
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il Fatto del Giorno di oggi è l’intervista che Mario Monti ha dato alla trasmissione di Radiouno Radio anch’io, appena prima di partire per Parigi dove ha incontrato Hollande. Prima di darne conto, mettiamo in fila le notizie di ieri. I mercati hanno frenato, Milano ha perso lo 0,62% e lo spread è risalito a 481, tutta l’Europa è rimasta in una specie di stallo in attesa del board della Bce di domani (la peggiore è risultata Londra, che ha perso l’1,1). In Germania, la Voeb, che riunisce le banche tedesche, s’è ufficialmente espressa contro l’idea di dare una licenza bancaria al fondo Esm, «proposito che farebbe rientrare dalla finestra un’ulteriore condivisione illimitata dei debiti pubblici, che invece è da rifiutare nettamente». Infine il colloquio tra il presidente del Consiglio italiano e il presidente della Repubblica francese: è confermato che in questo momento i due paesi vanno d’amore e d’accordo, vogliono che lo scudo anti-spread sia attuato al più presto, hanno ribadito che faranno anche loro tutto quello che serve per salvare l’euro (questa frase è ormai un mantra) e si vedranno di nuovo a Lione per un vertice prima della fine dell’anno.
• Quindi c’è questa intervista radiofonica di Monti che a lei sembra tanto importante.
Beh, Monti ha pronunciato una frase impegnativa. Anzi, molto impegnativa: «Stanno succedendo due cose – ha detto - la fine del tunnel sta cominciando a illuminarsi e ci stiamo avvicinando alla fine di questo tunnel».
• Lei ci crede?
È giusto che il capo del governo lo dica a questo punto del percorso. C’è intanto una regola generale alla quale era attaccato – troppo attaccato – anche Berlusconi: un paese pessimista aggrava l’eventuale crisi economica, che ha più probabilità di essere risolta da un atteggiamento positivo. Tante cadute di Borsa non dipendono da un’analisi negativa dei fondamentali, ma dalla convinzione che, ancora pochi giorni, e la Borsa andrà giù. Se penso che i prezzi sono destinati a scendere, rinvierò il mio programma di acquisti. Rinviando il mio programma di acquisti contribuirò a indebolire la domanda. Eccetera. Senza l’ottimismo della volontà non si va da nessuna parte. Lo spleen, le malinconie, e il resto sono ingredienti fondamentali di tanta grande letteratura o cinema o pittura, ma si cucinano male con i problemi dello spread. Da questo punto di vista, la linea tenuta da Monti fin dall’inizio risulta magistrale.
• Lei dice? Ma se alle conferenza stampa i giornalisti si addormentavano…
Si addormentava lei, che di queste cose capisce poco. E quelli come lei. No, prima di tutto il premier ha indovinato subito il tono della sua comunicazione. Colloquiale, intessuto di una ironia lieve che ha messo la comunicazione ufficiale al riparo di ogni volgarità. Mi ricordo come fu polverizzato Calderoli quando tentò di fare il furbo con la cena di Natale della famiglia Monti, accusata a torto di aver festeggiato a spese del contribuente… Quindi, tono giusto e tenendosi lontano dalle risse, anzi marcando la differenza tra sé e i politici veri. Anche l’altro mantra – esco dalla politica con le elezioni – serve a far notare la differenza. A Ruggero Po che lo intervistava su questo punto, il premier ha risposto con una battuta: «Sto diminuendo coscientemente la mia sensibilità uditiva a questa domanda». Quindi, in generale, una comunicazione tranquillizzante, rassicurante, politicamente come deve essere. Mai urli, mai polemiche.
• I partiti invece…
I partiti non perdono il vizio. E Monti a Radio anch’io l’ha detto. I partiti devono smetterla con la «rissa permanente» e approvare, come chiede anche il Capo dello Stato, una nuova legge elettorale. Ha spiegato che tra i partiti che s’azzuffano e lo spread che non si decide a puntare verso quota 200 c’è una relazione.
• Sì?
Sì. «Lo scenario peggiore, quello che voglio esorcizzare, sarebbe quello di elezioni alla scadenza naturale, e quindi non anticipate, ma a cui si arrivasse senza una riforma elettorale e in un clima di disordinata rissa tra i partiti. Una combinazione che darebbe ai cittadini la sensazione, forse fondata, che la politica ha fatto grandi sforzi per sostenere in Parlamento questo governo, che ha preso decisioni impopolari, ma non ha fatto i compiti in casa propria riformando se stessa. E i mercati internazionali sarebbero legittimati a nutrire scetticismo su quello che viene dopo questo governo. Se, continuando nella prova di responsabilità che per lo più è stata data, i partiti, accogliendo il monito forte del Capo dello Stato, facessero presto la riforma elettorale, si accingessero a mettere a fuoco i loro programmi e a rendere esplicito in che senso vogliono attenersi a una continuazione di una linea europea, di disciplina e di riforme strutturali, o invece divaricare rispetto a questa linea, tutti questi sarebbero elementi utili per i mercati e per i cittadini italiani».
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 1 agosto 2012]