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 2015  settembre 12 Sabato calendario

LA MERKEL SE NE FREGA DELL’EMBARGO USA-UE CONTRO PUTIN E DÀ VIA LIBERA AL RADDOPPIO DEL GASDOTTO NORD STREAM

L’embargo economico contro la Russia di Vladimir Putin è ancora in piedi. Ma in Europa, dove molti lo considerano uno stupido autogol, c’è chi lo rispetta e chi no. Tra questi ultimi, al primo posto c’è la Germania di Angela Merkel, che pochi giorni fa ha visto la maggiore impresa tedesca del settore energetico, la privata E.On (colosso mondiale con 112 miliardi di euro di fatturato nel 2014, 58 mila dipendenti, 35 milioni di clienti), siglare con la Gazprom russa il contratto per la costruzione del Nord Stream 2, un nuovo gasdotto che, attraverso il Mar Baltico, dal 2019 porterà in Germania 55 miliardi di metri cubi di gas l’anno, raddoppiando così la fornitura del Nord Stream 1, in funzione dal 2011. Nell’iniziativa, la E.On avrà come soci il colosso tedesco delle perforazioni Basf-Wintershall e altri tre grandi gruppi europei: l’olandese Royal Dutch Shell, l’austriaca Omv e la francese Engie (ex Gdf Suez).
La notizia di questa firma, avvenuta il 4 settembre a Vladivostok, è stata presa malissimo non solo in Ucraina, dai cui gasdotti transita il 50% dell’export di gas russo verso l’Europa, business destinato a scemare, ma anche da Polonia e Slovacchia, che già non avevano preso per niente bene la decisione della Merkel di aprire le porte della Germania a mezzo milione l’anno di richiedenti asilo politico: Polonia e Slovacchia, come è noto, insieme a Repubblica Ceca e Ungheria, fanno parte del gruppo di Visegrad, un quartetto che ha nel premier ungherese Viktor Orbàn l’esponente più aggressivo, e rifiuta in linea di principio di ospitare migranti di religione islamica, o comunque diversa da quella cristiana.
Alla querelle sui migranti si è così aggiunta quella sul gas. Il primo ministro della Slovacchia, Robert Fico, non ha usato mezzi termini e ha definito «un tradimento» la firma del contratto con Gazprom. In una conferenza stampa convocata appositamente, con a fianco il primo ministro ucraino Arseny Yatseniuk, ha spiegato: «Per mesi abbiamo discusso nel Consiglio europeo circa la necessità di mantenere l’Ucraina come paese di transito del gas russo, sia per aiutare l’economia di Kiev, sia per mantenere il livello delle nostre importazioni di gas. Ma ora, all’improvviso, veniamo a sapere che il Nord Stream sarà raddoppiato, aggirando così l’Ucraina. Evidentemente pensano di trattarci da idioti. Questo è un tradimento palese di tutti gli impegni presi dal Consiglio europeo, un tradimento dell’Ucraina e della Slovacchia, un tradimento che costerà al nostro paese miliardi di euro».
Due giorni fa, anche il presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha condannato la firma del Nord Stream 2, sia pure con toni più diplomatici rispetto al premier Slovacco: «L’accordo con Gazprom di alcuni gruppi europei ignora completamente gli interessi della Polonia, e pone un grave problema di unità per l’Unione europea». Già in passato la Polonia si era opposta alla costruzione del Nord Stream 1, che fa concorrenza al gasdotto Yamal-Europa (Russia-Bielorussia-Polonia-Germania), dal quale la Polonia può lucrare i diritti di transito, più o meno come fa l’Ucraina. Una rendita che, dopo il raddoppio del Nord Stream, rischia di ridursi parecchio, con minori entrate per l’erario polacco.
Attualmente il gas russo copre un terzo dei consumi in Europa, e metà delle esportazioni russe transitano nei gasdotti dell’Ucraina, che da più di un anno è ai ferri corti con la Russia di Putin. La sequenza dei fatti è nota: per arrestare il conflitto armato nel Donbass, che vede contrapposti il governo di Kiev e le popolazioni filorusse locali, queste ultime appoggiate da Putin, gli Stati Uniti di Barack Obama e l’Unione europea hanno imposto l’embargo economico contro la Russia. Mossa a cui Putin ha risposto vietando, a sua volta, l’importazione dei prodotti agricoli europei, e cercando di aggirare l’Ucraina per esportare il proprio gas in Europa con nuovi gasdotti. Tentativo che finora è fallito nella direzione dell’Europa del Sud, dove il progetto del South Stream è stato annullato a seguito di un doppio diktat Usa-Ue, con grave danno economico per l’Eni e per l’Italia. Mentre ha avuto successo nell’Europa del Nord, con il raddoppio del Nord Stream, che di fatto è un gasdotto russo-tedesco.
È evidente che in questo caso, di fronte all’embargo verso la Russia, la Germania della signora Merkel, con un tacito «chissenefrega», ha badato esclusivamente ai propri interessi, e consentito a due grandi gruppi tedeschi di siglare un contratto con Gazprom di portata strategica. E poiché è impensabile che il management di E.On e della Basf-Wintershall abbiano agito senza l’ok della cancelliera, gli analisti che negli ultimi tempi si sono sbizzarriti nel dipingere l’immagine buonista della Merkel pro migranti, dopo quella di zarina arcigna dell’austerità degli anni scorsi, ora devono fare i conti con un terzo ritratto, quello di una Merkel fredda calcolatrice. Forse un ritratto politico meno buonista, ma più vero, di una statista autorevole in tutto, anche nel «chissenefrega».
Tino Oldani, ItaliaOggi 12/9/2015