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 2009  novembre 24 Martedì calendario

L’Italia è bloccata da dieci anni- Per Massimo Gramellini c’erano già, in embrione, personaggi come Fabrizio Corona Il Cav è tal quale, è messo male

L’Italia è bloccata da dieci anni- Per Massimo Gramellini c’erano già, in embrione, personaggi come Fabrizio Corona Il Cav è tal quale, è messo male. La sinistra è peggiorata Quando faceva il cronista sportivo, bussava alle camere d’albergo dei colleghi in trasferta. «Chi è?», chiedevano quelli. E lui, «La grammatica». Oggi, a tanti anni di distanza, se certi scherzetti non li fa più, le velleità didattiche si sono rafforzate. Tanto che ritiene che «la politica dovrebbe occuparsi solo della scuola. In un Paese come l’Italia che non ha materie prime, l’unica è il cervello. Una nazione più colta è meno stupida, meno suggestionabile e meno emotiva. Smette di essere gregge e diventa testa pensante». Un concetto che Massimo Gramellini ha espresso più volte in dieci anni di «Buongiorno», la fortunata rubrica del quotidiano La Stampa di cui è vicedirettore. In questi giorni ne esce un’antologia. «Buongiorno. Dieci anni», appunto. Dal 1999 ad oggi, il Gramellini formato venticinque righe ha ironizzato su tutto, dal Milan a Punta Perotti, da Bruno Vespa a Stefania Prestigiacomo, dai furbetti del salottino col cuore a sinistra e il portafoglio a destra fino al Grande Fratello e le Olimpiadi di Torino. E tiene a sottolineare che «i Buongiorno più amati dai lettori non sono quelli politici, ma quelli che parlano al cuore della gente, dando loro sogni e speranze». Un caso a parte è ovviamente Silvio Berlusconi, che per Gramellini «non è un politico ma un personaggio dello spettacolo, percepito dai suoi elettori come una rockstar». «Un fan di Vasco, anche se lui sbaglia canzone, continuerà ad amarlo», spiega. «Tale è il rapporto tra il Cavaliere e i suoi tifosi. Già dieci anni fa pensavo che Berlusconi incarnasse perfettamente l’italiano medio. l’unico caso di potente percepito dalla gente comune come uno di loro. Uno che è riuscito a sposare una donna avvenente, avere case belle e comprarsi una squadra di calcio. Tutti i sogni dell’italiano medio, appunto, coccolatissimo negli ultimi vent’anni da una pubblicità che ha fatto coincidere la felicità con i beni materiali». Nel libro, Gramellini riporta un Buongiorno del 2003 con una versione berlusconiana di «Bandiera Rossa», opportunamente ribattezzata «Avanti Pubblico». E nonostante siano passati sei anni, quelle parole suonano attualissime: «Degli imputati l’immensa schiera / Noi salveremo dalla bufera / O magistrati senza vergogna / Il vostro premio sarà la gogna». Per non parlare del ritornello: «Berlusca sempre si autoassolverà / Berlusca sempre gli altri accuserà / Berlusca sempre la trionferà / Il frutto del processo sia l’impunità». «Come vede», osserva, «non ha cambiato opinione neanche lui». Ma com’è cambiata invece la sinistra, che nell’ottobre ’99, quando ha iniziato la sua rubrica, era al potere con Massimo D’Alema? «Oggi D’Alema è solo un notabile, uno degli ultimi bravi professionisti della politica, come potevano esserlo un tempo Amintore Fanfani o Arnaldo Forlani, ma ahimè soltanto quello. Per la gente comune, D’Alema è un politico con la P maiuscola, e come tale paga la repulsione per i politici di professione, spazzati via con la Prima Repubblica. Ha perso rispetto. Oggi che ai politici si chiede di avere una storia, D’Alema, pur essendo capace, ha un grandissimo limite: la sua vita non trascina la gente. Barack Obama è un film. Che film puoi tirare fuori da D’Alema?». Gramellini, però, si augura di tornare a un mondo di politici di professione. «Chissà, forse quando smetteremo di cercare l’uomo del destino torneranno in auge. Io lo spero. La politica è un’attività che richiede competenze tecniche, allenamento e conoscenze. Diversamente da quanto oggi si pensa, non è cosa che possano fare tutti». Ma se riconosce alla sinistra la grave colpa di «aver perso il contatto con il popolo», deplorandone «l’odioso atteggiamento di chi è convinto di possedere il verbo e che le proprie azioni siano sempre giuste», lo scrittore osserva che «non tutta la sinistra è composta da snobettini con la puzza sotto il naso. Roberto Benigni e Jovanotti, per esempio, sono persone straordinarie, molto amate dalla gente comune». In dieci anni capita anche di cambiare opinione su chi si è espresso un giudizio troppo frettoloso. Così Gramellini confessa di aver sbagliato nel giudicare male il comico Daniele Luttazzi. «Lo attaccai molto all’epoca della trasmissione tv Satyricon, pensando che facesse parte della camarilla di certi salotti radical chic della sinistra. Poi ho capito che era un anarchico, e questo me l’ha reso subito simpatico. Perché a me piacciono quelli che non stanno dentro i cori. Un’altra volta, invece, feci un’errata corrige. Fu il giorno in cui l’Italia perse la possibilità di ospitare gli europei di calcio. Avevo scritto di un’occasione sprecata, di una grossa perdita di credibilità politica. Il giorno dopo mi rilessi e pensai, ”Ma sei fuori? Ma menomale che non ce li hanno dati gli europei. Pensa solo a quanta corruzione ci sarebbe stata”. E così mi corressi». E se il Buongiorno di cui va più fiero riguarda la morte di un anziano ciclista di nome Vito Taccone (’In morte di una biglia”, 2007), quello che non avrebbe mai voluto scrivere prendeva spunto, senza nominarla, dalla vicenda di Erika e Omar, gli assassini di Novi Ligure. «In redazione venimmo a sapere che erano stati i due ragazzi, e non degli extracomunitari come inizialmente si pensava. Ma non potevamo scriverlo per ragioni di cautela giudiziaria, perché i due dovevano ancora confessare. Quella sera lessi sulle agenzie di un episodio di bullismo e dedicai la rubrica ai ragazzi violenti e senza valori. Ovviamente, scrivendo pensavo a Erika e Omar, solo che i lettori non potevano saperlo. Fu un Buongiorno molto sofferto». E mentre in libreria fioccano i volumi sulla cafonalizzazione del Paese (da ”L’Italia de noantri” di Aldo Cazzullo a ”Che la festa cominci” di Niccolò Ammaniti), Gramellini dice di non vedere un reale cambiamento negli ultimi dieci anni. «I germi erano già tutti presenti. C’erano già in embrione personaggi come Fabrizio Corona. Era l’anno del primo Grande Fratello, con Pietro Taricone, prototipo dei tronisti, e la gattamorta Marina La Rosa. Il messaggio che per diventare qualcuno bastasse apparire in un programma tv, senza possedere alcuna competenza, ha stravolto tutto. Così, quando leggi di una professoressa di trent’anni a cui viene offerto un contratto di cento euro per venti ore di lezione all’Università di Milano, non ti chiedi più come mai i giovani abbiano come idolo Belen piuttosto che Rita Levi Montalcini (che non a caso la maggiorata del GF9 pensava fosse morta, ndr)». Infine, c’è tempo per un proposito: «Con quel nome lì, Buongiorno, sono condannato a essere ottimista. In futuro vorrei smettere di scrivere di un Paese fermo in un mondo che corre, di un’Italia che soffre di torcicollo emotivo, intenta com’è a fare i conti col passato senza capire che è tempo di occuparsi del futuro, di mettere in grado i giovani di lavorare e guadagnare. Mi spaventa che l’Italia stia tornando alle corporazioni, alle professioni tramandate di padre in figlio. La mobilità sociale è figlia delle democrazia. Permettere a un operaio di fare il medico. Far correre, non necessariamente vincere, tutti. Questa è democrazia».