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 2009  novembre 24 Martedì calendario

Jennifer e quella dose mortale: gli diedero cocaina tagliata male- La notte in albergo dell’uomo del video

Jennifer e quella dose mortale: gli diedero cocaina tagliata male- La notte in albergo dell’uomo del video. Si cerca un pusher nordafricano ROMA – «Ero lì con lui quando ha comin­ciato a sniffare cocaina. L’abbiamo assaggiata, ma io ho sentito subito che era amara e non l’ho più voluta. Non mi piaceva». il 12 settem­bre scorso. Gianguerino Cafasso, detto Rino, è morto da poche ore nella stanza dell’hotel Ro­mulus, sulla via Salaria a Roma. Il transessuale che era con lui racconta agli investigatori che cosa è accaduto. Ha 27 anni, si chiama Adriano Da Motta, ma tutti lo conoscono come Jenni­fer. disperato. Con Rino, pusher dei viados della Cassia, convive da tempo. Nessuno in quel momento pensa che l’uomo sia vittima di un omicidio. Nessuno sa che due mesi prima ha cercato di vendere a due giornaliste del quo­tidiano Libero un video che riprende Piero Mar­razzo insieme al transessuale Natalie. La sniffata del pusher Adesso tutto è cambiato. Perché in Procura appaiono convinti che Rino sia stato ucciso. Proprio come Brenda, trovato cadavere nel suo monolocale in via dei Due Ponti quattro giorni fa. Si conoscevano bene. Entrambi erano nel «giro» dei carabinieri poi arrestati perché accu­sati di aver ricattato il governatore. Entrambi potrebbero aver «gestito» video e foto dei clien­ti. Vite parallele che si intrecciano in un epilo­go tragico. E allora diventa cruciale ricostruire le ultime ore di vita di Cafasso, scoprire chi ha incontrato e soprattutto chi può avergli fornito la dose mortale. Coca tagliata con eroina, que­sto dicono i primi esami tossicologici. Ora si cerca lo spacciatore, un nordafricano che la coppia conosceva e, sembra, li rifornisse abi­tualmente.  stato proprio il comportamento del «pu­sher » straniero, così come l’ha descritto Jenni­fer, a insospettire i magistrati. «Quel giorno’ ha ricostruito il transessuale – siamo rimasti in albergo fino al pomeriggio e poi siamo usci­ti per andare a cercare la droga. Siamo entrati in una casa dalle parti sulla Flaminia, tra Saxa Rubra e Tor di Quinto. Lì c’era questo nero che ci ha dato la cocaina. Rino non sembrava con­vinto, era come se non si fidasse. Invece l’uo­mo è riuscito a convincerlo perché l’ha assag­giata davanti a lui. Gli ha detto che la sniffava per dimostrargli che era roba buona». Cafasso era uno spacciatore, di cocaina si intendeva. Che cosa l’aveva insospettito? perché aveva de­ciso poi di comprarla? La serata in albergo Quando tornano al Romulus salgono subito in camera. In albergo vivono dal 27 agosto. «Prima – chiarisce Jennifer – avevamo una casa all’Ostiense. Me l’aveva data una donna russa, ma poi siamo dovuti andare via e abbia­mo cominciato a vagare. Al Romulus avevamo deciso di rimanere fino al 13 settembre». Cafas­so muore poche ore prima. Appena rientrato comincia subito a sniffare. Jennifer invece non ne ha voglia. «La coca era cattiva e così mi so­no messa a guardare la televisione», ha ricorda­to. In realtà l’esperto era Rino, possibile non si sia accorto che gli avevano dato droga tagliata male? Poco dopo aver «tirato» l’uomo si addor­menta. La mattina successiva Jennifer cerca di svegliarlo ma non ottiene risposta. Per sua stes­sa ammissione, non si insospettisce. Scende al­la reception, poi torna su in camera. Rino è già morto, ma il convivente dà l’allarme soltanto qualche ora dopo. «In realtà – spiega poi agli investigatori – avevo capito che stava male ed ero andata a cercare un medico. Io l’amavo. Sta­vamo insieme da tempo ed è sempre stato buo­no con me». Non ci sono sospetti sul suo con­to. Ma molti interrogativi riguardano il ruolo che potrebbe aver avuto nella vicenda che ha coinvolto il presidente della Regione. Sapeva Jennifer che Rino aveva cercato di vendere il video di Marrazzo? Sapeva che era un confiden­te dei carabinieri arrestati per il ricatto a Mar­razzo e sospettati di aver taglieggiato da alme­no un paio d’anni altri viados? Le «soffiate» sugli incontri Le giornaliste di Libero hanno raccontato che il 15 luglio, dopo aver mostrato loro il fil­mato, «Cafasso ci disse che sarebbe andato via perché qualcuno voleva farlo fuori». I carabi­nieri finiti in galera sostengono che sia stato proprio lui a fare le riprese con il telefonino. Il suo avvocato – sia pur tra molte incertezze e omissioni – sostiene il contrario: «Mi raccon­tò che loro gli avevano soltanto chiesto di ven­derlo ». L’indagine sta cercando di ricostruire come sia andata real­mente, ma quanto è già stato accertato ba­sta a comprendere lo stretto rapporto che esi­steva tra Rino e i milita­ri. E soprattutto i segre­ti che Rino custodiva. Perché di numerosi transessuali era il «pap­pone ». Portava la cocai­na poco prima dell’arri­vo del cliente e al termi­ne dell’incontro passa­va a ritirare la sua par­te. Dunque conosceva perfettamente i nomi di chi entrava in quegli appartamenti. Informazioni prezio­se che spesso avrebbe «girato» a carabinieri e in particolare a Nicola Testini, arrestato e poi scarcerato dal tribunale del Riesame, ma tut­t’ora accusato di aver tentato di estorcere dena­ro al governatore. Racconta il legale di Cafasso: «Quando mi chiese aiuto per vendere il video, mi disse che Marrazzo aveva dato 50.000 euro ai carabinieri». Per cedere le immagini Rino ne aveva chiesti 500.000. Ben prima che la vicen­da diventasse pubblica con gli arresti per estor­sione, Rino aveva manifestato timori per la sua vita. Di che cosa aveva paura? Dopo il suo in­contro con le giornaliste di Libero , la trattativa è passata nelle mani dei militari che hanno atti­vato diversi canali per cercare acquirenti. Rino era fuori gioco, ma continuava a frequentare l’ambiente dei viados, a carpirne i segreti. E la procura è convinta che qualcuno abbia deciso di farlo tacere per sempre.