Chiara Saraceno, Repubblica 23/11/2009, 23 novembre 2009
Con qualunque risultato quel dubbio resta un rifiuto - Non sono solo gli uomini a richiedere il test di paternità
Con qualunque risultato quel dubbio resta un rifiuto - Non sono solo gli uomini a richiedere il test di paternità. Una ricerca della Food and Drug Administration statunitense del 2008 trovò che nel 60% dei casi ad acquistare il kit di un test messo in vendita nelle farmacie erano donne - sposate e non sposate. Perché vogliono togliersi un dubbio, o perché vogliono mettere alle strette l´uomo con cui hanno concepito un figlio, facendoglielo riconoscere. Quest´ultimo motivo, per altro, può anche spingere dei figli a richiedere il test. Dubbi e desideri, agnizioni e disconoscimenti hanno sempre fatto parte della storia della procreazione, dentro e fuori la famiglia. accaduto anche quando i matrimoni - per necessità o per virtù - erano più saldi e soprattutto gli uomini apparentemente più sicuri di sé e del proprio controllo sulle mogli, anche quando le tradivano con le mogli degli altri. Un tempo questi dubbi erano forse distribuiti in modo più asimmetrico, ovvero erano le donne a dubitare che i mariti avessero non solo una amante, ma dei figli altrove. Ora ci sono anche molti mariti a temere che le mogli, allentati i controlli, si comportino come un tempo era concesso solo agli uomini, mettendo a repentaglio la certezza della paternità. La scoperta del Dna ha apparentemente semplificato la questione, dando la possibilità di risolvere senza incertezze i propri dubbi rispetto alla paternità, fornendo a uomini e donne un´arma potente nelle proprie negoziazioni, sfiducie reciproche, conflitti. Forse troppo potente. Perché esime dalla comunicazione con il partner, ma anche dalla elaborazione del dubbio e delle sue ragioni. Al contrario, specie quando si fa illegalmente il test e all´insaputa degli altri interessati, accentua un atteggiamento di sfiducia, in cui ci si tendono trappole reciproche. Qualsiasi sia l´esito del test (che solo in una piccola minoranza dei casi conferma il dubbio), ci si può chiedere su quali basi quel rapporto potrà continuare. Il ricorso "clandestino" al test, così come a un detective privato che spii il proprio coniuge, è già un indicatore di un rapporto in cui almeno uno non ha fiducia nell´altro. Che vi ricorra un padre o anche un figlio, accentua inoltre la rilevanza, se non prevalenza, della dimensione biologica del rapporto di filiazione rispetto a quella relazionale. Un uomo che ha atteso un figlio, e poi ha aiutato ad allevarlo, quando chiede un test di paternità non mette solo in dubbio, anche legittimamente, la fedeltà della sua compagna. Mette in dubbio anche la rilevanza del proprio essere stato padre - per sé e per il figlio. Qualsiasi il risultato del test e qualsiasi la decisione presa successivamente in caso di risultato negativo per la propria paternità, aver dato seguito a quel dubbio costituisce un atto di disconoscimento interiore, una potenziale sospensione del rapporto di paternità. Dal 1975 il codice civile italiano dà agli uomini coniugati la possibilità di riconoscere i figli nati fuori dal matrimonio e alle donne coniugate la possibilità di dichiarare, dimostrandolo, che il figlio che hanno messo al mondo non è del marito. stata una importante conquista, che ha rafforzato i diritti dei figli e responsabilizzato i genitori, innanzitutto verso i figli, ma anche reciprocamente come coniugi. Il ricorso unilaterale al test di paternità, alla ricerca di una "verità biologica", indebolisce per molti versi i diritti dei figli (che in molti casi sapranno solo di non avere il padre che credevano) e deresponsabilizza dalla faticosa ricerca della lealtà reciproca e dei compromessi necessari e sostenibili in una relazione di coppia.