Sergio Romano, Corriere della sera 24/11/2009, 24 novembre 2009
«TRANSPARENCY» E L’ITALIA COME LEGGERE LA LISTA
Anche quest’anno l’organizzazione Transparency International pubblica la lista delle nazioni più trasparenti, ovvero dove c’è meno corruzione. L’anno scorso l’Italia si trovava al 55˚posto mentre quest’anno è al 63˚,cioè al penultimo posto dei paesi dell’Unione Europea. In un solo anno abbiamo perso ben otto posizioni; mi piacerebbe sapere di chi è la colpa.
Giberto Gnisci
Locri@email.it
Caro Gnisci,
Vale per queste indagini internazionali lo stesso criterio che occorre applicare alla lettura di un sondaggio. Per giudicare della sua importanza è utile conoscere le dimensioni del campione (il numero delle persone intervistate), le domande degli intervistatori e, soprattutto, tenere conto delle circostanze in cui l’indagine è stata condotta. Ogni sondaggio riflette lo stato d’animo, le passioni e le emozioni della pubblica opinione in un particolare momento. Se desse retta ai risultati di un sondaggio sulla pena capitale dopo un attentato terroristico o un efferato delitto di sangue, il Parlamento dovrebbe reintrodurre la condanna a morte seduta stante.
Transparency International è un’organizzazione non governativa fondata nel 1993 per combattere la corruzione e i suoi effetti sulla società. Definisce il suo nemico, sommariamente, come «abuso di potere fiduciario per vantaggi privati». attiva in tutto il mondo con 90 filiali («chapter ») e si vale di alcuni strumenti conoscitivi e divulgativi come il barometro della corruzione, il manuale dell’anti- corruzione, l’indice dei pagatori di tangenti. Per farsi assistere nel suo lavoro ha costituito un Comitato consultivo di cui fanno parte quattro studiosi provenienti da istituzioni accademiche americane, tre da istituzioni francesi e tre provenienti rispettivamente da istituzioni della Germania, del Regno Unito e del Sudafrica. Insomma è una istituzione che fa il suo lavoro con serietà e gode di una forte notorietà internazionale.
Ma la graduatoria pubblicata ogni anno da Transparency International non è un indice della corruzione nel mondo: è un indice della «percezione» della corruzione. Se ho ben capito il metodo di lavoro, ogni filiale indirizza un questionario ad alcune persone e istituzioni del suo Paese e raccoglie in tal modo le opinioni, impressioni e sensazioni di un settore presumibilmente qualificato della società nazionale. Toccherà all’organizzazione centrale poi dare un quoziente alle singole voci dell’indagine e predisporre la graduatoria. Ma posso dirle, caro Gnisci, quali sono i fattori che hanno provocato la caduta della Gran Bretagna dall’ottavo posto nel 2007 al sedicesimo nel 2008 e al diciassettesimo nel 2009. Le ragioni sono due: gli scandali sulle tangenti che alcune industrie britanniche avrebbero pagato per ottenere contratti d’esportazione e quello più recente sui rimborsi spese chiesti e percepiti dai membri del Parlamento britannico. Il secondo scandalo è considerato corruzione perché, secondo la definizione di Transparency, è «abuso di potere fiduciario per vantaggi privati». Mi chiedo se fra le ragioni della mediocre quotazione dell’Italia nell’Indice di Transparency non vi siano anche i peccati della Casta.