STEFANO AGNOLI, CorriereEconomia 23/11/2009, 23 novembre 2009
Petrolio Chi specula sulla ripresa - Gli economisti: il ritorno a 100 dollari potrebbe affossare di nuovo le economie - Vera scarsità o speculazione senza freni? Il petrolio – 88 milioni di barili al giorno la produzione odierna – è ancora il motore del pianeta
Petrolio Chi specula sulla ripresa - Gli economisti: il ritorno a 100 dollari potrebbe affossare di nuovo le economie - Vera scarsità o speculazione senza freni? Il petrolio – 88 milioni di barili al giorno la produzione odierna – è ancora il motore del pianeta. Costa meno di 80 dollari, ma è arrivato a 147 nell’estate del 2008. E se tornasse oggi sopra i 100 dollari potrebbe strozzare la ripresa nella culla. Il dibattito sulla fine dei giacimenti e sugli ingenti investimenti necessari per trovarne di nuovi è sempre vivo. Ma negli ultimi anni la determinazione del prezzo è pericolosamente legata a doppio filo alla speculazione: il volume dei futures collegati alla materia prima è pari a oltre 600 milioni di barili, quasi sette volte la domanda reale. * Oggi «finisce il petrolio». Impossibile che in un futuro più o meno lontano si possa leggere un titolo simile sulle pagine di un quotidiano. Ci ha però pensato l’inglese The Guardian , il 10 novembre scorso, a scuotere l’ortodossia petrolifera incarnata dall’International Energy Agency, il braccio dei Paesi Ocse per l’energia: «Il mondo è più vicino all’uscita dal petrolio di quanto ammettano le stime ufficiali» ha scritto il giornale britannico lo stesso giorno in cui l’agenzia parigina presentava la sua Bibbia, l’Outlook 2009. Previsioni nere Il Guardian citava le «soffiate » di due alti funzionari Iea, secondo i quali le pressioni degli Stati Uniti avrebbero indotto l’agenzia a non ridurre le stime sull’offerta mondiale di petrolio per evitare che il panico si diffondesse sui mercati. I 105 milioni di barili-giorno nel 2030 previsti dall’Iea (contro gli 88 odierni) sarebbero insomma ottimistici: al massimo, secondo questi informati insider , si potrà arrivare a 90-95. Ma mettere il mondo davanti a tale realtà – soprattutto al fatto che il pianeta è sul punto di toccare il limite (il «picco») della produzione di greggio – potrebbe causare parecchi disastri: prezzi del barile sempre più alti e instabili, corsa alle risorse, rischio di nuove recessioni. Ma non è stato solo il Guardian a riaprire l’annosa polemica tra i «petrocatastrofisti » e l’establishment spalleggiato dalle compagnie petrolifere. Negli stessi giorni l’università svedese di Uppsala ha sostenuto che al 2030 l’offerta mondiale non riuscirà a superare i 75 milioni di barili al giorno. Si è pronunciato anche Colin Campbell, il fondatore dell’Aspo (l’«Association for the study of peak oil») che via Internet ha ribadito le sue profezie: il «picco» è stato raggiunto nel 2008, il petrolio a basso prezzo è al culmine e con esso il principale motore dell’espansione dell’Occidente. Di più: è stato proprio il picco del greggio a nutrire speculazione e instabilità, cioè il pendolo dei prezzi dai 147 dollari al barile di metà 2008 fino ai 30 dollari di gennaio 2009 e il ritorno agli 80 attuali. Le risposte alle teorie cospirative, ovviamente, non si sono fatte attendere. Su più fronti. Tirati pesantemente in ballo, i vertici dell’Iea hanno riconfermato l’indipendenza dell’istituto: «Una storia senza fondamento» ha detto il capoeconomista turco Fatih Birol delle rivelazioni del Guardian . «Non vediamo alcun picco almeno fino al 2030» ha sostenuto il direttore esecutivo giapponese Nabuo Tanaka, che ha ricordato come le valutazioni Iea siano sottoposte al vaglio critico di almeno 200 esperti mondiali di energia. La scorsa settimana, poi, sul fronte dei «petrottimisti» èentrato in campo anche il Cera, il «Cambridge energy research association » del premio Pulitzer Daniel Yergin, acerrimo nemico dei sostenitori del picco. Curioso: la banca dati sui singoli giacimenti di cui si era servito in passato anche Campbell, ovvero quella diPetroconsultants, èstata comprata qualche anno fa dalla Ihs Energy, cui il Cera fa capo. «Diverso occhio, diverso barile» ha fatto notare al proposito Massimo Nicolazzi, l’oilman italiano che ora lavora per Gazprom. Per il Cera, comunque, la capacità produttiva mondiale di petrolio e liquidi non convenzionali potrà arrivare fino a 115 milioni di barili al giorno nel 2030, dopo di che inizierà a scendere in maniera dolce. I problemi, argomenta il think tank del Massachusetts, non stanno «sottoterra» ma sopra la superficie. La scarsità non è fisica, ma di fattori economici. E per evitare turbolenze future il prezzo del petrolio dovrà restare stabilmente al di sopra del costo del barile più caro, i 60-70 dollari delle sabbie bituminose del Canada. Investimenti Serviranno parecchi investimenti, mentre la crisi li ha fatti saltare: i budget delle grandi compagnie per il 2009 sono stati tagliati del 19%, in valore 90 miliardi di dollari. Fino al 2010 inoltrato il cuscinetto risparmiato a causa della recessione farà sì che non si creino problemi di sorta, prosegue il Cera. Poi potrebbero arrivare, fino al 2015, anni più difficili, di domanda in crescita soprattutto da Cina e India, di prezzi al rialzo e di capacità produttiva in difficoltà. «Ma il picco – conferma anche Stefano Cao, per più di trent’anni supermanager Eni – si raggiungerà solo quando saranno disponibili in quantità sufficienti e costi inferiori forme di energia alternative al petrolio». Più che a un passaggio epocale gli aggiustamenti recenti del barile sono riconducibili alla debolezza del dollaro, spiegano le banche d’affari. Ed è su questa base che da pochi giorni Ubs ha rialzato le proprie stime per il barile Wti portandole da 70 a 75 dollari per il 2010. Un valore destinato a salire a 80 dollari l’anno successivo. Si vedrà. L’eco della diatriba, intanto, ha fatto il giro del mondo. L’assurdo, ha sostenuto una saggia commentatrice, sarebbe di ritrovarsi con uno «choc» energetico stile anni 70 e poi porsi la stessa domanda che la regina Elisabetta ha fatto dopo la crisi finanziaria del 2007-08: «Possibile che nessuno l’abbia previsto?».