Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 23/11/2009, 23 novembre 2009
Le tv locali e l’era del digitale «Si salveranno cento su 550» - La federazione delle emittenti: le piccole saranno travolte - «Quando ci saranno tutti quei canali, mi dite come farete ad avere il tempo di mangiare, dormire, e fare la pipì? Bisognerebbe stare tutto il giorno davanti alla tv
Le tv locali e l’era del digitale «Si salveranno cento su 550» - La federazione delle emittenti: le piccole saranno travolte - «Quando ci saranno tutti quei canali, mi dite come farete ad avere il tempo di mangiare, dormire, e fare la pipì? Bisognerebbe stare tutto il giorno davanti alla tv. Una pazzia». Voce bassa e capelli in disordine, stavolta Peppo Sacchi si sente spacciato. Strano perché il tipo è tosto: il 6 aprile del 1972 aprì Telebiella, la prima televisione privata italiana. Venne denunciato per violazione del monopolio Rai e, pur di sopravvivere, arrivò fino alla Corte costituzionale ed alla Corte di giustizia europea. La sua Telebiella è ancora lì ma adesso Peppo teme di chiudere per colpa del «vampiro digitale » e se la prende con il decoder «peggio della tassa sul macinato». Non è il solo. Il digitale terrestre, la nuova tecnologia di trasmissione che entro il 2012 servirà tutta l’Italia, moltiplica i canali nazionali disponibili sulle nostre tv. Nel Lazio, dove la transizione è ancora in corso, si è passati da 40 a 200. E questo mette in pericolo il futuro delle vecchie tv locali che, come Telebiella, si sono conquistate la loro nicchia in giro per l’Italia. «Rispetto alle 550 emittenti locali che abbiamo oggi, alla fine non ne resteranno più di un centinaio» prevede Filippo Rebecchini, presidente della Federazione radio e televisioni, che rappresenta gli operatori privati del settore. «Le altre – spiega – rischiano di non reggere la concorrenza dei nuovi canali nazionali. Ed è chiaro che a soffrire saranno soprattutto le realtà più piccole ». I primi segnali ci sono già. In Sardegna, dove il vecchio segnale analogico è stato abbandonato più di un anno fa, canali piccoli come Cinque stelle o Tcs hanno perso rispettivamente il 63 ed il 44,8 per cento degli ascolti. Videolina, che tra le locali è un colosso, ha resistito meglio: meno 20 per cento, come scriveva qualche giorno fa Italia oggi . Stesso discorso in Piemonte dove lo switch off, cioè il passaggio al digitale, è di poche settimane fa. Anche qui le testate locali sono con l’acqua alla gola: Quarta rete ha perso il 35,6, per cento, Telecupole il 39,7, Rete 7 addirittura il 53,1. Troppo presto per fare il punto nel Lazio, dove il digitale è arrivato solo lunedì scorso. Ma la sensazione è che le cose andranno allo stesso modo. Oltre alla legge del grande che divora il piccolo, per le vecchie tv locali c’è anche un altro problema: il posto assegnato sul telecomando. Chi ha già attraversato gli scogli dello switch off sa benissimo di cosa si tratta. Se con il decoder si riescono a sintonizzare i canali, la numerazione è spesso del tutto casuale e cambia di continuo. Un caos che penalizza tutti ma che per le tv locali potrebbe essere il colpo di grazia. Del problema si sta occupando l’Autorità garante per le comunicazioni. Per assegnare la numerazione progressiva dovrà scegliere fra due criteri: gli ascolti, prima quelle con più audience e poi avanti a scalare, oppure il numero dei dipendenti, sempre partendo dalla più grande. «Vanno bene tutti e due – dice Rebecchini – a patto, che una volta scelto, il criterio sia obbligatorio». Altrimenti la lotta fra canali grandi e canali piccoli sarà davvero senza storia. E, di solito, Golia ha la meglio su Davide.