Paolo Mastrolilli, la Stampa 14/8/2012, 14 agosto 2012
G20, UN PIANO SPECIALE CONTRO IL CARO CIBO
La crisi dei prezzi del cibo sta diventando un’emergenza globale, al punto che il G20 ha deciso di intervenire. Secondo il «Financial Times», il 27 agosto si terrà una prima conference call tra i Paesi membri, in vista di una possibile riunione. Lo scopo è coordinare in anticipo le risposte, per prevenire situazioni come quelle che portarono alle rivolte in piazza del 2008.
Il problema alimentare ha una serie di cause, esplose tutte nello stesso momento, come una tempesta perfetta. Gli Stati Uniti sono vittime della peggiore siccità nell’ultimo mezzo secolo, che ha colpito oltre metà del loro territorio, facendo diminuire del 17% la produzione di mais e cereali. Di conseguenza, il dipartimento all’Agricoltura si aspetta un effetto inflazione di almeno il 3% sui prezzi del cibo. Nello stesso tempo, le piogge anticipate che hanno colpito il Brasile hanno rovinato il raccolto della canna da zucchero, mentre i monsoni ritardati in India, le scarse precipitazioni in Australia, e le difficoltà produttive della Russia hanno aggiunto problemi ad una situazione già complicata.
A luglio, in base ai dati della Food and Agriculture Organization di Roma, tutti questi fattori sommati hanno provocato un aumento medio globale dei prezzi del cibo del 6%. Secondo Abdolreza Abbassian, analista della Fao, «c’è il rischio potenziale che la situazione si sviluppi come nel 2007 e nel 2008». Allora una combinazione di alti costi del petrolio, aumento nell’uso dei biocarburanti, cattivo tempo e politiche restrittive sulle esportazioni, aveva generato un tale balzo nei prezzi del cibo da provocare proteste violente in strada, dall’Egitto ad Haiti.
Oggi ci risiamo, e per evitare di tornare alla fame e agli scontri in piazza, si sta muovendo il G20. L’organizzazione dei Paesi più ricchi al mondo sta preparando un primo appuntamento per il 27 agosto, in cui i membri si parleranno al telefono. Poi potrebbe seguire un vertice di emergenza, per coordinare le risposte e razionalizzare gli interventi. Questo summit rappresenterebbe il primo intervento del Rapid Response Forum, creato proprio per «promuovere discussioni anticipate riguardo condizioni anormali sul mercato internazionale».
Il forum fa parte dell’Agricultural Market Information System, voluto dalla Francia come risposta alle crisi del 2007 e 2008. Le fonti del «Financial Times» cercano di calmare il pubblico, dicendo che la decisione del G20 di intervenire non deve provocare panico: è una misura pensata proprio per evitare che la crisi in corso si trasformi in una catastrofe.
L’emergenza però è evidente e richiede interventi.
I problemi pratici da affrontare nell’immediato sono quelli della disponibilità di risorse di riserva, capaci di calmierare i prezzi e garantire i rifornimenti. Quindi si vorrebbe discutere anche i regolamenti nazionali che impongono di usare i biocarburanti, per abbassare le percentuali richieste e quindi liberare una maggiore quantità di raccolti per il consumo alimentare. Su questo piano gli Usa sono al centro del problema, perché le politiche ambientaliste per l’energia pulita hanno ottenuto che il 40% del mais sia convertito in etanolo, affinché il 9% del carburante venduto da ogni casa produttrice venga da questa fonte.
Il Renewable Fuel Standard, che impone tali regole, è sicuramente ben intenzionato, ma secondo molti analisti le sue percentuali non sono sostenibili in un momento di crisi come quello in corso.
La questione dei biocarburanti richiama poi l’altro problema di lungo termine da affrontare, cioè quello delle cause. La carestia dipende dall’arretratezza dei sistemi produttivi, dai limiti imposti ai commerci, dagli errori politici, e anche da scelte, peraltro sensate, come quella di puntare sulle fonti energetiche rinnovabili.
Però la siccità, le piogge eccessive o ritardate, i fenomeni climatici estremi, secondo uno studio appena pubblicato dall’analista della Nasa James Hansen hanno un solo padre: il riscaldamento globale.