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 2015  settembre 12 Sabato calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Ieri, 11 settembre 2015, 14° anniversario dell’attentato, ha parlato Obama, s’è osservato un minuto di silenzio alle 8.46, ora dell’impatto del primo aereo, si pregherà, per ordine del presidente, fino a domenica, i parenti delle vittime hanno letto uno per uno i nomi dei quasi tremila morti... È impossibile dimenticare l’11 settembre 2001. E, inoltre, non bisogna dimenticare l’11 settembre 2001. Con tutto quello che ha significato e che ha provocato.

Per esempio, ho sentito in televisione Obama dire: «Siamo più forti che mai». Ma questo è vero? Siamo usciti dalla crisi provocata dall’11 settembre più forti di prima? A me pare di no.
Pare di no anche a me. Intanto siamo ancora nella crisi finanziaria provocata dall’attentato, come abbiamo raccontato solo pochi giorni fa. Ma accanto a questa, c’è la crisi politica internazionale, il Medio Oriente spappolato, l’Isis e la Siria con i suoi milioni di profughi.  

Anche queste crisi si possono far risalire all’11/9?
Sì, perché nascono innanzi tutto da un’analisi sbagliata del terrorismo, cioè sono il frutto dell’idea vecchia che il terrorismo globale si possa sconfiggere con una guerra tradizionale, con l’invasione di un paese. Destabilizzando l’Iraq, credendo che la democrazia di tipo occidentale - in realtà in crisi anche da noi - fosse un bene assoluto ed esportabile, illudendosi di essere dei liberatori che sarebbero stati accolti a braccia aperte dai presunti liberati, gli americani hanno demolito un sistema feroce ma che teneva in equilibrio un’intera regione. O forse che il vecchio Bush padre, vinta la guerra in Kuwait, non s’era astenuto sapientemente dallo spingersi fino a Baghdad? In una zona resa progressivamente vuota (Libia, Iraq, Siria) s’è scatenata la guerra per bande, a sua volta resa dei conti tra i due grandi nemici millenari, i sunniti e gli sciiti. La caduta del sunnita Saddam ha scatenato gli appetiti degli sciiti iraniani e la controreazione dei sunniti di al Baghdadi. Il presidente buono e democratico, cioè Obama, capo di un paese che in questa crisi ha una responsabilità totale, adesso non vuole che i suoi si sporchino gli stivali e bombarda i cattivi solo dall’alto. I cattivi, cioè quelli dell’Isis, avanzano, sono alla periferia di Damasco, nessuno ha voglia di scendere sul terreno per fermarli, ed eccoci qua a scrivere, in fondo, sempre lo stesso articolo. Tutto questo, non posso che confermarglielo, comincia proprio l’11/9.  

Che succede se lo pseudocaliffo arriva a Damasco, fa fuori Assad e dà vita in modo definitivo allo Stato islamico?
Potrebbe succedere. E sa che le dico? Potrebbe persino essere una soluzione. Tolto di mezzo l’equivoco Assad, forse si formerebbe sul serio una coalizione mondiale anti-Isis. Forse la vittoria, per lo pseudocaliffo, potrebbe essere davvero l’inizio della fine.  

Come mai una coalizione generale anti-Isis non è possibile adesso?
Perché gli occidentali, cioè gli americani, cioè Obama, non hanno in testa nessuna strategia. Obama vorrebbe che fossero sconfitti sia Assad che lo pseudocaliffo e che i russi perdessero la loro base in Siria. Ma questi tre obiettivi non sono raggiungibili tutti insieme. Putin è entrato ufficialmente in gioco, e sostiene Assad con tecnologia e uomini sul terreno. Ha l’aria di dire: scegliamo il male minore, negoziamo un’uscita di scena di Assad, commissariamo Damasco e poi concentriamoci contro il Califfo. Il sottinteso di questo scenario è che non solo la Russia deve avere una parte nella soluzione del problema, ma deve avere anche una presenza, forte, nell’area. Proprio questa è la realtà che Obama non vuole prendere in considerazione, al punto che, pur di non far vincere Mosca, non si impegna a far perdere al Baghdadi.  

Il nuovo presidente degli Stati Uniti però...
Manca un anno all’elezione e non si insedierà prima del 20 gennaio 2017. Quindi non c’è tempo per sperare nella Clinton o in chi sarà. Ma senta qui: gli occidentali, adesso che ci si sono messi anche inglesi e francesi, avrebbero a disposizione, per annientare lo pseudocaliffo, 397 cacciabombardieri e 1.600 piloti. Quanti raid vengono fatti ogni giorno in media? Appena undici. In Afghanistan si compivano almeno 86 azioni tutti i giorni e in Iraq, nel 2003, si viaggiava a una media di 596. Quindi è ufficiale, anche se non si capisce perché: gli americani e, con loro, quei bei tomi degli inglesi e dei francesi che hanno provocato in Libia quello che hanno provocato, non intendono fare sul serio la guerra all’Isis, la loro priorità è la caduta di Assad, sostenuto invece dagli hezbollah libanesi e dagli iraniani con cui però gli Stati Uniti hanno appena firmato lo storico accordo. Se ne deduce che la guerra in quell’area disgraziata che ci manda ogni giorno migliaia di profughi è solo l’ennesima versione del conflitto tra America e Russia. (leggi)

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