VARIE 23/7/2013, 23 luglio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - LA NASCITA DEL ROYAL BABY
MILANO - Prima i Middleton, poi Carlo e Camilla. All’indomani della nascita il Royal Baby ha ricevuto la visita sia dei nonni paterni che di quelli materni. E, forse, pare che il piccolo stia per essere «presentato» al mondo intero: uscendo dal St. Mary’s Hospital il principe Carlo ha descritto il nipotino come «assolutamente meraviglioso», aggiungendo subito dopo «aspettate e lo vedrete tra qualche minuto».
L’ANNUNCIO DI CARLO - Il principe e la consorte Camilla sono arrivati in ospedale intorno alle 18 ora italiana e all’arrivo hanno salutato brevemente la stampa (che da settimane staziona all’entrata della struttura) ma senza fermarsi. All’uscita invece, dopo meno di un’ora, Carlo è sembrato annunciare che la famiglia reale starebbe per lasciare l’ospedale. L’uscita della neo-mamma, Kate, e del neonato non è stata preannunciata ufficialmente, ma è attesa da stamane. Di solito in Gran Bretagna le puerpere dopo il parto non rimangono più di ventiquattr’ore in ospedale, a meno che non siano particolarmente stanche o che non abbiano avuto problemi nel parto. Ma questo non sembra sia stato il caso della duchessa. Un altro «indizio» particolarmente significativo dell’imminente uscita d’ospedale di mamma e bebè è stato l’arrivo al Lindo Wing della parrucchiera personale della duchessa e di una sua assistente personale, una donna che ha portato all’interno una valigia, un contenitore per abiti e un seggiolino d’automobile destinato ai bebè.
LA CONFERMA - In serata è arrivata la conferma del palazzo reale: la duchessa di Cambridge verrà dimessa questa sera dall’ospedale e i duchi di Cambridge insieme con il loro bambino si recheranno a Kensington Palace. Insomma, niente Berkshire, almeno per il momento: la nota ufficiale smentisce la voce che dopo il parto Kate avrebbe preferito trasferirsi subito nella casa dei genitori nel Berkshire per un periodo prima di tornare col bebè a Kensington palace. Subito fuori dalla Lindo Wing si è radunata una folla di migliaia le persone che attendono l’uscita di William e Kate col royal baby. Hanno occupato ogni spazio possibile, qualcuno è salito sulle transenne piazzate dalla polizia, altri si sono disposti lungo la via anche molto distante dall’ingresso della clinica. Ovunque c’è gente che tenta di arrampicarsi più in alto per vedere lo storico momento del royal baby che «si presenterà» ai sudditi.
REPUBBLICA.IT
La segreteria di Kensington Palace fa sapere con una nota ufficiale che la duchessa di Cambridge, suo marito e il loro bimbo questa mattina stanno bene. Nella nota, anche il personale messaggio di Kate e William: "Vorremmo ringraziare il personale" dell’ospedale St.Mary per "la formidabile attenzione che tutti e tre abbiamo ricevuto". Dato ieri alla luce il suo primogenito, Kate Middleton potrebbe essere dimessa già oggi dal St.Mary’s hospital, con il ritorno della giovane coppia nella propria residenza assieme al principino. Kensington Palace ha annunciato ufficialmente che "sua altezza reale la duchessa di Cambridge sarà dimessa questa sera" e che andrà con il figlio nella loro casa a Kensington Palace. I genitori di Kate, Carol e Michael Middleton, sono andati a far visita alla figlia e al nipotino nel pomeriggio, seguiti dopo un’ora dagli altri nonni, il principe Carlo con la moglie Camilla. Ed è stato proprio Carlo ad annunciare che il bebé uscirà "a breve".
LE IPOTESI DEI BOOKMAKER
Sondaggio: Quale sarà il nome scelto per il Royal Baby? Qui le ipotesi dei bookmaker
William
Alexander
James
Richard
Louis
Arthur
Philip
Henry
Grazie a Dio somiglia a Kate
La segreteria di Kensington Palace fa sapere con una nota ufficiale che la duchessa di Cambridge, suo marito e il loro bimbo questa mattina stanno bene. Nella nota, anche il personale messaggio di Kate e William: "Vorremmo ringraziare il personale" dell’ospedale St.Mary per "la formidabile attenzione che tutti e tre abbiamo ricevuto". Dato ieri alla luce il suo primogenito, Kate Middleton potrebbe essere dimessa già oggi dal St.Mary’s hospital, con il ritorno della giovane coppia nella propria residenza assieme al principino. Kensington Palace ha annunciato ufficialmente che "sua altezza reale la duchessa di Cambridge sarà dimessa questa sera" e che andrà con il figlio nella loro casa a Kensington Palace. I genitori di Kate, Carol e Michael Middleton, sono andati a far visita alla figlia e al nipotino nel pomeriggio, seguiti dopo un’ora dagli altri nonni, il principe Carlo con la moglie Camilla. Ed è stato proprio Carlo ad annunciare che il bebé uscirà "a breve".
IL LIVEBLOG
Mentre i cittadini britannici festeggiano l’arrivo del royal baby, la stampa non trattiene l’entusiasmo e il quotidiano The Sun oggi per un giorno ha cambiato nome, diventando The Son, in onore del nuovo arrivato, destinato un giorno a essere re, ma il cui nome, per ora, resta un mistero reale.
PEZZI DI STAMATTINA DEL CORRIERE DELLA SERA
MICHELE FARINA
DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA — Tutti scommettevano su una futura regina. E invece è arrivato un altro principe. Il nome non si sa ancora. Sarà King George o James? L’annuncio della famiglia è giunto all’imbrunire, intorno alle 20 e 40 (le 21 e 40 in Italia). Quattro ore di tranquillità per William e Kate, prima di condividere il loro baby boy con il mondo. «È nato alle 16 e 24, pesa 3,8 kg». Nonna Carole, madre della duchessa, diceva Leone. E invece, per pochi minuti, le stelle hanno detto Cancro. La notizia, nero su bianco, dopo mezz’ora era leggibile su un cavalletto di legno antico oltre la cancellata di Buckingham Palace, davanti a centinaia di spettatori in festa. Un semplice foglio di carta A4, firmato dai medici. Mentre sulla porta della clinica un cantore in livrea suonava la campana: «God save the Queen».
Dio salvi il principe. E i suoi fans. Fino all’ultimo Terry Hutt, falegname in pensione noto alla Famiglia Reale con il nome di «uomo ombrello», ha mantenuto la sua postazione per la gioia di passanti, fotografi, telecronisti (dal Giappone alla Svezia). Terry ha dormito qui, in un letto tappezzato di bandiere britanniche. In mezzo alla folla che fin dalle prime ore del mattino ha fatto la posta all’entrata del St Mary’s Hospital in zona Paddington. «The Umbrella Man» (per via del cappello) dorme sul marciapiede da una settimana («perché amo i Reali e perché mia moglie intanto si riposa un po’»). A pochi metri Ben Gurr, fotografo del Times veterano dell’Afghanistan, alle 5 del pomeriggio era appollaiato su una delle scalette d’alluminio con vista su Lindo Wing, la clinica privata dove partorire costa 11 mila euro: «Siamo tutti qui per una foto, tre persone che usciranno da quella porta: Kate, William e il royal baby».
Per la foto si dovrà aspettare. Nonna Diana nel 1992 uscì da quella porta 22 ore dopo aver dato alla luce il primogenito William. Il suo travaglio durò 16 ore. Quello di Kate circa 11. È arrivata al St Mary’s poco prima delle 6, nel giorno più caldo degli ultimi 7 anni. In auto con il marito, la Duchessa di Cambridge beffa i reporter entrando da una porta laterale. Le postazioni dei media (occupate da settimane) si riempiono in fretta. Per un Paese monarchico al 77% comincia l’attesa. Turisti (molti italiani), curiosi, mamme inglesi con bambini che cercano di guadagnare il pronto soccorso, vecchiette pazienti o sibilanti contro i fotografi: «Non potete trovarvi un lavoro?». Teba Diatta, che ha fondato una Ong per i bambini africani «per cui tanto William e Kate si battono», arriva da York con una torta: «Speriamo in una bambina. Un’altra regina dopo Carlo e William».
E invece sarà un re. Subito corteggiato dai politici. Sia il premier David Cameron che il leader laburista Ed Miliband fanno i complimenti al nuovo arrivato. Ci vorrà mezzo secolo prima di vederlo con la corona. C’è una fila di tre eredi. Nonno Carlo, quasi sessantacinquenne, nelle stesse ore visita lo Yorkshire accanto alla moglie Camilla. La vecchia guardia lascia spazio a quella nuova. La più popolare: William, che ha preso un congedo di paternità di due settimane da pilota della Raf e diventa papà nel luogo dove è nato, e la «borghese» Kate che è la figura più amata della Ditta reale (batte di un punto percentuale la Regina).
Famiglia nuova, cerimoniale antico. Come per William 31 anni fa, l’annuncio doveva seguire la stessa procedura: un semplice comunicato firmato dai medici (guidati dal ginecologo della sovrana, Marcus Setchell, 69 anni), un messaggero che trasporta la busta dall’ospedale a Buckingham Palace. E lì, oltre la famosa cancellata, il foglio esposto su un cavalletto di legno lavorato. Soltanto a quel punto, spazio ai social network e al proclama via Twitter. Prima di tutto, però, la telefonata di William alla regina bisnonna, che nei giorni scorsi aveva scherzato: «Forza che venerdì 26 luglio cominciano le mie vacanze in Scozia».
Ieri sera intorno alle 20 e 30 Kensington Palace fa sapere che la notizia sarà affidata a un comunicato ufficiale. Tutto accelera, tutto è già avvenuto. Nessuna fuga di notizie. In serata giunge il commento di William, che ha assistito al parto: «Non potremmo essere più felici». E arrivano le parole di gioia della regina e del principe Filippo sull’account Twitter di Buckingham Palace e quelle dei nonni Carlo e Camilla: «Siamo felicissimi».
Le sorprese non sono finite (anche per la gioia dei bookmaker che hanno già raccolto scommesse per oltre un milione di euro). Manca la foto. E il nome del principe. Le ipotesi più gettonate: George e James. Il nome più votato su Internet? Era Diana, come la nonna che non c’è.
Michele Farina
FABIO CAVALERA
LONDRA — Cambio di luna e 33 gradi. Il travaglio lungo 11 ore. E il royal baby è finalmente arrivato. Al St Mary Hospital, nella suite da 5 mila sterline a notte, champagne compreso, la duchessa Catherine Elizabeth Middleton, Kate, alle 16.24 ha partorito il principe di Cambridge, nipote di Lady Diana, terzo pronipote di Elisabetta II, terzo erede al trono dopo Carlo e William. Il suo nome lo sapremo fra qualche giorno. E il suo cognome pure: sarà Windsor? Sarà Windsor-Mountbatten (Filippo d’Edimburgo è Mountbatten)? O sarà Galles come William? Oppure solo Cambridge? Sarà comunque un «commoner king».
I rituali della monarchia, con qualche correzione dettata dall’incalzare della comunicazione moderna, resistono nel tempo. Un «cinguettio» di Clarence House su Twitter, la residenza di Carlo e Camilla, ha dato la notizia che le doglie erano cominciate e che alle 6 del mattino era avvenuto il trasferimento all’ospedale, in auto e non in ambulanza. Poi la regina, che una nota di Buckingham Palace si è detta «felicissima», è stata la prima a sapere della nascita. William l’ha chiamata col telefono criptato per rispettare il rigore del cerimoniale. Il comunicato ufficiale 4 ore dopo. A segnare la rivincita sui social network. L’evento di ieri va oltre le tradizioni dei Windsor e va oltre la frenesia del pirotecnico show globale. È una data importante per la storia del Regno Unito. Questo bambino sarà il primo monarca che porterà la borghesia britannica al vertice della piramide nobiliare. Ciò significa che le vicende di corte assumono una dimensione nuova e interessante.
Sua altezza reale, baby Cambridge, non ha sangue blu «doc». Ha i geni dell’aristocrazia Windsor-Mountbatten, dinastia chiacchierata, comunque rispettata. Ha i geni dell’high society elegante e sofferente di Lady Diana Spencer, la più amata. E ha pure i geni dei Middleton venuti dal nulla.
Gli antenati di Carole, l’ex hostess e mamma di Kate, gli Harrison e i Goldsmith erano minatori e falegnami. Gli antenati di Michael, l’ex pilota della British Airways il papà di Kate, erano commercianti e avvocati. Simbolo di povertà e di ambizione i Middleton-Goldsmith oggi imprenditori facoltosi. I proletari divenuti borghesia. La borghesia che ha sgomitato, ha sognato, si è arricchita.
Le radici di baby Cambridge, il futuro re, sono nella società delle élite che comandano e nella società dei semplici che hanno conquistato il benessere. Bisogna tornare indietro di secoli per scovare tracce di ordinaria modestia nella genealogia della corona inglese e britannica. Nel 1400, Edoardo IV di York sposò la dimessa Elisabetta Woodville ma pur sempre con una briciola di nobiltà. Nel 1660 Giacomo II Stuart provocò invece scandalo con la cameriera Anna Hyde, presa in moglie. Parentesi. Adesso Buckingham Palace avrà un nuovo inquilino: il «terzo Stato».
È un ribaltone strisciante. Kate ha convinto William alla resa nuziale. Al momento opportuno, sarà regina consorte e regina madre, la prima regina laureata, la prima regina che ha sfilato in lingerie (ai tempi dell’università) ma lo sarà per acquisizione matrimoniale. Suo figlio sarà re per status ereditato, sarà un re Windsor con la Rolls Royce e le carrozze. Ma sarà pure un borghese Middleton coi vizi e le virtù borghesi. La bisnonna Dorothy (morta nel 2006), da parte materna, era una commessa di negozio, aveva pochi soldi ma esibiva nel quartiere del sud londinese la carrozzina più costosa.
Altri «commoner», prima di Kate, hanno lentamente normalizzato il clan di Buckingham Palace. Questa volta è diverso. Zara Phillips la nipote di Elisabetta ha impalmato il rugbista Mike Tindall, un armadio (i due sono in dolce attesa). Andrea, il duca di York, secondo figlio di Elisabetta, ha condiviso lo stesso tetto con la irrequieta Sarah Ferguson. La principessa Anna, la figlia di Elisabetta, ha alle spalle le nozze col capitano Mark Phillips e col comandante di marina Timothy Laurence. Edoardo, l’ultimo dei rampolli di Elisabetta, ha accompagnato all’altare Sophie, che vanta legami col visconte Molesworth del diciassettesimo secolo ma il cui padre era un rivenditore di pneumatici. Tutte seconde, terze e quarte file. Baby Cambridge è il volto della trasformazione di un vecchia monarchia in una monarchia moderna e meno snob.
Diana e Carlo, quando nacque William il 21 giugno 1982, litigarono per sette giorni non mettendosi d’accordo sul nome del neonato. E i sudditi di sua maestà restarono sulle spine. Ma i tempi sono cambiati e sono cambiati i Windsor, sempre protagonisti di favole e di drammi. La duchessa e il duca di Cambridge hanno concordato da tempo: ci diranno la loro scelta, forse quando lasceranno l’ospedale.
Il principe Filippo al momento del parto di Elisabetta, non ancora regina, stava giocando a squash. E si guardò bene dall’interrompere. Invece, Carlo, pur nella infelicità del suo rapporto con Diana, partecipò al travaglio della moglie. E fu il primo strappo alle regole di corte.
I Windsor hanno mille difetti e un pregio: siamo nel XXI secolo e si adeguano. William ha chiesto 15 giorni di congedo paternità dalla base Raf nel Galles dove è elicotterista di salvataggio per stare vicino a Kate sia prima, sia durante, sia dopo le doglie. Sempre accanto. Si cimenterà coi pannolini e rientrerà al lavoro come un ufficiale qualsiasi. Superando l’impatto col voyeurismo mediatico e di massa, ci accorgiamo che questo baby-day ha caratteristiche particolari. Il principe di Cambridge sarà un cavaliere del nobilissimo ordine inglese della Giarrettiera e dell’ordine scozzese del Cardo, il massimo delle onorificenze che gli spetteranno. Ma raccoglierà anche il testimone dei signori Middleton. Colui che viene accolto dai 41 colpi del cannone dell’artiglieria a Green Park e dai 61 colpi del cannone alla Torre di Londra, colui che avrà la corona, che guiderà la Chiesa anglicana e le forze armate, è destinato ad essere un «commoner king».
Dividerà l’infanzia fra Kensington Palace, la residenza dei duchi di Cambridge, incrociando l’housekeeper italiana Antonella Fresolone, e la villa borghese nel villaggio di Bucklebury nel Berkshire sotto la guida di Carole e Michael, i genitori di Kate. Con Pippa che ronzerà attorno assieme a James, il fratello pasticcere (probabili padrini al battesimo) e magari ad «uncle G», lo zio Gary Goldsmith che nella sua casa di Ibiza si faceva riprendere con la cocaina sul tavolo. L’hanno perdonato le donne e gli uomini di Buckingham Palace. Comincia la nuova saga dei Windsor: re e regine, principi e principesse, duchi e duchesse ma anche un Windsor quasi normale. L’arcivescovo di Canterbury lo accoglie con cristiana umiltà scrivendo sul Daily Mail: «È uno dei tanti bambini che nascono». È la sintesi semplice e profonda del baby-day.
Fabio Cavalera
BEPPE SEVERGNINI
Ogni bambino è importante, perché è il segno della vita che continua. Il primogenito di William e Kate è anche altro, per i sudditi della bisnonna Elisabetta: il simbolo della nazione che va avanti. La prova che c’è qualcosa oltre le preoccupazioni di giornata, i guai dell’economia e i tormenti della politica. Qualcosa di condiviso, un po’ di serenità, una speranza comune che scalcia dentro un pannolino.
Sbaglia chi pensa che la passione popolare per il royal baby sia la versione britannica dell’infatuazione americana per i figli di Angelina Jolie e Brad Pitt. È vero che le vicende dei reali inglesi, alla fine del secolo scorso, hanno fornito trame, sorprese e scandali in abbondanza; una lunga, evitabile rappresentazione culminata con la morte di Diana, per cui la casa di Windsor ha pagato un prezzo altissimo. Ma le cose sono cambiate, da qualche anno. La monarchia, come certe piante esotiche, non tollera troppa luce; è tornata nella sua penombra elegante, dove può essere d’aiuto.
È un aiuto antico e collaudato: garantire una continuità, fornire una boa nel mare agitato del mondo. È un ruolo gratificante, ma complicato. C’è chi s’è dimostrato tragicamente inadeguato, come i Savoia. Chi s’è adeguato e un po’ sbiadito, come le monarchie nordeuropee. Chi è partito bene e ora stenta, come la casa reale spagnola. La famiglia reale britannica — quella che Elisabeth chiama prosaicamente «the firm», la ditta — non è forse la più poetica, e neppure la più avveniristica, però appare la più professionale. Non anticipa i tempi, ma li tallona.
Non c’è nulla di rivoluzionario nei cappottini colorati di Kate, nelle curiosità esoteriche di Carlo, nella passione equestre di Elisabetta, condivisa dal nipote William, che s’è preparato a diventare padre giocando a polo. C’è però la consapevolezza di un ruolo e di un compito: garantire continuità e coreografia in una democrazia. Non pensate sia un compito da poco. Forma e sostanza possono e devono andare insieme. Il monarca — questa regina, i tre re in attesa — è il totem elegante intorno al quale si riunisce una tribù soddisfatta.
La monarchia non è una fede. Non è neppure religione (anche se il monarca è a capo della Chiesa anglicana). È una tradizione, cui si può aderire o meno. The Economist — uno dei simboli della Gran Bretagna capace d’imporsi nel mondo nuovo — non ha mai nascosto di preferire la Repubblica. Il Guardian , poche ore fa, ha offerto ai lettori un’alternativa: «Royalist» o «Republican». Chi sceglie quest’opzione ha la possibilità di navigare sul sito senza trovare traccia delle notizie relative alla nascita del figlio di William e Kate. Un filtro per aggirare una notizia che non interessa; e nessuno, che si sappia, ha gridato alla lesa maestà.
Le nazioni sono miti; le tradizioni sono le impalcature che le reggono. Ecco a cosa servono gli stemmi, i leoni, i leopardi, i gigli e le giarrettiere dei Windsor: sono la sceneggiatura di una vicenda che va avanti, generazione dopo generazione. Non un’assicurazione, ma certo una rassicurazione. Un peso troppo grande per un bambino di poche ore? No, se gli sarà consentito di imparare con calma. Ha una bisnonna vitale, un nonno in lista d’attesa, papà e mamma all’altezza: non c’è fretta.
Non c’è fretta e non c’è neppure pericolo che il clamore di queste ore disturbi il re del futuro: i neonati hanno il vantaggio dell’incoscienza, e la poppata vien prima della rappresentanza. Ma sarà probabilmente lui, cui auguriamo la longevità della bisnonna, a portare il Regno Unito — unito anche all’Europa, speriamo — nel 22° secolo. Scrivere questo numero — ventidue — fa paura: perché pochi di noi lo vedranno sbucare oltre un capodanno. Lo vedrà invece, probabilmente, un bambino nato in una sera d’estate, in un’isola in festa, convinta di annusare di futuro.
PEZZI DI OGGI DI REPUBBLICA
ENRICO FRANCESCHINI
COME si chiamerà, lo sapremo “a tempo debito”, indica la casa reale, per il nome di suo padre ci volle una settimana, per quello di suo nonno (Carlo) addirittura un mese. Le notizie ora volano sul web, ma i Windsor rispettano le tradizioni: un messo (in Jaguar anziché a cavallo) porta l’annuncio del lieto evento dall’ospedale St. Mary fino a Buckingham Palace, dove viene appeso a un treppiede dorato, a pochi passi dai cancelli, affinché il popolo possa ricevere la notizia, e un altro in costume antico la strilla davanti all’ospedale.
La regina era già stata informata da William per telefono, novità tecnologica: c’era stato tutto il tempo, perché il “royal baby” è arrivato sulla terra, per la precisione nella suite da 5000 sterline (6 mila euro) della Lindo Wing, l’ala privata della clinica, alle 4,25 del pomeriggio, dunque dopo una decina d’ore
di travaglio. Kate ha fatto più in fretta della media (12 ore per la prima gravidanza) e di Diana con William (16), ma soltanto alle 8 e 30 di sera Kensington Palace, il palazzo dove Diana visse con i suoi figli dopo il divorzio e dove ora andranno a vivere William, Kate, il bebè reale (e il cocker spaniel Lupo, più una cameriera/nanny italiana), fa sapere al mondo che il bebè è nato. “Sua Altezza reale e il figlio stanno entrambi bene”, afferma il laconico messaggio affisso a palazzo reale. E la festa comincia, champagne nelle strade, birra nei pub.
Si conclude così una storia, anche se non è la Storia con la maiuscola: fosse nata una femmina,
sarebbe stata la prima a usufruire dei cambiamenti nella legge sulla successione al trono, diventando regina anche se avesse avuto un fratello minore maschio. Invece “it’s a boy”, come strillano Twitter, radio, tivù, siti e tabloid, e tutto in un certo senso resta come prima. Non ci sarà il rischio di imbarazzi, chiamandola o non chiamandola Diana: il suo nome sarà George, secondo i bookmaker. “Sono
enormemente felice e orgoglioso di diventare nonno per la prima volta”, dice il principe Carlo, e non si tratta solo della sua felicità: è come se la favola dei Windsor, spezzata dal divorzio tra Carlo e Diana e dalla tragica morte di lei, potesse ricominciare. “Siamo deliziati”, commentano la regina e il principe Filippo. Tutti contenti, in attesa della prima immagine della nuova famigliola reale, forse
oggi, con il “piccolo principe di Cambridge” in braccio, dopo una notte di sonno ristoratore.
Erano arrivati al St. Mary alle 6 del mattino, William e Kate, quando le doglie hanno avuto inizio, dribblando l’assedio dei paparazzi davanti al portone: invece della solita Range Rover d’ordinanza, usano un pullmino Ford Galaxy per il breve viaggio da Kensington Palace al retro dell’ospedale. Alle 7 e 30 la
clinica conferma il ricovero della principessa, poi silenzio stampa. Ad assistere Kate nel parto, le migliori levatrici, l’exginecologo e l’attuale ginecologo della regina, insomma il team migliore di Gran Bretagna. «Tutto il paese celebrerà», afferma il primo ministro David Cameron. Ricordandosi della piccola minoranza anti-monarchica di questo paese, il
Guardian,
quotidiano progressista, pubblica anche un’edizione “repubblicana” online, priva di notizie sul bebè reale: ma dura poco. Il consenso per la corona è al 75 per cento. E questo parto, lungamente atteso, chiude dodici mesi d’oro per il Regno Unito: le Olimpiadi, il Giubileo della regina (60 anni sul trono), perfino un’estate degna di questo nome, infine un nuovo erede. Ora, come lei stessa auspicava, Sua Maestà può andare in vacanza.
SIMONETTA AGNELLO HORNBY
DEL St. Mary’s Hospital a Paddington — lugubre all’esterno, ma con un ottimo reparto di ostetricia — ho un ricordo personalissimo. Lo visitai nel 1970, all’inizio della mia prima gravidanza, ma poi ci trasferimmo a Oxford ed è lì che è nato mio figlio. Nel 2010 sono ritornata al St Mary’s Hospital con mia cugina: stava per mettere al mondo il suo primo bambino, ospite della sanità pubblica e non nella costosissima ala privata Lindo, in cui è stata accolta la duchessa di Cambridge. Se le levatrici l’hanno accudita con la stessa cura riservata a mia cugina, l’erede al trono è entrato nel mondo nel migliore dei modi.
Dopo la tragica morte della principessa Diana, le sorti della monarchia erano cadute molto in basso. L’inossidabile regina è riuscita a risalire la china e a ripiantare la bandiera in vetta con le nozze di William e Kate. Ora è arrivato anche il sospirato erede, che un giorno regnerà. Ma imporre al primogenito un corso di vita e di lavoro predeterminato
nega il principio della libertà di scelta; se da adulto volesse sottrarsi al suo futuro di sovrano dovrebbe compiere un atto formale, la rinuncia; e se fosse già sovrano dovrebbe abdicare pubblicamente. Sarebbe come il riconoscimento di un fallimento, personale e nei riguardi dei propri avi.
Ogni essere umano ha il diritto di scegliere il proprio lavoro e non dev’essere obbligato a seguire il mestiere di nessuno. Come avvocato dei minori, trovo ingiusto che questo bambino sarà allevato per imparare il mestiere del padre, che tuttavia potrà esercitare soltanto alla sua morte. Carlo, per esempio, aspetta ancora e ha l’età della pensione; non sorprende che, stando alle indiscrezioni dei suoi impiegati, sia bisbetico e irritabile.
Il royal baby vivrà in una gabbia dorata. Non potrà andare a scuola a piedi o in autobus, come gli altri bambini: avrà una guardia del corpo personale che non lo lascerà mai solo, imparerà a stringere la mano a milioni di persone, a sorridere fino a quando gli faranno
male i muscoli del viso e dovrà comportarsi bene in pubblico, sempre. Non potrà mettersi le dita nel naso, mai.
La monarchia è un esempio lampante di ingiustizia sociale. Che alcuni membri della famiglia reale, sia quelli assuefatti alla gabbia dorata che i nuovi venuti, credano di starci bene non attenua l’ingiustizia di cui sono vittime i loro figli. La repubblica è in assoluto preferibile alla monarchia, è indubbio. Ma nel caso del mio secondo Paese, non ne sono sicura. In Inghilterra ho imparato il pragmatismo: “Why change it, if it works?”. E la monarchia funziona: la regina tiene unito il Commonwealth delle ex colonie; è una formidabile attrazione turistica; il costo della famiglia reale è probabilmente ammortizzato dai proventi del turismo e dei souvenir che recano impresso il volto della regina e dei suoi familiari. Dubito che si venderebbero molte tazze con il volto di un presidente della Repubblica.
JOHN LLOYD
QUANDO, nel 1926, la regina Elisabetta II, sovrana di Gran Bretagna, venne al mondo, il parto avvenne con taglio cesareo al 17 di Bruton
Street. ERA una grande villa del centro di Londra appartenente al conte di Strathmore, il padre di sua madre nonché uno dei più grandi proprietari di miniere di carbone del Paese. Il lieto evento coincise, senza volerlo, con un avvenimento più drammatico: lo sciopero generale, in sostegno dei minatori che lottavano per avere salari più alti, cominciò pochi giorni dalla nascita di Elisabetta (anche se questo non ridusse la fame di notizie sulla nuova principessa da parte del pubblico, fame che rimase inappagata perché erano scesi in sciopero anche i lavoratori dei giornali). Il ministro del-l’Interno, Joynson Hix, cui competeva la gestione dei preparativi per lo sciopero, si prese comunque il tempo di aspettare per dieci ore la conclusione del difficile parto a Bruton Street, per presentare le congratulazioni
dell’esecutivo.
Era l’ultima di una serie di nascite reali la cui tradizione risaliva fino al Medioevo: nascite che avvenivano in luoghi riservati, alla presenza dei cortigiani e con i particolari della nascita che in generale venivano tenuti riservati (la notizia del taglio cesareo si seppe solo anni dopo). Diana, la madre del principe William, lo partorì nel giugno del 1981 in un ospedale pubblico, il St. Mary’s di Paddington (anche se in un reparto maternità privato, la Lindo Wing). Anche Kate è venuta qui: si dice che sia il reparto di ginecologia più all’avanguardia del Paese.
Questo passaggio dalla tradizione
medievale e dalla segretezza all’odierno approccio semi pubblico — l’annuncio della nascita è stato dato su Twitter — è ormai il tratto dominante della famiglia reale britannica. È in corso un lento e deliberato processo di decompressione dello status della famiglia regnante, una determinazione non dichiarata a mettere il monarca d’Oltremanica più o meno sullo stesso livello di quello olandese o di quelli scandinavi, pur senza rinunciare alle sfarzose e popolari cerimonie pubbliche in cui i britannici, con il loro gusto per il teatrale e il sentimentale, eccellono. Il
royal baby
erediterà ricchezza
e prestigio (anche se nessun potere reale), ma dovrà esibirli con modestia.
William naturalmente ha presenziato alla nascita, come qualsiasi genitore moderno ma diversamente dai suoi predecessori. A differenza di suo padre e sua madre, lui e Kate non assumeranno subito una tata, ma vivranno con i genitori di Kate, Michael e Carole Middleton, che hanno fatto fortuna mettendo in piedi un’azienda che vende per posta decorazioni e articoli per le feste e che si sono conosciuti quando ambedue lavoravano come assistenti di volo per la British Airways in Giordania.
Michael veniva da una famiglia di commercianti borghesi, Carole da una famiglia di minatori (un altro punto di contatto con l’estrazione del carbone, anche se a un livello ben diverso). William, che è ufficiale dell’aeronautica di sua maestà, avrà solo le canoniche due settimane di congedo paternità.
Il padrino probabilmente sarà di sangue reale, il fratello di William, Harry, la cui apparizione pubblica più nota recentemente è stata sulla copertina del
Sun,
nudo e con le mani sopra i genitali in una foto scattata in un party a Las Vegas dove il principe aveva organizzato una partita
di biliardo in cui chi sbagliava un colpo doveva togliersi un capo di vestiario. Dietro di lui c’era una ragazza che si nascondeva. Harry è una miniera d’oro per i tabloid e probabilmente continuerà a esserlo, una sorta di contrappunto scandaloso alla piattezza di suo fratello e di sua cognata.
Ha una partner (non in senso sentimentale) nella sorella di Kate, Pippa, ex consulente di pubbliche relazioni che ora lavora per una società londinese che organizza feste e cene aziendali. Pippa è sempre sulle pagine dei rotocalchi: a trent’anni, è stata votata dalla rivista
Tatler
la “single numero uno” della città. Ha messo a frutto la sua fama con un anticipo — sembra — di 400.000 sterline per un libro su come organizzare una festa, che ha venduto poco e ha avuto cattive recensioni, ma che non le ha impedito di essere assunta come editorialista per la rivista britannica
Spectator
e l’americana
Vanity Fair.
Kate, William e il loro bambino cresceranno in un mondo composto in gran parte dall’élite danarosa della capitale, circondati dall’attenzione dei tabloid e delle riviste, con la loro immagine costantemente tirata a lucido da una squadra di consulenti di pubbliche relazioni incaricati di farli sembrare al tempo stesso ammalianti e normali. Non è un’eredità eccessivamente impegnativa per il nuovo arrivato, ma le difficoltà
non mancheranno.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
PEZZI DELLA STAMPA DI OGGI
CLAUDIO GALLO
Sarà un re, non sarà una regina, come in fondo tutti si aspettavano: Helen Mirren è stata l’ultima a gettare la sua predizione sbagliata. La duchessa di Cambridge, per il mondo Kate, ha dato alla luce un bambinone di 3 chili e otto, circa mezzo chilo in più del principe William alla nascita. Alle 4 e 24 di pomeriggio, dopo undici ore di travaglio. Il terzo in linea dinastica, dopo il nonno, il principe Carlo, e il padre, è nato senza aiuti, nel modo naturale che la madre si era ostinatamente prefissata. Per i bookmaker si chiamerà Giorgio, ma il nome non è ancora noto. Si sa invece che il suo titolo suonerà così: Sua Altezza Reale Principe (il nome) di Cambridge.
La regina Elisabetta, informata direttamente da William al telefono con inaudita e moderna rottura del protocollo, si è detta «deliziata».
Co n t e m p o ra n e a mente veniva avvisata la famiglia Middleton. In visita insieme con Camilla a York, il principe Carlo aveva per tutto il giorno giocato a fare il distaccato, ma poi si è lasciato andare ammettendo di essere eccitato all’idea di diventare nonno. Harry ha espresso la sua felicità dalla base della Raf di Wattisham.
Una nascita tutta all’insegna dell’innovazione: anche il vecchio glorioso leggio su cui venivamessoilrapportomedicoappena arrivato dall’ospedale, per poi essere esposto dietro al cancello principale di Buckingham Palace, in pasto alla curiosità dei sudditi, sembra destinato ad andare in pensione. Un’altra vittima di internet. L’annuncio infatti è stato diffuso anche attraverso l’immaterialità della posta elettronica.
Più tradizionalmente la nascita è stata salutata da 41 colpi di cannone, sparati a Green Park, accanto al Palazzo, dagli artiglieri reali e da 62 salve esplose dagli artiglieri della Torre di Londra. Il piccolo Cambridge farà presumibilmente la sua prima apparizione quando la madre uscirà dall’ospedale e si concederà agli obiettivi dei fotografi nello stesso posto dove trentun anni fa Lady Diana si fece fotografare con il neonato William.
Grazie all’organizzazione quasi militare che la circondava, Kate aveva brillantemente beffato i fotografi appollaiati da quasi dieci giorni intorno all’ospedale Saint Mary, appena dopo la stazione di Paddington, nel centro di Londra. Si sapeva che era rientrata dalla casa di campagna dei Middleton nel Berkshire per tornare a Kensington Palace, perciò stavano tutti con il dito pronto a far scattare l’otturatore. Ma verso le 5.30 del mattino, la duchessa è arrivata da casa (cinque minuti di viaggio a quell’ora) non in Range Rover o Discovery, come al solito, ma su un più anonimo pulmino Ford Galaxy blu scuro, scortato da una Saab 9-5. Poi si è infilata in un ingresso secondario, invisibile ai media.
Al mattino davanti all’ospedale, oltre alla piccola, ingombrante folla di reporter, c’erano pochi curiosi, una cinquantina al massimo, la maggior parte turisti. Come la famiglia Heckert, genitori e due figlie, in vacanza a Londra da un paesino vicino ad Hannover, venuta a buttare un occhio sul teatrino davanti all’ingresso del «Lindo Wing». Oppure ragazzine come Gabriela Koutna, 18 anni, e Kristyna Krarmanova, 17, che sgranocchiano patatine godendosi lo show. Poi c’era la pattuglia degli irriducibili caratteristi, gente come l’ex soldato Terry Hutt, 78 anni, che da giorni dorme su una panchina davanti all’ospedale avvolto nella Union Jack e coperto di badge come una madonna pellegrina. Il tipo che nell’Italia di una volta si chiamava lo scemo del paese, ma che ieri mattina veniva intervistato come se fosse Aristotele.
L’idea è che l’ossessione per il Royal Baby sia stata coltivata più dai media che dalla gente. Intendiamoci, gli inglesi provano grande tenerezza e partecipazione per il nascituro, così come, nella grande maggioranza, amano la loro monarchia, ma lo fanno con certo pudore.
Stesso discorso a Buckingham Palace dove, a parte le postazioni dei reporter con i tendoni bianchi e le paraboliche, sembrava un giorno come un altro. Il Daily Mail sparava sul sito che c’erano migliaia di persone in attesa e metteva fotografie di folla accalcata, bambini appesi alla cancellata, in attesa dell’esposizione del celebre leggio. Niente del genere, la piazza era mezza vuota. Davanti al cancello c’era Beryl Moon, 67 anni, cappellino in testa, le guance rubizze sotto il sole cocente del tardo pomeriggio (ieri era l’ennesima giornata più calda della storia). Era venuta apposta dall’Australia per vedere il Real Bambino. «Sono sempre stata monarchica io», dice con orgoglio. Era preoccupata perché il suo paese, insieme al Canada, non ha ancora ratificato la modifica costituzionale che permette alle primogenite di accedere ai diritti dinastici. Avesse saputo..
Gli stranieri sono in maggioranza: americani, tedeschi, italiani, turisti venuti a curiosare.
A un certo punto era passato un elicottero militare. Subito partiva il tamburo di Twitter, la storica Anne Whitelock lanciava: «Atterrato un elicottero vicino a Buckingham, la folla (? ndr) in delirio. Chissà chi è arrivato?». Subito rispondeva il Royal Correspondent della Bbc Peter Hunt: «Atterrato elicottero a Buchingham Palace, non si sa chi ci sia a bordo». Si scoprirà poi che era passato un elicottero militare ma aveva tirato diritto. La febbre da Royal Baby fa strani scherzi.
VITTORIO SABADIN
Ora che ha partorito un erede al trono, per Kate Middleton è finalmente finito il tempo degli esami. Da qui in avanti, sarà circondata dal rispetto che si deve al titolo che porta: Sua Altezza Reale Catherine, duchessa di Cambridge, contessa di Strathearn, baronessa di Carrickfergus, futura regina consorte e, se sopravviverà al marito, regina madre. Chissà come sarebbe contenta sua nonna materna, Dorothy Goldsmith, la donna d’acciaio che aveva traghettato la propria famiglia dalla povertà all’agiatezza e che mai avrebbe osato sognare di vedere un giorno una nipote seduta fianco del re.
Chi conosce la duchessa di Cambridge, dice che sicuramente ce la farà, perché tutte le donne dalle quali discende hanno dimostrato una forza sorprendente. Anche sua madre Carole, la ex hostess che si è inventata «Party Pieces», un’azienda che vende online tutto quello che serve a un party, per poter mandare i figli alle scuole private: grazie a lei, Catherine è stata la prima laureata della famiglia.
Certo la tenacia non le manca. Ha aspettato William per dieci anni, senza mai dare segni di cedimento quando il rapporto si incrinava. Anche Diana aveva cercato con determinazione il suo principe, ma non aveva la minima idea di quello che la aspettava. È stato Carlo a spiegare bene le vere ragioni del fallimento del loro rapporto. «I membri della Royal Family - ha detto - sono duramente allenati fin dalla nascita al ruolo che avranno. Questo training manca del tutto alle persone che entrano all’improvviso nella famiglia e che sono disorientate e a volte annientate dalla complessità degli obblighi e dei doveri che ne derivano».
Dopo avere sposato un erede al trono d’Inghilterra, Catherine non farà l’errore di innamorarsi del figlio del proprietario di Harrods o di confessare in tv i problemi con il marito, se ne avrà. Ma non si può nascondere che mentre pranzava da sola nella stanza con il bow-window affacciata su Green Park, la Regina rifletteva spesso con preoccupazione sull’arrivo di questa «commoner» dai modi spigliati, che nulla sapeva di obblighi e doveri reali e rischiava di proiettare di nuovo a corte un film che Elisabetta non vorrebbe mai più rivedere. È stato William a convincerla, insieme con la necessità tutta politica di dare della monarchia un’immagine più moderna e vicina al popolo. Come una volta si cementavano le alleanze con i matrimoni, questa unione è servita a rinsaldare fortemente il legame tra i sudditi e il Palazzo.
I maligni dicono che Kate si è iscritta all’università di St Andrews in Fife perché sapeva che la frequentava William, e che il suo principale obiettivo non era mai stato la laurea in storia dell’arte. Ci ha messo un anno a farsi notare: decisiva è stata nel 2002 una sfilata di moda benefica alla quale si è presentata con un «revealing dress», come ora dicono pudicamente gli inglesi, senza specificare quanto il vestito rivelasse al sempre più interessato principe seduto in platea. Ancora convinto che fotografi e giornali siano responsabili della morte di sua madre Diana, William ha cercato di mantenere segreta la loro storia, vietando vicinanze ed effusioni in pubblico, ma non è bastato certo questo per tenere a bada i mastini del «Sun», del «Telegraph» e del «Daily Mail».
La tenacia di Catherine è emersa in tutta la sua grandiosità nel 2007, quando William ha deciso improvvisamente di lasciarla con una telefonata. Il principe aveva 25 anni, si sentiva troppo giovane per il matrimonio e non ne poteva più delle richieste di Kate, che lamentava di essere trascurata per gli impegni del fidanzato con il servizio militare nella Raf. Persino la Royal Family si era fatta sentire, per invitare William a decidere una volta per tutte. E William aveva deciso per il no. Qualunque ragazza sarebbe corsa a piangere dalle amiche, ma non Catherine. Se era stata troppo aggressiva, bisognava ora tornare al proprio posto, fare passare del tempo e assediare la fortezza, invece di cercare di abbatterla con azioni traumatiche. Quattro anni dopo entrava nell’abbazia di Westminster indossando il bellissimo vestito bianco di Sarah Burton, lo strascico sorretto dalla sorella Philippa, indimenticabile anche lei nella sua prima apparizione pubblica.
Da quel giorno Catherine ha commesso pochissimi errori. L’unico grave, nel settembre 2012, è stato cambiarsi il costume da bagno in una situazione nella quale poteva essere ripresa da fotografi, cosa puntualmente avvenuta. Prima e dopo il matrimonio, ha seguito appositi corsi a Buckingham Palace su come comportarsi, che cosa dire e che cosa fare quando si trova in pubblico. Non c’è niente di strano: anche la Regina è stata ad esempio istruita a porre alla gente che incontra domande alle quali non si possa rispondere con una frase troppo lunga, per non farle perdere tempo. Il punto è prendere questo corso formativo sul serio, e applicarlo.
Poiché Camilla non lascerà tracce di sé, toccherà a Catherine perpetuare il grande ruolo delle regine consorti e delle regine madri, come Queen Mary e Queen Elizabeth, che hanno contribuito così tanto a costruire la grandezza dei loro mariti e dei loro figli saliti al trono. E non è necessario diventare bacchettone o farsi imbalsamare dal protocollo, per riuscirci. Al funerale della madre di Elizabeth parteciparono milioni di persone commosse, e lei, la donna che Hitler aveva definito la sua più pericolosa nemica, beveva gin e Dubonnet a mezzogiorno, vino rosso a pranzo, porto e Martini alle 18 e due bicchieri di champagne a cena. Ma era così intelligente, simpatica e spiritosa, e nello stesso tempo così pronta al dovere, che era impossibile non amarla. Quando andò con Sir Noël Coward a un ricevimento e si accorse che lo scrittore gay sbirciava con interesse le guardie schierate sullo scalone, gli disse: «Al tuo posto non lo farei, Noël. Prima di metterle lì le contano». Catherine sarà capace di tanta responsabile ma spensierata regalità?