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 2013  luglio 23 Martedì calendario

CROLLA IL MITO DI DE LUCA: SALERNO PERDE 365 MILIONI


L’informazione sinistra distribuisce marchi di qualità. Nella Prima Repubblica era, ad esempio, patentato come «uomo politico fra i più intelligenti» Claudio Signorile: deputato barese socialista di lungo corso, più volte ministro, promoter dell’Alta Velocità e del Ponte sullo Stretto, autore di ponderosi studi su Turgot, Spinosa e – ovviamente – sul Mezzogiorno, per cui si era inventato una Conferenza nazionale dall’inevitabile titolo di «Civiltà della ragione». Dopo un coinvolgimento nello «scandalo delle lenzuola d’oro» è finito fra le vecchie glorie del Pd.
Quando era potente presenziava con sguardo intenso e pose pensose alle trasmissioni televisive concedendosi graziosamente alla sviolinate di giornalisti appecorati. Era il prototipo del politico progressista, per definizione colto, intelligente e accorto.
Identico ruolo è stato assegnato più recentemente a Vincenzo De Luca, sindaco democratico di Salerno e da poco vice-ministro delle Infrastrutture e dei trasporti (come Signorile) nel governo Letta. Per anni De Luca ha pontificato dagli schermi televisivi con l’aureola del saggio ed efficiente amministratore meridionale, di faro di civiltà, di esempio virtuoso da sbattere in faccia a quei cialtroni di sindaci leghisti che credevano di essere i soli a fare quadrare i bilanci. Per anni Salerno è stata dipinta come una enclave svizzera nelle parti basse della penisola, come l’esempio del Mezzogiorno amministrato dalla sinistra, e il suo sindaco come il contraltare virtuoso e colto del becerume padano: infatti il De Luca è «studiato», è laureato in filosofia, è elegante, ha l’eloquio forbito e lo sguardo vivace.
Oggi salta fuori che l’amministrazione di Salerno non è proprio quella meraviglia che veniva salmodiata: un debito complessivo di 365 milioni sta per cadere su 133 mila abitanti, 2.750 euro a testa. Le spese folli che De Luca ha fatto per dare lustro e parvenza di modernità e di vitalità alla sua amministrazione (come i 6 milioni gettati a Natale nella manifestazione “Luci d’artista”) ripiombano la città nell’ordinaria realtà degli sprechi e delle inefficienze meridionali annientando quella parvenza di orgogliosa differenza nella quale si è cullata per anni. Di fronte alla catastrofe, si è messa in vendita la centrale del latte, il fiore all’occhiello della città che permetteva al De Luca di fare dallo schermo predicozzi efficientisti agli allevatori padani. Si cerca anche di cedere immobili di pregio e diritti edificatori attorno a tre delle principali piazze urbane: il Tar ha accolto un ricorso di Italia Nostra e ha scongiurato lo scempio.
A questo punto il De Luca, che finora aveva resistito all’incompatibilità delle due poltrone su cui fa grazioso sfoggio delle sue capacità, si lascia “decadere” dal ruolo di sindaco scaricando la patata bollente su altri, salvo magari ripresentarsi più avanti se lo Stato deciderà di farsi carico del salvataggio anche di questa città meridionale, come ha sempre fatto in passato per le bancarotte al di sotto del 42° parallelo. Triste fine anche per l’ennesima miracolosa rinascita cittadina (remember Bassolino?) annunciata e finita malamente.
Insomma il Rinascimento con il Sud proprio non funziona, nonostante l’affetto dell’informazione amica e di regime e le vagonate di soldi che dal Nord scivolano verso il bordo meridionale della voragine. Soprattutto nonostante gli amministratori così colti e intelligenti che le nebbiose terre di Padania se li possono solo sognare.