Angela Camuso, l’Unità 24/11/2009, 24 novembre 2009
ORLANDI, IL CERCHIO SI STRINGE SUI KILLER ARMATI DI DE PEDIS
Angelo Cassani, detto Ciletto, di Cerveteri e Libero Angelico, detto Rufetto, di Ostia. Spulciando i vecchi verbali dei pentiti storici della Bandadella Magliana, in particolare di quelli di Fabiola Moretti, amica fraterna di De Pedis e di Antonio Mancini l’Accattone, un capo della banda anch’egli molto intimo di Renatino, questi sono i nomi dei due malavitosi romani che Sabrina Minardi, l’ex amante di De Pedis, ha detto al pm Giancarlo Capaldo essere coinvolti nel sequestro di Emanuela Orlandi. La donna ha indicato i due ai magistrati soltanto con i rispettivi soprannomi, di Rufetto e Ciletto, appunto, ma in un verbale reso in istruttoria da Fabiola Moretti l’8 giugno del 1994 e in un altro reso davanti ai giudici della Corte D’Assise dall’Accattone il 16 febbraio del 1996, ai due nomignoli viene associato un nome e un cognome. C’è poi una terza persona citatada Sabrina Minardi, cioè il telefonista, che a dire della donna non è né Rufetto né Ciletto ma una terza persona, di cui la procura conosce il nome e cognome e ne mantiene il più stretto riserbo. Il telefonista – ovvero quel sedicente Mario, che telefonò a casa Orlandi sei giorni dopo la scomparsa della ragazza, per compiere l’ennesimo depistaggio – potrebbe tuttavia avere avuto nella vicenda, stando a quanto trapelato dalla procura, un ruolo diverso rispetto a Rufetto e Ciletto. I due, infatti, secondo la donna avrebbero preso parte attiva al rapimento, mentre per i pm il telefonista avrebbe giocato un ruolo marginale. Anche la procura, da tempo, ha identificato in Libero Angelico Rufetto, che non sarebbe ancora indagato ma che gli investigatori stanno tenendo sotto controllo da tempo. Libero Angelico, infatti, è stato indicato già dal pentito Mancini quale persona coinvolta nel sequestro Orlandi. L’Accattone, credendo di riconoscere la sua voce in quella del famoso «Mario», riferì la circostanza prima a Chi l’ha Visto e poi in procura, all’allora procuratore aggiunto Italo Ormanni. Gli investigatori confrontarono quindi la voce con quella di Libero Angelico, che attualmente è libero e gestisce un’attività commerciale: Angelico fu fermato dalla polizia con una scusa e la sua voce registrata, per compararla con quella della vecchia bobina chiamata diMario, ottenendo però dalla perizia un esito negativo. Quanto a Ciletto, la procura, almeno a quanto trapelato, non avrebbe ancora trovato il verbale rintracciato invece da l’Unità. Sia la Moretti che Mancini riferiscono comunque che Rufetto e Ciletto erano assassini al servizio del capo dei Testaccini Enrico DePedis, detto Renatino. Sarebbero stati loro, hanno riferito i due pentiti, ad uccidere nel 1989, a Ostia, Edoardo Toscano, detto l’Operaietto, diventato nemico giurato di Renatino. A quei tempi, per questioni di invidie e motivi di denaro, stava per scoppiare la faida sanguinosa che decimò la banda tra il gruppo a cui faceva riferimento l’Operaietto, cioè quello della Magliana e i Testaccini.
LA GUERRA FRATRICIDA
«L’incarico di uccidere Toscano venne dato da Renatino a Ciletto e a Rufetto. Ciletto, cioè Angelo Cassani era entrato a far parte della banda in occasione dell’omicidio di Roberto Faina, del quale ho già parlato, commesso dallo stesso Ciletto e da Giorgio Paradisi. Rufetto, che si chiama Libero, ma di cui non ricordo il cognome una volta fu fermato in occasione di un nostro incontro dai carabinieri della caserma di via Emilio Morosini... Il Rufetto, anche in altre occasioni era stato usato come killer dei Testaccini come in occasione dell’attentato a Raffaele Garofalo, detto Ciambellone, in piazza Piscinula, dove però il Ciambellone venne mancato. Rufetto faceva il killer già all’epoca di Abbruciati», disse la Moretti in quell’estate del 1994. L’omicidio di Toscano, tuttavia, rimase senza colpevoli, perché non furono trovati riscontri e nè Ciletto né Rufetto furono mai arrestati. Aproposito di quest’ultimo, ovvero di Libero Angelico, l’Accattone, che invece nel verbale ne ricorda il cognome, ne fa una breve descrizione in quel suo interrogatorio reso in corte d’Assise: Libero Angelico, che aveva iniziato con le rapine ai furgoni portavalori, era conosciuto dagli altri della Magliana per essere stato quello che prima di entrare nella banda aveva assassinato un complice mentre se ne stava seduto sulla poltrona del barbiere, a Ostia, per punirlo di aver cercato di non spartire il bottino. Successivamente, una volta entrato nella banda, secondo Mancini era diventato il killer personale di Renato, che lo chiamava alla bisogna.