Marco de Martino, Il Messaggero 23/7/2013, 23 luglio 2013
LA REDENZIONE DI FOGNINI
Se la strada per la redenzione fosse lunga solo due settimane, è probabile che Fabio Fognini avrebbe cancellato tutti i suoi sensi di colpa in questi ultimi giorni, dieci vittorie di fila tra Stoccarda e Amburgo per cambiare finalmente registro, cambiare vita, cambiare prospettiva e arrivare anche a dire in un amen: «Da oggi sono un altro, comincio una nuova carriera, tifate per me». Ha la stessa età di Djokovic e Murray, per 26 anni ha fatto dannare se stesso, noi, la sua famiglia, i tifosi, gli allenatori e il tennis, poi però sono arrivati questi due tornei con la luce dentro, il talento ha avuto il sopravvento e si è consumata la Grande Rivincita.
Da ieri è numero 19 del mondo. Da ieri è a Umag, in Croazia, per una nuovo torneo. E domani affronterà il popolare russo Dmitry Igorevich Tursunov, numero 61, guardando il mondo da un’altra prospettiva. «Da quando ad aprile ho fatto semifinale a Montecarlo battendo Berdych e Gasquet nel circuito mi rispettano di più, mi salutano tutti, segno che qualcosa è davvero cambiato. Sono curioso anch’io di vedere cosa succederà adesso, sono curioso di controllare il mio livello dopo questi tornei che potrebbero rappresentare il crocevia della mia carriera. Ringrazio coach Perlas e la sua moglie psicologa, ringrazio la mia fidanzata Sveta e anche mio papà che mi ha aiutato sempre. Dentro i 20 è un grande traguardo, ma penso che il bello deve ancora venire».
LA PSICOLOGA
La retorica dell’attesa, punto di forza del tennis maschile italiano che fino a due settimane fa viveva quasi di ricordi, adesso scompare con questo ragazzo nato a Sanremo, residente ad Arma di Taggia, che si allena a Barcellona e che ha trovato la maturità con un coach spagnolo e una fidanzata bulgara. Sveta, 32 anni contro 26, «è una presenza importante, costante, che mi tranquillizza» dice Fabio. Mentre Perlas il coach è una sorta di guru perchè lui non parla, sentenzia; lui non guarda, scruta; lui non lavora, produce; lui non dorme, riposa. Sembrerebbe il contrario di Fognini, invece proprio lui di Fognini dice: «Ha margini di progresso enormi, Fabio ha limiti inesplorati». Quanto a Freud e G.C. Jung sul campo, l’opera è della moglie del coach, stimata psicologa, che deve aver lavorato a fondo sulla psiche di Fognini, in passato come tutti sanno fragile, labile, contorta. Per capire meglio il personaggio basterà ricordare gli Australian Open di gennaio, con Fognini che perde 6-1 al quinto contro il manovale spagnolo Roberto Bautista Agut, arriva in sala stampa, va dietro al tavolo, fa un giro completo attorno alla sedia e riesce dalla stanza dicendo «dopo una partita così questo è tutto quello che ho da dire». Beh, ora gli hanno messo una corazza sopra i nervi.
L’anno era cominciato così, perdendo a Doha dal celebre sloveno Zemlja, inciampando poi a Sydney con l’ottimo Granollers e quindi sbattendo su Agut. Forse qualcosa ha cambiato la vittoria decisiva su Dodig in Davis a Torino contro la Croazia; o forse era destino. Fattostà che nella race, cioè nella classifica relativa al solo 2013 e che qualifica per il Masters a 8 di Londra, Fognini è addirittura 13°. Non è clamoroso?
TRA SOGNI E REALTÀ
Così si sogna e anche un po’ a vanvera, terzo titolo di fila a Umago (ci sarebbe Gasquet...); qualificazione al Masters magari come riserva; e grandi prestazioni sul cemento nordamericano nei Masters 1000 estivi prima in Canada e poi a Cincinnati, per chiudere in bellezza con un risultatone agli US Open, a condizione ovviamente di migliorare sensibilmente il servizio. Dice intanto Adriano Panatta: «Fognini ha tutte le qualità per arrivare tra i primi 10 del mondo, deve solo trovare continuità, quella che finora è mancata, e poi giocare bene negli Slam». Il tennis italiano lo aspetta a braccia aperte: in fondo, come sanno tutti, il più grande avversario di Fognini è proprio Fognini.