
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’Ansa è andata a spulciare certi documenti di Facebook e di altri social network e ha scoperto che pure questi praticano il trucco di Google, cioè pagano le tasse dove gli conviene e lasciano al fisco di paesi come l’Italia, la Francia o la Germania solo le briciole.
• Come fanno?
Il sistema è sempre quello. Le varie filiali nazionali di Facebook o di Amazon fanno la parte dei broker, cioè dei mediatori che procurano la pubblicità. Un mediatore prende di regola una percentuale sul fatturato che fa realizzare al suo cliente. Mettiamo che venda pubblicità per 100 milioni di euro. Fatturerà la sua royalty, mettiamo, di 10 milioni. E pagherà le tasse sui 10 milioni invece che sui 100 milioni, che nel frattempo avranno navigato verso qualche paese con un fisco meno severo.
• Ma non c’era tutta una cosa per cui s’era stesa una lista dei paradisi fiscali e li si guardava come dei luoghi di peste da cui era obbligatorio tenersi lontani?
Sì, questi sono accordi tra stati o tra banche oppure intese che permettono alle varie agenzie delle entrate di metter subito le mani addosso a me o a lei se ci azzardiamo ad aprire un conto alle Cayman. Ma i grandi colossi di Internet hanno studiato la cosa con fior di commercialisti e il sale sulla coda è difficile metterglielo. Sia Google che Amazon che Facebook, alla fine, presentano bilanci in cui le tasse risultano pagate fino all’ultimo centesimo, e in cui non si specifica cvhe sono state pagate nei paesi per loro più convenienti. E gli altri, per esempio l’Italia, restano con un palmo di naso.
• Facciamo qualche esempio.
Per esempio, Amazon Italia Logistica e Amazon Italia Services, le due controllate di Amazon, risultano proprietà di Amazon Eu Sarl, che ha sede in Lussemburgo. Le due italiane hanno portato nel 2012 ricavi per 25,8 milioni di euro (rispettivamente 18,4 milioni e 7,4), ma hanno poi pagato in tasse 950 mila euro, con un’aliquota effettiva che sta intorno al 4%. L’articolazione italiana di Facebook presenta ricavi per 3,1 milioni, ma li attribuisce quasi tutti a Facebook Ltd - Ireland e denuncia come imponibile italiano la somma di 132 mila euro. Faccia lei stesso il conto di che razza di aliquota sono riusciti ad attribuire a se stessi questi di Fb.
• Sa che pensavo fatturassero comunque di più?
Le cifre più grosse riguardano Google, che nel 2012 ha versato in Italia 1,8 milioni in tasse. Di sicuro una miseria, di fronte ai fatturati (che sono comunque segreti). Il motore di ricerca avrebbe eluso, in tutta Europa, qualcosa come 600 miliardi di euro. Quando qualcuno va a contestarglielo, il loro capo, Eric Schmidt, risponde così: «Sono orgoglioso del sistema di elusione delle tasse applicato da Google. A chi mi dice che si tratta di un sistema immorale rispondo che si chiama “capitalismo”. E noi siamo orgogliosamente capitalisti. Non ho dubbi di sorta su questo».
• Che cosa si può fare?
In Francia hanno trovato una prima soluzione mettendo gli editori della carta stampata contro il motore di ricerca. Gli editori hanno contestato a Google il fatto che fa informazione con i link dei vari giornali, raccoglie quindi sulla sua home page un sacco di pubblicità e alla carta stampata non riconosce niente. Alle critiche di editori e giornalisti risponde così: «Siamo noi di Google a girarvi quattro miliardi di contatti al mese». A un certo punto è intervenuto il presidente Hollande, minacciando di dare applicazione a un certa legge - di cui comunque auspichiamo l’approvazione - che avrebbe costretto Google e gli altri a pagare le tasse sui ricavi reali. Ci sono stati tre mesi di trattativa e alla fine quelli di Google si sono rassegnati a versare 60 milioni a un fondo che dovrebbe aiutare i quotidiani a sviluppare il loro lato Internet. Il fatto che Google abbia ceduto, almeno in Francia, dimostra che la carta stampata da noi ha ancora un certo peso. In Brasile, dove hanno tentato di dar vita a una contestazione analoga, quelli di Mountain View hanno semplicemente tolto dalla piattaforma le testate di carta. I tedeschi e gli svizzeri stanno comunque pensando a un qualche provvedimento che impedisca a questi ricconi di farla franca. Da noi mi pare che l’Imu e l’Iva abbiamo cancellato dalla mente dei governanti qualunque altro pensiero. Eppure, sia pure nella forma di una goccia nel mare, sarebbero bei soldi.
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