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 2015  settembre 12 Sabato calendario

COLPO IN BANCA SALVATAGGI A SPESE NOSTRE, IN PERICOLO ANCHE I FONDI

L’intento è di scongiurare in futuro altri casi Lehman Brothers. E il contagio finanziario mondiale che secondo stime ha fatto evaporare dal 2008 una ricchezza pari a 100 miliardi di dollari (fonte Credit Suisse).
L’air bag del sistema creditizio europeo per evitare di andare a sbattere in nuove crisi a vortice che ingoiano tutta l’economia mondiale è di coinvolgere azionisti, obbligazionisti, e anche correntisti, nell’eventuale salvataggio di una banca in crisi. Come? Trasformando l’eventuale capitale versato o sottoscritto in azioni della banca in difficoltà. Piccolo dettaglio: in caso di bail-in azionisti, obbligazionisti e anche titolari di semplici conti correnti vengono chiamati alla casa per pagare proquota (e oltre la soglia garantita di 100mila euro), il salvataggio.
Tralasciando il fatto che in Europa il bail-in partirà senza un accordo politico comune (al contrario degli Usa dove si è già messo in piedi un sistema di protezione per evitare un nuovo caso Lehman Brothers), c’è da dire che la rivoluzione concettuale è notevole. Prima intervenivano gli Stati per evitare il fallimento e il contagio finanziario a catena, ora gli Stati hanno deciso che i salvataggi li pagano prima gli azionisti, poi gli investitori e in caso di correntisti facoltosi (sopra la fatidica soglia dei 100mila euro), anche i ricchi correntisti.
PARACADUTE TEORICO
Eppure il sistema di bail-in adottato in Europa (la direttiva Ue è del 2 luglio, ma solo giovedì scorso sono stati emessi di decreti delegati dal governo che prevedono l’onere della compartecipazione al rischio dal 1 gennaio 2016), pur molto approfondito non è stato ancora testato con una vera crisi. Esempio: è vero che fondi pensione, fondi previdenziali integrativi e sistemi simili sono immuni da possibili rischi. O meglio: dovrebbero esserlo. Però negli Usa ancora tremano per il fallimento, giusto prima del 2008, di alcuni fondi pensione. E poi se in affanno entrasse una banca che gestisce il capitale previdenziale accumulato? O i prudenti per legge investimenti del fondo? Chi pagherebbe? Forse gli aspiranti pensionati che pensano di avere una pensione a prova di bomba e che invece potrebbero ritrovarsi con una mina sotto al letto della vecchiaia? Bel dilemma: la crisi del 2008 ha scatenato la tempesta perfetta.
TROPPA RICCHEZZA...
Gli italiani hanno “il brutto vizio” del risparmio. Soprattutto in tempi di magra si mette via qualcosa per i periodi ancora più neri. Retaggio dell’Italia contadina parsimoniosa e pronta alla bastonate dopo la grandine. Secondo il rapporto 2014 della Banca d’Italia che del bail-in sarà gestore e arbitro le famiglie italiane nel 2013, hanno accumulato una ricchezza complessiva pari a 3.848 miliardi di euro. Di questi il 30,5% (ovvero 1.154,4 miliardi) è costituito da banconote, monete, depositi e risparmio postale. Peccato che il sistema di garanzia pubblico, che copre i rischi dei correntisti fino a 100mila euro, riesce a dare copertura solo a 508 miliardi. La “massa fiduciari protetta” (al giugno 2014 secondo il Fondo interbancario di tutela dei depositi), era pari a 749,45 miliardi, e i fondi rimborsabili appunto 508,06 miliardi (il 67,8% dei fondi rimborsabili). Già così ci sarebbero oltre 250 miliardi fuori garanzia. Ma allargando il perimetro alla ricchezza contante della famiglie (quella stimata da Bankitalia) fuori copertura ci sarebbero prudentemente dai 500 ai mille milioni.
E BRUXELLES LATITA
Mentre in Italia ci dobbiamo forzatamente adeguare alla direttiva europea di luglio, il paradosso è che in Europa manca un accordo e anche un meccanismo di protezione. O meglio: se ne discute ma non c’è un’intesa politica robusta per implementare un paracadute anti crisi bancarie sistemiche. Giusto ieri all’Ecofin i ministri europei ne hanno continuato a discutere: risultato ognuno andrà avanti da solo, però a livello europeo (cosa che negli Stati Uniti è stato già attuato), manca un organismo di controllo e garanzia. Insomma, un’assicurazione europea unica che garantisca le grandi banche.
Ieri a Lussemburgo i ministri finanziari hanno ristretto il campo delle ipotesi a tre: una linea di credito degli Stati, garanzie nazionali e una linea di credito dell’European Stability Mechanism (Esm), il fondo salva-stati. Il Fondo unico di risoluzione dovrebbe essere alimentato dai contributi versati dalle singole banche. Il problema è che il coinvogimento dell’Esm non è previsto dallo statuto attuale. E quindi i singoli Paesi dovrebbero votare la novazione, cosa tutt’altro che semplice e tantomeno rapida con tutti gli euroscettici che ci sono in giro.