
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Domani arriva in Commissione Giustizia al Senato il disegno di legge sul cosiddetto “processo breve”…
• Non è quell’affare pensato per salvare Berlusconi?
Sì, anche se il modo di fare la domanda la qualifica come un interlocutore di centro-sinistra. Dal centro-destra le risponderebbero: «Dieci milioni di cause pendenti, 81 per cento di reati impuniti, 300 condanne da parte della Corte dell’Aia per l’eccessiva durata dei procedimenti: e lei non vuole riformare i tempi dei processi?».
• Dove sta lo scandalo, allora?
La legge sul processo breve prevede che per ogni grado di giudizio vi siano due anni di tempo, dopo di che, se non si è arrivati a sentenza, accusa e difesa se ne tornano a casa e il processo evapora. Ci sono tre eccezioni: la prescrizione veloce vale solo per chi è incensurato; la prescrizione veloce riguarda solo i reati per i quali la pena massima è inferiore a dieci anni; la prescrizione veloce non vale però per una lunga lista di reati, meticolosamente stampata nel secondo articolo. Per esempio nel delitto per associazione per delinquere, nel delitto di sequestro di persona, in certi tipi di furto, nella circonvenzione d’incapace, e così via. Tra questi reati gravissimi c’è anche l’immigrazione clandestina, che Ghedini – l’uomo che ha preparato il provvedimento – ha dovuto inserire per guadagnarsi la firma e il sostegno della Lega. Questo insieme di eccezioni ha sollevato le più alte grida di indignazione.
• Perché?
Il primo punto è la distinzione tra incensurati e recidivi. Molti giuristi hanno fatto notare che imputati dello stesso reato nello stesso processo godrebbero in questo modo di prescrizioni diverse, brevi per gli incensurati, lunghe per gli altri. Violerebbe l’articolo 3 della Carta, quello per cui dobbiamo essere tutti uguali davanti alla legge. Il secondo punto concerne il fatto che la legge riguarderebbe anche i processi in corso, facendoli decadere immediatamente. È qui che si parla di 100 mila processi tagliati via, cifra che Alfano sostiene esagerata, ma su cui l’opposizione insiste. C’è poi la lista dei reati per i quali sono previste condanne inferiori a dieci anni, ma che mantengono la prescrizione lunga. Tra questi, ha suscitato particolare sgomento proprio l’eccezione riguardante l’immigrazione clandestina, che in pratica viene punita con una contravvenzione e sarebbe invece trattata come una truffa. L’ex magistrato Bruno Tinti, autore del saggio Toghe rotte, aggiunge: «In sei anni, per una guida senza patente, uno scippo, un oltraggio al vigile urbano un processo lo si fa di sicuro. I problemi cominciano quando si tratta di processare un incensurato (ma guarda che combinazione, Berlusconi, con le sue sei prescrizioni, è incensurato), per falso in bilancio o frode fiscale. Perché, se cominciamo con le rogatorie alle isole Cayman e i sequestri di documenti in qualche caveau dell’Ossezia, in sei anni arriviamo sì e no al primo grado». Difficile dargli torto.
• Quindi il provvedimento non passerà?
Il centro-destra sta lavorando a modificarlo. Il problema non sono le obiezioni di Tinti – a cui gli uomini di Berlusconi sono poco sensibili – ma le questioni di costituzionalità che potrebbero spingere lo stesso Napolitano a non firmare. C’è poi il rischio concreto che i finiani, alla fine, votino contro. Questo potrebbe avere effetti gravi persino sulla tenuta del governo, dato che renderebbe palese la spaccatura nella maggioranza. Li avrebbe di sicuro se il presidente del Consiglio decidesse di mettere la fiducia. Insomma, i senatori domani cominciano a maneggiare una bomba.
• Soluzioni?
Ghedini e gli altri sono tentati di adottare il testo presentato nella scorsa legislatura dalla Finocchiaro – capogruppo dei senatori democratici – in cui sono previsti due anni prima della prescrizione, senza eccezioni. Il problema è che la legge non riguarda i procedimenti in corso e quindi non va bene per il Cav. Casini ha proposto di riapprovare con legge costituzionale il lodo Alfano e intanto far passare una norma transitoria che tenga al riparo il presidente del Consiglio da qualunque iniziativa giudiziaria, «per legittimo impedimento». Non funzionerebbe, in realtà, perché i rilievi della Corte sul lodo Alfano non erano solo di natura costituzionale. C’è poi il problema della tenuta della maggioranza. L’altro giorno Fini ha ufficialmente chiamato «stronzi » i leghisti. Ieri, in un’intervista al Corriere della Sera , Brunetta ha attaccato Tremonti, accusandolo di aver commissariato il governo con i suoi continui «no» ad ogni proposta di investimento. Gasparri spera che la legge sul processo breve, di cui è primo firmatario, venga approvata dal Senato entro il 31 dicembre. Chissà. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/11/2009]