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 2009  novembre 24 Martedì calendario

E’ in corso un bel dibattito tra il ministro Rotondi e i capi sin­dacali. Tema: la pausa pranzo.• Che c’è da discutere sulla pau­sa pranzo?Dice Rotondi: «La pausa pranzo è un danno per il lavo­ro, ma anche per l’armonia del­la giornata

E’ in corso un bel dibattito tra il ministro Rotondi e i capi sin­dacali. Tema: la pausa pranzo.

Che c’è da discutere sulla pau­sa pranzo?
Dice Rotondi: «La pausa pranzo è un danno per il lavo­ro, ma anche per l’armonia del­la giornata. Non mi è mai pia­ciuta questa ritualità che bloc­ca tutta l’Italia».

All’estero non fanno la pausa pranzo?
Secondo Rotondi, molto me­no che da noi. «In Germania per incentivare la produttività la pausa pranzo in alcuni posti di lavoro dura mezz’ora, men­tre si estende a 45 minuti per chi lavora oltre le 9 ore. Tutta­via, secondo un recente son­daggio, un quarto dei tedeschi trascorre la propria pausa pranzo lavorando. Anche in In­ghilterra molti dipendenti vi ri­nunciano o la riducono, sia nei minuti che nel numero di pau­se nel corso dell’intera settima­na. In Francia lo Statuto dei la­voratori riconosce 20 minuti ogni 6 ore, in America la pau­sa pranzo non è prevista dalla legge federale ed è regolamen­tata autonomamente dai sin­goli Stati. In Canada e Svezia si pranza davanti alla scriva­nia». Sull’America, Bonanni ha smentito: «Io negli Stati Uniti ci sono stato più volte e ho sempre visto i lavoratori usufruire della pausa pranzo». Secondo Lombardo, l’ora in cui andiamo a mangiare è la migliore per lavorare: «Ho sco­perto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un’attività in modo au­tonomo, abolirebbe la pausa pranzo. Casomai sarebbe me­glio distribuirla in modo diver­so».

Secondo me, le ore migliori per lavorare sono quelle del mattino, appena ci si sveglia.
Sono d’accordo. L’abolizione della pausa pranzo potrebbe servire a buttar giù peso (una regola dietetica generalmente raccomandata è di mangiar po­co e spesso) e ad evitare l’appe­santimento della digestione, che indubbiamente ostacola la nostra eventuale operosità. Qui il discorso dovrebbe far en­trare in gioco la pennichella, come si dice a Roma, o la sie­sta. Uno dei primi provvedi­menti di Zapatero è stato di di­mezzare il tempo della siesta, portata da due ore a una. In questo caso per ”siesta” inten­do anche la pausa pranzo, che per gli spagnoli, a quanto pa­re, fa un tutt’uno col riposino. Non è detto che dimezzando la pausa pranzo, però, si accor­ci il tempo di questo riposino, anzi è possibile che lo si miglio­ri. La siesta più efficace – se­condo i medici – è quella bre­ve, di massimo mezz’ora, che consente il recupero senza stordire. Gli spagnoli consi­gliano di svegliarsi con un bic­chier d’acqua e un pezzetto di cioccolata. Aggiungo che, in base alla mia esperienza, il più soddisfacente sonno pomeri­diano, o diurno, è quello ruba­to. Non si dovrebbe dormire, e invece si dorme, la testa ap­poggiata sulla mano, la faccia fintamente fissa sullo scher­mo del computer, gli occhi chiusi. una bella soddisfazio­ne.

Ci siamo dimenticati dei sinda­cati.
Bonanni, sull’idea di abolire la pausa-pranzo: «Abolire la pau­sa pranzo dove? Nei cantieri? Nei campi? I lavoratori pranza­no quasi sempre in modo fru­gale, un panino e via. Se Ro­tondi vuol dare il buon esem­pio – lo dico con simpatia – non vada più alla buvette di Montecitorio e i lavoratori ita­liani faranno come lui». Ange­­letti, capo della Uil: «Mangia­re sul luogo di lavoro è una ne­cessità, non una scelta. Sono pochi gli italiani che possono permettersi di mangiare a ca­sa. Degli altri, i più fortunati usufruiscono di una mensa, chi non ha la mensa adopera i ticket e se la cava con un sand­wich ». Beh, su questo c’è qual­che dato, raccolto da Alice Cu­cina monitorando 97 uffici ita­liani durante il primo seme­stre del 2009. Il 59 per cento dei lavoratori si prepara a casa il pasto che poi consumerà sul lavoro, una percentuale ten­denzialmente in aumento, pro­babilmente per via della crisi. Questo gruppo è formato per il 71 per cento da maschi fra i 25 e i 40 anni. Le donne in mol­ti casi si accontentano di un frutto o di uno snack. Una per­centuale tecnologizzata si por­ta da casa, insieme con il pran­zo, uno scaldavivande Usb, che cioè riscalda quando inse­rito nella presa Usb del pc in ufficio.

Ma Rotondi si proponeva qual­cosa – tipo una legge – con que­sta uscita sulla pausa pranzo?
Dice di no. «Non ho fatto nes­suna proposta di abolire la pausa pranzo, ho solo detto a un giornalista che io l’ho aboli­ta da vent’anni e lo stesso con­siglio alla Camera dei Deputa­ti, perché quella è l’ora in cui si lavora meglio. Si capisce che i lavoratori devono avere le lo­ro pause e devono mangiare, magari sarebbe utile che ognu­no si gestisse questa pausa co­me crede. Ma è chiaro che è im­possibile». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/11/2009]