non può essere l’unica chiave con cui generare empatia. E il modo migliore di farlo è capire il mondo di una persona ascoltando la sua storia». Ben lungi dall’essere uno strumento per l’élite, la realtà virtuale si prepara a conquistare il grande pubblico, con visori sempre più economici (il Gear VR di Samsung costa tra i 200 e i 250 euro) o la proposta di Google, che ha creato un visore di cartone che può essere costruito a casa e usato con il proprio smartphone. Nel frattempo, chiunque può conoscere la dodicenne Sidra scaricando l’app Vrse e muovendosi in quel travagliato angolo del mondo con il proprio iPhone.
La realtà virtuale è una tecnologia potente che sembra destinata a migliorare l’esperienza giornalistica, dando la possibilità di creare reportage in cui le descrizioni lasciano il posto a visioni personalizzabili, panorami che si muovono seguendo i movimenti dello spettatore lontano: scorci di realtà sempre più vicini. In un suo recente intervento al ciclo di conferenze Ted, il regista Chris Milk ha ricordato che questo nuovo medium è in grado di «cambiare le vite» di milioni di persone, definendo la realtà virtuale «una macchina che ci rende più umani».
La partnership tra Onu e Vrse.works è comunque appena cominciata: dopo Clouds Over Sidra, è uscito Waves of Grace, documentario realizzato in collaborazione con Vice sul dramma di una persona contagiata dal virus Ebola. Inoltre il team è attualmente al lavoro nel Sahel per raccontare le tragiche conseguenze del riscaldamento globale, in Cina per documentare il dramma del lavoro minorile mentre un progetto sull’inquinamento del fiume Gange è in fase di post-produzione.
«Lavorare a Clouds Over Sidra e con la realtà virtuale — conclude Arora — ha soddisfatto il mio desiderio professionale e aperto la nostra immaginazione rispetto a quel che è possibile fare con questo nuovo medium». La ricerca dell’empatia ora coinvolge sia lui che Milk. «L’obiettivo è spingere ad agire facendo capire a tutti che dobbiamo fare di più per migliorare il nostro mondo». Dopo la realtà virtuale, bisogna comunque tornare a noi. Alla realtà.