
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
E’ in corso un bel dibattito tra il ministro Rotondi e i capi sindacali. Tema: la pausa pranzo.
• Che c’è da discutere sulla pausa pranzo?
Dice Rotondi: «La pausa pranzo è un danno per il lavoro, ma anche per l’armonia della giornata. Non mi è mai piaciuta questa ritualità che blocca tutta l’Italia».
• All’estero non fanno la pausa pranzo?
Secondo Rotondi, molto meno che da noi. «In Germania per incentivare la produttività la pausa pranzo in alcuni posti di lavoro dura mezz’ora, mentre si estende a 45 minuti per chi lavora oltre le 9 ore. Tuttavia, secondo un recente sondaggio, un quarto dei tedeschi trascorre la propria pausa pranzo lavorando. Anche in Inghilterra molti dipendenti vi rinunciano o la riducono, sia nei minuti che nel numero di pause nel corso dell’intera settimana. In Francia lo Statuto dei lavoratori riconosce 20 minuti ogni 6 ore, in America la pausa pranzo non è prevista dalla legge federale ed è regolamentata autonomamente dai singoli Stati. In Canada e Svezia si pranza davanti alla scrivania». Sull’America, Bonanni ha smentito: «Io negli Stati Uniti ci sono stato più volte e ho sempre visto i lavoratori usufruire della pausa pranzo». Secondo Lombardo, l’ora in cui andiamo a mangiare è la migliore per lavorare: «Ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un’attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo. Casomai sarebbe meglio distribuirla in modo diverso».
• Secondo me, le ore migliori per lavorare sono quelle del mattino, appena ci si sveglia.
Sono d’accordo. L’abolizione della pausa pranzo potrebbe servire a buttar giù peso (una regola dietetica generalmente raccomandata è di mangiar poco e spesso) e ad evitare l’appesantimento della digestione, che indubbiamente ostacola la nostra eventuale operosità. Qui il discorso dovrebbe far entrare in gioco la pennichella, come si dice a Roma, o la siesta. Uno dei primi provvedimenti di Zapatero è stato di dimezzare il tempo della siesta, portata da due ore a una. In questo caso per ”siesta” intendo anche la pausa pranzo, che per gli spagnoli, a quanto pare, fa un tutt’uno col riposino. Non è detto che dimezzando la pausa pranzo, però, si accorci il tempo di questo riposino, anzi è possibile che lo si migliori. La siesta più efficace – secondo i medici – è quella breve, di massimo mezz’ora, che consente il recupero senza stordire. Gli spagnoli consigliano di svegliarsi con un bicchier d’acqua e un pezzetto di cioccolata. Aggiungo che, in base alla mia esperienza, il più soddisfacente sonno pomeridiano, o diurno, è quello rubato. Non si dovrebbe dormire, e invece si dorme, la testa appoggiata sulla mano, la faccia fintamente fissa sullo schermo del computer, gli occhi chiusi. una bella soddisfazione.
• Ci siamo dimenticati dei sindacati.
Bonanni, sull’idea di abolire la pausa-pranzo: «Abolire la pausa pranzo dove? Nei cantieri? Nei campi? I lavoratori pranzano quasi sempre in modo frugale, un panino e via. Se Rotondi vuol dare il buon esempio – lo dico con simpatia – non vada più alla buvette di Montecitorio e i lavoratori italiani faranno come lui». Angeletti, capo della Uil: «Mangiare sul luogo di lavoro è una necessità, non una scelta. Sono pochi gli italiani che possono permettersi di mangiare a casa. Degli altri, i più fortunati usufruiscono di una mensa, chi non ha la mensa adopera i ticket e se la cava con un sandwich ». Beh, su questo c’è qualche dato, raccolto da Alice Cucina monitorando 97 uffici italiani durante il primo semestre del 2009. Il 59 per cento dei lavoratori si prepara a casa il pasto che poi consumerà sul lavoro, una percentuale tendenzialmente in aumento, probabilmente per via della crisi. Questo gruppo è formato per il 71 per cento da maschi fra i 25 e i 40 anni. Le donne in molti casi si accontentano di un frutto o di uno snack. Una percentuale tecnologizzata si porta da casa, insieme con il pranzo, uno scaldavivande Usb, che cioè riscalda quando inserito nella presa Usb del pc in ufficio.
• Ma Rotondi si proponeva qualcosa – tipo una legge – con questa uscita sulla pausa pranzo?
Dice di no. «Non ho fatto nessuna proposta di abolire la pausa pranzo, ho solo detto a un giornalista che io l’ho abolita da vent’anni e lo stesso consiglio alla Camera dei Deputati, perché quella è l’ora in cui si lavora meglio. Si capisce che i lavoratori devono avere le loro pause e devono mangiare, magari sarebbe utile che ognuno si gestisse questa pausa come crede. Ma è chiaro che è impossibile». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/11/2009]
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