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 2015  settembre 12 Sabato calendario

UN LEADER AZZOPPATO TRA INVIDIE E GELOSIE

Di Maio sì, Di Maio no, Di Maio forse, o forse no, ma in ogni caso «deciderà la rete», che nel tempo della post-politica equivale al «facciamo una commissione » della Prima Repubblica e all’«entriamo in cabina di regia » della Seconda.
In realtà nei movimenti carismatici, e per giunta iper-democraticisti (uno vale uno) e a sospetta etero-direzione para-aziendale (Casaleggio Associati), i processi di intronizzazione di un nuovo leader hanno un che di misterioso e aggrovigliato che neanche la più efficace programmazione neurolinguistica è in grado di sciogliere.
Se poi si pensa che a innescare l’ordigno della selezione a cinque stelle è bastata una bizzarra semi-investitura di Grillo nel corso di una conferenza stampa — «Maledetto, sei un leader!» — il destino del giovane Di Maio (29 anni, nato sotto il segno del Cancro) appare ancora più incompiuto, per non dire controverso, segnato com’è da invidie e gelosie.
Nel frattempo, per quanto sia rischioso attribuirle perfetti poteri deliberativi, la Rete mette comunque a disposizione di chiunque un immenso materiale per lo più visivo, centinaia e centinaia di video su YouTube che nel loro complesso consentono di capire che Di Maio da un lato ha certamente delle qualità che lo rendono diverso da tanti altri grillini, ma dall’altro anche una certa consapevolezza di esserlo, e altrettanta voglia di fare il capo. Obiettivo tutt’altro che impossibile considerata la stima che gli riservano parecchi utenti che trasmettono i suoi discorsi titolandoli “il solito grandioso Di Maio” (a Bergamo), oppure “l’umiltà si fa persona” (in seconda classe sul Frecciarossa Napoli-Roma) o anche “Di Maio è trasparente” (perché appare emozionato dinanzi al discorso di una liceale di Portici).
Certo può essere ingiusto attribuire ambizione a chi non ce l’ha, ma peggio è lasciarsi abbindolare da chi più o meno abilmente la dissimula. Diversi piccoli indizi — sorrisi, sguardi, tempi, aggettivi, verbi — dicono che Di Maio non solo si sente in pista, ma soprattutto sta bene attento a non mostrare troppa fretta. In un suo proto-spot per le elezioni a Pomigliano d’Arco (è nato ad Avellino, ma è cresciuto nella città di Giovanni Leone), sulle note degli U2 lo si vede pronunciare ante litteram: “ Ho sempre voluto metterci la faccia”. Faccia da saracino anche allora, modi rassicuranti, linguaggio di rottura, ma non troppo. Non fu eletto, ma pace. D’altra parte, l’uomo che potrebbe presto misurarsi con Renzi e Salvini è ben più giovane di loro ed è divenuto deputato con appena 189 preferenze alle “parlamentarie”.
Notazione necessariamente frivola, ma forse non troppo. Indossa cappotti eleganti, camicie bianche aderenti alla Renzi e cravatte, a volte cravattone, con pallini berlusconiani.
Dipendesse dai talk-show, sarebbe già arrivato a destinazione. Pure proveniente da un mondo finora tele-fobico, non ha bucato un solo salotto. I conduttori e ancor più le conduttrici lo ospitano volentieri perché nel teatrino o teatrone che sia Di Maio, che è anche vicepresidente della Camera, incarna l’archetipo del «bravo ragazzo». Come tale, piace più alle mamme che alle figlie. Nelle prime incoraggianti tele-agiografie si è già visto il vecchio professore di liceo e perfino il parroco che lo incoraggiano al dialogo — ma non ce n’è troppo bisogno. E’ infatti civile, educato, chiaro e se proprio deve interrompere premette: «Mi scusi...».
Chi lo vede nutrirsi di frutta alla buvette, lo sospetta vegano. Attento alla fisiologia degli spettacoli, Grillo si è accorto che Di Maio non suda: «Ha dei poteri occulti, in lui il sudore si auto-prosciuga». Resa in pubblico, la notazione ha il senso di indicare un animale politico a sangue freddo. Nel M5S non ce ne sono tanti. Questo è un vantaggio, quindi anche un limite.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 12/9/2015