Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 23/7/2013, 23 luglio 2013
LA UE? PER LONDRA VALE IL 6,5% DEL PIL
Il prezzo della non Europa per Londra potrebbe arrivare al 6,5% del Pil. Nel primo studio mai eseguito su vantaggi e svantaggi della partecipazione all’Ue per la Gran Bretagna, Londra, accetta di indicare dei numeri. Non li ha fatti suoi, non essendo firmati dal Tesoro, ma ha riportato le analisi di sei centri studi, cinque dei quali hanno indicato nel 6,5% la quota di Pil massimo apportata alle casse britanniche dal cammino europeo. In gran parte è il frutto della dinamica commerciale innescata dal mercato interno che espone i prodotti britannici a più di 500 milioni di consumatori. Un motivo in più per indurre Londra a riconoscere che l’adesione all’Unione è economicamente conveniente, in linea, in realtà, con quanto il premier David Cameron ha sempre ammesso.
È il passaggio-chiave del rapporto diffuso ieri, primo dei sei studi che Downing street ha commissionato per scandagliare 32 aree di interazione euro-britannica. In questa prima analisi si considerano mercato interno, politica estera, sanità, sviluppo e cooperazione, tassazione, politiche sociali e alimentari. Se il giudizio complessivo è positivo sulle dinamiche economiche, appare invece critico sull’azione di politica estera delle istituzioni comunitarie guidate dalla baronessa Ashton, laburista e britannica. È stato valutato negativamente anche l’impatto della direttiva sull’orario di lavoro - da sempre contestato da Londra - sulla dinamica del servizio sanitario. Continuano le rigide riserve inglesi su ogni forma di armonizzazione fiscale.
Il rapporto è stato diffuso con pochissima enfasi rispetto al solito. Il governo teme che le conclusioni di una ricerca che mira a esaminare a fondo le difficili liaison fra Londra e Bruxelles, possa riaccendere la polemica con le falangi euroscettiche che tengono sotto schiaffo il premier conservatore.
A lanciare la review di una tribolatissima relazione era stato lo stesso David Cameron nei mesi scorsi. In coincidenza con l’annuncio di un referendum popolare sull’adesione, infatti, il capo del governo aveva proposto di analizzare a fondo tutte le aree di cooperazione per stabilire se vi siano i margini per riequilibrare i rapporti. In realtà le conclusioni saranno la base del tentativo inglese di rinegoziare i termini della propria membership. Un’operazione che i partner contestano ma che David Cameron considera inevitabile prologo al referendum popolare. Una volta ottenute condizioni che riterrà essere più ragionevoli e vantaggiose per Londra, il capo dell’esecutivo porterà il Paese alle urne per la consultazione sull’adesione. Le chance che la maggioranza degli elettori opti per l’uscita dall’Ue sono alte come mai prima d’ora.