Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri un migliaio di persone ha manifestato nella piazza Vittoria di Taranto in favore del giudice Patrizia Todisco e contro coloro che vogliono tenere aperta l’Ilva, fabbrica di veleni. Ha parlato l’operaio dell’Ilva Cataldo Ranieri, 42 anni, portavoce del comitato “Cittadini liberi e pensanti”. «Abbiamo il dovere di salvare la città e i nostri figli perché noi siamo dei condannati a morte. Mentre fino a qualche mese fa si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere. La gente sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la città. I tre ministri che il governo ha mandato qui (arriveranno il 17 agosto – ndr) vengono per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi i tre ministri li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perché ammalati di tumore. Non dobbiamo barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri figli». La piccola folla ha dedicato un lungo applauso al gip Patrizia Todisco. Di segno completamente opposto l’iniziativa promossa per oggi da Cisl e Uil: due ore di sciopero degli operai dell’Ilva contro l’ipotesi che l’acciaieria chiuda. Sono previsti cortei, dalle dieci a mezzogiorno, dei lavoratori dei reparti Ril (Riparazione Automezzi), Grf (Gruppo Recupero Ferroso), Pzl (Piazzali), Ene (Energia). La Fiom-Cgil si è dissociata: «Sciopero inutile e irresponsabile, i lavoratori non possono essere utilizzati per attaccare la magistratura». L’Ilva impiega (ultimi dati disponibili) 12.859 persone, di cui 11.454 operai. Ci sono un centinaio di aziende nell’indotto, per una forza lavoro di tremila addetti, che fatturano per più del 50% con l’Ilva. Il 65% dell’attività portuale è determinata dall’acciaieria. Il 75% del Pil di Taranto e il 20% di tutte le esportazioni pugliesi dipendono dall’Ilva. Vincenzo Cesareo, presidente della Confindustria cittadina, sostiene che la chiusura dell’Ilva svuoterebbe la città da «250 mila a 30 mila abitanti» (altri dati dicono che Taranto, in cui è netto un calo demografico almeno dal 2008, non arriva a 200 mila abitanti).
• Chi ha ragione?
Se l’Ilva avvelena, commette un reato. Se commette un reato, è perseguibile dalla magistratura. Non sembrerebbe esserci questione. Ma la stessa magistratura è divisa: al primo provvedimento di sequestro (chiusura dello stabilimento), deciso su richiesta della Procura, s’è sovrapposta una sentenza del Tribunale del Riesame (aspettiamo), contrastata da un’ordinanza aggiuntiva e interpretativa del gip Patrizia Todisco (chiudere). Questo andirivieni ha visto il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante prima nominato, con altri tre, custode giudiziario, poi rimosso dallo stesso gip per evidente incompatibilità da conflitto di interessi. Intanto, come sa, politici e sindacati si agitano come non mai.
• Che cosa si agitano? Se l’Ilva avvelena…
Il ministro dell’Ambiente Clini sostiene: a) che la magistratura si è mossa su dati vecchi e che la situazione dei veleni oggi è migliore e in via di miglioramento (il governo ha stanziato 329 milioni); b) che le decisioni sull’Ilva non sono di competenza della magistratura, ma dell’amministrazione, a cui sola spettano le decisioni di politica industriale. Concetto un po’ forte, quest’ultimo: se la politica industriale avvelena, in che modo i giudici potrebbero star buoni?
• Ma avvelena?
Lo studio “Sentieri” (una sigla: Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio di Inquinamento: monitoraggio di 44 siti su 57 considerati pericolosi, tra questi, oltre a Taranto, Gela, Porto Torres, Massa Carrara, Falconara, Milazzo) dice che l’incidenza di tumori nei quartieri in questione è superiore del 15% alla media pugliese e, relativamente al cancro al polmone, del 30%. Segue lista di mesoteliomi pleurici, neoplasie epatiche e polmonari, linfomi, demenze, ischemie cardiache. Non ci sarebbero dubbi sul fatto che è l’ambiente avvelenato dall’Ilva ad essere responsabile di questo inferno.
• Come possono politici, sindacalisti eccetera sostenere che si deve andare avanti così?
Non sostengono questo, ma solo che la bonifica va fatta senza chiudere gli impianti. Il ministro della Salute Balduzzi ha pronunciato la seguente frase: «Anche la perdita del lavoro fa ammalare». Le colpe della cosiddetta classe dirigente, in questa fattispecie, sono enormi. Il carico di veleni riversato dall’Ilva per i quartieri della città è noto dal tempo dei tempi. Nessuno ha fatto niente, né la destra né la sinistra, né il supercomunista Vendola, né i vari sindaci non sai se più folcloristici o criminali che hanno governato la città dagli anni Novanta, i Cito, i De Cosmo, la berlusconiana Rossana Di Bello, gente che ha portato Taranto alla bancarotta. Nulla è pervenuto neanche dall’attuale capo dell’amministrazione, il rifondarolo Stefàno, inutilmente in sella dal 2007.
• I sindacati?
Le regalo l’ultima, indefinibile dichiarazione di Bonanni (il capo della Cisl): «Sul futuro industriale dell’Ilva c’è un vero e proprio atteggiamento da risiko. Chiedo alle massime istituzioni del Paese di interrompere questo rilancio continuo e di indicare alla giustizia la via dell’equilibrio».
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 14 agosto 2012]